Assaggi di Safari: le tre cavie

In verità più che assaggi di Safari, sono vere e proprie digestioni o indigestioni.

Ma l’immagine era meno poetica, non trovi?

Dopo l’annuncio di settimana scorsa, ho pensato:

Chi più di loro può parlarti del mio bambino (che c’è? Per me ha un valore affettivo mica da poco)?

Chi più di loro, che sono le uniche ad averlo letto, cartaceo, con gli appunti a margine, scritti a mano?

Ma soprattutto “loro” chi?

Le tre cavie che hanno letto Safari
Le tre cavie disegnate da mia figlia Catherine

Le cavie di Safari

Parlo delle mie tre cavie umane: l’hair-stylist, la guida turistica e l’ingegnere!

Detta così, sembra proprio l’incipit di una barzelletta e invece sono proprio i mestieri delle tre persone che hanno letto Safari.

Da parte mia una sola raccomandazione, a tutte la stessa:

Te lo affido (già piangevo in stile tragedia greco-romana). Mi raccomando, non farlo leggere a nessun altro, prenditi tutto il tempo che ti serve e quando lo avrai finito, sii sincera/o, onesta/o, anche dura/o ma con gentilezza!”.

Ne avevo paura, vero??????

L’hair-stylist

Che ha detto l’hair-stylist, capelli rossi corti, occhialini colorati e yoga-addicted?

Prima ad aver avuto Safari in mano, nel lontano Agosto 2014:

Ho amato la protagonista! Mi sono identificata in lei. Ho vissuto le sue emozioni e gli stati d’animo. Ho pianto e ho sorriso. È stato un viaggio nell’anima. Lo consiglio a tutte e a tutti coloro che, come me, cercano il loro posto nel mondo”.

Ops, mi sa che ti ha svelato qualcosa di più sull’argomento (mannaggia a me che di marketing non ci capisco proprio un bel niente, sai quel “creare la suspense” che piace tanto ai pubblicitari? Ecco, io zero!).

Sai che c’è? Chissenefrega, voglio essere me stessa fino in fondo in questa avventura!

La guida turistica

Avanza la guida turistica: capello biondo lungo, abbronzatissima (e ce credo, sta sempre in giro a far vedere la città eterna agli ammerigani). Ah, dimenticavo, se la inviti a cena, ti porta delle grandi cofane di insalata e ceci… va matta per i ceci!

In mano Safari ad Ottobre 2014:

Mi ha fatto viaggiare pur non essendo mai partita. Mi ha ridato la voglia di non fermarmi per le tante paure personali ma di continuare a scoprire e a sorprendermi dei tanti luoghi, vicini e lontani, delle tante possibilità che ho di fronte a me. L’ho letto di getto, senza quasi respirare, e di solito io ci metto una vita a terminare le mie letture”.

Quest’ultima frase è stata un bell’incoraggiamento per me, me che da lettrice devo assolutamente non annoiarmi quando leggo.

Infine avevo bisogno del parere di un logico, uno con la testa matematica, uno di quelli che le cose funzionano in quel modo e solo così… e guai se tenti di fargli cambiare idea: mission impossible!

L’Ingegnere

Ma soprattutto c’era bisogno del parere di un essere definito in siciliano “masculo, quindi maschio + razionale = ingegnere”.

Consegnato Safari a Novembre 2014:

Lusingato in quanto cavia, perplesso come lettore per l’idea che fosse un romanzo per sole donne… Invece tante sorprese! Scrittura scorrevole, mai banale, ritmo coinvolgente. Storia universale, più utile del previsto per un ometto dal cuore quadrato come il mio… respiri un’aria leggera anche quando il tema è serio. Ti sembra di esserci sempre al fianco della protagonista, anzi vorresti proprio stare lì con lei per condividere la scelta coraggiosa che può trasformare la tua vita. Quando arrivi alla fine ti rimane quel sapore piacevole misto a nostalgia tipico di quando vorresti non salutare mai.”

Ed io lusingata di aver fatto ammorbidire gli angoli del cuore quadrato.

Della quarta cavia conoscete già il giudizio e io non vedo l’ora di sentire il tuo parere, i tuoi viaggi, le tue emozioni…

L’ annuncio… che emozione!

Eh, sì, finalmente lo annuncio.

Non ho mai scritto un post cancellando le parole così tante volte (un po’ come quando, da ragazzina, scrivevo le lettere a mano e riempivo il cestino di pallottole di pagine strappate).

E questo la dice lunga su quanto mi emozioni renderlo (che cosa???) non più solo mio, ma tuo.

Il che mi piace molto perché credo che le cose belle, quelle che ci emozionano di più, diventino ancora più belle solo se condivise, se si ci apre agli altri e non si rimane chiuse/i nel proprio mondo segreto, seppur fatato e brilluccicoso.

Perciò bando alle ciance (Diocom’èanticaquest’espressione!)… te la racconto esattamente come l’ho raccontata a quelle pochissime persone che ne sono a conoscenza.

A te solo una preghiera… leggi fino alla fine. Grazie!

Annuncio bozza SAFARI

Ti annuncio “Safari”

Da quando nel 2012 sono diventata mamma al contrario, ho dovuto mettere quasi del tutto da parte il mio lavoro da freelancer a favore del posto fisso del marito.

Chi si ritrova, alzi la mano!

E così, dopo aver dipinto casa, spostato mobili e agito senza sosta per colmare la mia vena creativa e le tristissime finanze, mi sono ritrovata davanti al mio Mac con una storia.

Una storia che mi ronzava in testa. Un personaggio, una donna, che parlava per me e che voleva essere ascoltata. E io l’ho ascoltata.

Una storia di cui conoscevo l’inizio e la fine ma non cosa sarebbe accaduto in mezzo.

Una storia scritta da Settembre 2013 a Luglio 2014, nove mesi esatti… e la metafora sorge spontanea.

Una storia che ho dedicato alle donne (sebbene non sia una storia solo per donne), soprattutto a quelle italiane, alle donne che hanno talento e che sono costrette a castrare questo talento per le “urgenze” familiari.

L’ho scritto con ironia perché di cose pesanti ne abbiamo abbastanza nelle nostre vite e perché credo che ci serva leggerezza per aprire gli occhi e vedere come siamo fatte veramente.

Poi ad un certo punto, sebbene non ci credessi neanch’io, è arrivata la parola FINE.

E mi sono chiesta: “E ora?”

Quello che è successo da quella domanda ad oggi ha qualcosa che non so descrivere con la razionalità.

Ho chiesto a tre cavie umane di leggerlo, diverse tra loro per sesso, lavoro, famiglia.

E cos’è accaduto?

Che le loro parole, giudizi, emozioni, alla fine della lettura, fossero identiche tra loro, identiche a quelle che provavo io stessa durante la scrittura; che abbiano riso e pianto e che, anche grazie a Safari (questo è il titolo) abbiano preso decisioni coraggiose per le loro vite.

Ecco perché, ad un certo punto, superando le mie remore emotive, ho deciso di farlo leggere ad una quarta persona (siccome sono anche un po’ masochista), giornalista e scrittrice che, invece di distruggermi come io immaginavo, anche semplicemente per una “e” senza accento, mi ha scritto con mia immensa sorpresa:

 “La verità? Mica lo sapevo che scrivevi così bene. Safari è davvero un bel cocktail di emozioni, adrenalina, riflessioni, ritmo.”

Credo di aver pianto per i successivi 20 minuti dopo aver letto la sua email.

Safari ha una magia in sé che non so spiegare con le parole ed è grazie a questo piccolo romanzo, grazie alle quattro splendide cavie che è nato il blog unadonnaalcontrario ed è per questo e per molto altro che:

Ho deciso di fare il salto nel vuoto e auto-pubblicare…

… ben consapevole della difficoltà che questo comporta: nessuna pubblicità se non il passaparola, nessun sostegno anche pratico, nessuna garanzia ma, come ho scritto nel post precedente, è il momento di rischiare, di smetterla di aspettare e, nel giorno in cui lo annuncio, dichiaro pubblicamente che:

Ho davvero bisogno di te in questa avventura!

Il libro uscirà alla fine di Novembre perché devo ancora sistemare qualcosina, visto che sono da sola ad occuparmene e non sono esattamente una cima in queste cose.

Nei prossimi post ti racconterò della protagonista, ti terrò aggiornate/i sulla pubblicazione, accennerò alla trama e soprattutto ti chiederò di scegliere insieme a me una cosetta piccola, piccola, ma tanto, tanto importante perché…

Ci tengo che tu sia parte integrante del progetto. Per il momento un semplice ma infinito… Grazie!

Rinvaso: come sopravvivere ai cambiamenti

Hai presente quando osservi la tua piantina preferita?

Proprio quella che ha resistito alla tua assoluta non-curanza…

… quella piccolina che tutti gli anni, dopo le intemperie dell’inverno, ti annuncia la primavera con dei fiori grandi e coloratissimi?

Hai presente quel momento in cui finalmente ti decidi a cambiarle vaso perché, tra un po’, le radici crepano il vasetto sfigato di plastica nero con cui l’hai comprata e in cui l’hai lasciata perché non hai mai tempo per dedicartici?

Ecco, arriva quel momento che non hai più scuse e, convinta/o del tuo pollice verde “occasionale”, vai a comprare il bel vaso nuovo, forte e resistente.

E siccome sei pro-ambiente (mannaggia a me!) hai la grandiosa idea di acquistare del terriccio biologico, dimenticando che infesterai casa e terrazzo di un odore raccapricciante e duraturo di feci animali.

Munita/o di guanti e palettina, metti l’argilla in fondo al vaso, poi un po’ di terriccio, quindi con delicatezza estrai la tua piantina dal vasetto (che però, visto che le radici ormai stanno scoppiando, devi dare ‘na botta per estrarla, altro che delicatezza bucolica!).

L’appoggi sul terriccio biologico e, ahimè per il tuo naso, la ricopri con lo stesso, fino a colmare i bordi del vaso.

A questo punto innaffi dolcemente e…

Preghi!

Sì, preghi perché il momento peggiore è adesso, è l’attesa, è vedere se la tua pianta sopravviverà o no all’operazione rinvaso maleodorante.

Ci sono quei giorni che alcune foglie ingialliscono e inevitabilmente seccano, che per te sono i giorni peggiori perché a quel punto solo i santi possono salvare la tua amata annunciatrice di primavera.

Giorni grigi, giorni che sbirci dalla finestra per vedere anche un piccolo cambiamento, giorni che speri.

E poi c’è quel giorno che li vedi… SÌ… vedi sbucare dei microscopici germogli e, poco dopo, nuovi boccioli.

Pfiuuu! Grandissimo sospiro di sollievo.

L’anno dopo la tua pianta sarà cresciuta il doppio, si ricoprirà di fiori e di nuove foglie verdissime.

Ecco! Io mi sento un po’ nella fase di rinvaso in questi ultimi mesi.

Ho superato bufere che l’odore di qualunque escremento animale è niente, preso delle decisioni non “approvate” dagli altri (e te pareva!), convinta a rischiare e a far crescere le mie radici in un vaso più grande, con la grande incognita…

Fioritura orchidea bianca rinvaso

Sopravviverò al rinvaso?

Quali saranno le conseguenze?

E se tutte le mie foglie seccheranno e non produrrò alcun fiore?

Ma soprattutto… sopravviverò?

Sai che c’è? ‘Sti grandissimi cazzi! 

Non so cosa accadrà domani, né tra un mese o tra un anno.

Non so come gestirò il cambiamento e, sì, ho paura, cavoli se ne ho!

Ma ho più paura di restare ferma, ho molta più paura di rimanere al palo, nella stessa situazione di sempre, ho più paura di sentire quella sensazione di nodo in gola e di non riuscire a respirare.

E posso piangere, posso urlare, posso non dormire ma io mi impegnerò e pregherò e, alla fine, vedrò le mie radici diventare ancora più profonde, e le mie foglie verdissime e i miei fiori di un colore che non ho mai visto prima perché so che questa è la direzione giusta e, se mi guardo bene dentro, lo so da parecchio.

Oggi il cielo tuona e mi ricorda che è Settembre, che molto probabilmente tra due giorni riscoppierà il caldo, che però è tempo di tirare fuori il golfino per le serate umidicce, che la vita si riapre al futuro e che è il momento di andarci verso questo futuro, verso questo rinvaso… senza più scuse.

Go, baby, go!

Ps. Scrissi questo post qualche anno fa e poco dopo iniziai a organizzare il Giro del Mondo. Non solo sono sopravvissuta al rinvaso ma ho realizzato un sogno che mi ha portato a scoprire nuove cose di me e a mostrarmi la strada verso la mia felicità.


Ti lascio qui di seguito alcuni articoli che ho scritto sull’argomento “cambiamento”:

Intervista ai Black Market Aftermath, rock band italiana

Quando è cominciata l’avventura di questo blog, mai e poi mai avrei immaginato di intervistare una rock band.

Io????????

Sì, proprio io che ho scoperto la musica dopo i 18 anni…

… Io che riconosco le canzoni (la musica, mica il titolo!) ma non azzecco mai il nome del cantante…

… Io che al cospetto di LUI, grande appassionato di rock e hard rock, chiedo con un tono da Alice nel paese delle meraviglie: “Come si chiama quello che canta?” e LUI mi guarda con uno stato d’animo tra il disgusto e lo sconforto.

Beh, che colpa ne ho io?

Non starò qui a raccontarvi della mia infanzia lontana da qualsiasi tipo di musica, né a spiegarvi il perché e nemmeno a dirmi – me tapina – per quel perché.

La mia non-cultura musicale l’ho costruita pian pianino, un po’ tardi rispetto all’ età anagrafica, ma perlomeno me la sono fatta da sola.

E sì, forse non mi verrà subito in mente il nome del cantante dei Pearl Jam...

… forse mi sarò innamorata prima del fisico di Ben Harper che della sua musica (e adesso ditemi che non è un figo da paura)

… forse sarà banale che la mia canzone preferita in assoluto è Halleluja di Jeff Buckley (seeeee, lo so che non l’ha scritta lui – ammazza quanto siete precisi – ma la sua versione mi fa venire la pelle d’oca ogni volta che la ascolto).

Ma eccomi qui con tutti i limiti del caso, pronta a parlarvi di una nuova rock band che merita di essere scoperta un po’ meglio e supportata alla grande.

Allora conosciamoli. Loro sono i Black Market Aftermath.

Francesco dei Black Market Aftermarth
Francesco D Andrea

Intervista ai Black Market Aftermath

N: Ciao Francesco, ciao Walter! La prima domanda che vi faccio è un po’ alla Marzullo (Don’t kill me!): “per capire, per capirsi e forse anche per capirci”, ci raccontate qualcosa di voi?

F: Ciao! Sono Francesco, nato a Napoli. Dopo un paio di tentativi universitari ho mollato gli studi “normali” e mi sono fiondato a Roma per studiare musica a tempo pieno. Lì ho fatto le prime esperienze da compositore di colonne sonore e ho avuto anche la prima band “semi-seria” con Walter, i Jeremy’s Garden. Dopo essermi trasferito a Lille, a nord della Francia, è nata l’idea di collaborare a distanza con Walter, e di incidere una serie di pezzi che sono poi diventati Come Naked.

W: Ciao, sono Walter, sono un’architetto, vivo a Roma e… canto praticamente da quando ho 5 anni. Ero nel coro delle elementari, poi quello della chiesa… poi dall’adolescenza ho cominciato ad avere i primi gruppi… tanti, dei generi più disparati, dall’heavy metal, al soul, al rock italiano, al grunge, al folk, acustico. Qualche anno fa ho conosciuto Francesco. Siamo rimasti sempre in contatto,  anche quando lui si è trasferito a Lille. La prima collaborazione con pezzi nostri fu la colonna sonora del film Spaghetti Story, poi piano piano è nata l’idea di Black Market Aftermarth e dell’album, una fatica di un paio d’anni ed eccoci qua con Come Naked!!

N: Ho letto sul vostro sito due ringraziamenti speciali, a Jimi Hendrix e a Charles Bukowski. Se la motivazione del primo è facilmente intuibile ascoltando il vostro sound, ci dite perché Bukowski (autore molto caro a questo blog)?

F:  Magari avessimo il sound di Jimi Hendrix! Lui è “la” fonte di ispirazione di ogni chitarrista rock che si rispetti, perché incarna allo stesso tempo tradizione blues e innovazione del suono. Io come chitarrista mi limito a ascoltare gli artisti che mi emozionano, e poi mi lascio influenzare. La musica è un procedimento a catena, nessuno crea qualcosa di completamente nuovo, nessuno crea da zero. Nel mio caso, cerco di rubare alcune idee nei suoni e nel suo modo viscerale di suonare, ma non mi paragonerei assolutamente alla sua statura di chitarrista.

Mentre Bukowski, lui è il mio Hendrix della letteratura. Una scrittura ridotta all’osso, ma esuberante, ritmica, un pugno dopo l’altro. Bukowski era triste, ma faceva ridere. Il rock è uno sfogo fisico che ha energia, ma può nascere da uno stato di ansia, rabbia o depressione. Sulla tomba di Bukowski c’è scritto “Don’t try”. Sua moglie in un’intervista spiegò che il significato di quella scritta non è affatto “non provarci”, è piuttosto “Fallo e basta”, perché “provarci” soltanto non è abbastanza. Vai fino in fondo o lascia perdere. Questo approccio “aggressivo” è fondamentale nel mondo della musica se vuoi far arrivare la tua musica a parecchia gente. Bukowski è sempre lì accanto a dirmi “dacci dentro e non pensarci troppo, vai avanti e crea”. Come Naked è l’inizio del mio “fare”.

N: Questa domanda devo proprio farvela. Considerando la situazione degli “artisti” nel nostro paese… ma chi ve lo fa fare?

Walter dei Black Market Aftermarth
Walter Marini

W:  La musica. Fare musica, scrivere pezzi o cantarli, è il momento di “peace of mind” in cui svuoto la mente da tutto e faccio qualcosa che mi fa stare bene, come una dose di morfina. Poi quel che sarà, sarà…

F:  La situazione della musica in Italia… in realtà la situazione della musica del 90% del pianeta Terra è la stessa! Sei sempre un musicista in mezzo ad un milione di altri musicisti, molti dei quali più bravi di te, molti dei quali più agguerriti di te, molti dei quali danno via l’onore per una fama momentanea, in cambio di un paio di hit estive e una discografia dimenticabile. Per fortuna internet dà la possibilità a tutti di esprimersi e di avere una piccola fetta di pubblico, e su internet si trovano molti artisti non dimenticabili. Il successo è un di più che cerco perché vuol dire poter avere un pubblico più grande e più onesto. I commenti di amici e parenti sono sempre belli e incoraggianti, ma la musica è fatta per smuovere le masse, farle ballare, piangere, emozionare. Se non facessi musica di mestiere la farei comunque nel tempo libero, per cui sono d’accordo anche con Walter: faccio musica innanzitutto perché ne sento il bisogno.

N: Immagino che abbiate visto il video dei 1000 di Cesena. Mi ha emozionato vedere tutti quei musicisti, soprattutto le 200 batterie, suonare all’unisono. Sembrava un’orchestra ma diversa da come siamo abituate/i a vederle. Da musicisti e fans di grandi rock band mi dite qual è la vostra impressione, se e cosa vi ha suscitato?

F: Per me è l’ennesima testimonianza del potere della musica sulla gente. E di quanto la gente abbia bisogno della musica. È rassicurante per un musicista vedere che così tante persone sono sensibili al buon rock al punto da dimostrarlo in maniera così eclatante. L’evento di Cesena mi dà quindi ancora più voglia di suonare, scrivere musica, e speriamo di fare a breve un bel mini-tour di partenza! Questo dipenderà dalla gente che vuole vederci. Speriamo ci sia e sia numerosa!

N: Ci raccontate un progetto futuro dei Black Market Aftermath?

F: Il piano è lungo e doloroso, ma stimolante: abbiamo appena finito l’album, è stato un lavoro lungo e massacrante. Adesso c’è poco tempo per riposarsi, bisogna cominciare la promozione dell’album, e sperare che si sparga la voce su internet. Da lì, se va bene, pensiamo di fare una campagna su Kickstarter o simili, per raccogliere i soldi sufficienti a fare un primo tour. Nel frattempo dobbiamo espanderci da 2 a 5 musicisti, e anche lì, non sarà un traguardo immediato… Tra poco cominceremo a pensare a un video, ma allo stesso tempo c’è da scrivere ai blog, alle radio, ai giornali….e il tutto senza un soldo per la rassegna stampa o routine del genere…. speriamo bene!

Che ne dite? Supportiamo i Black Market Aftermath? Daje!