Leggerezza… questa sconosciuta

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Me ne hanno dette di ogni su come fossi fatta.

C’è stata la fase del «Mado’, quanto sei pessimista! E ti senti brutta, grassa, tutto va male, il ragazzino che ami non ti si fila per niente».

Che poi voglio vedere chiunque a essere ottimista durante l’adolescenza, con quel corpo che tutt’a un tratto diventa deforme, ti scoppiano le tette, il culo si gonfia, e soprattutto gli ormoni vanno a ballare maracaibo con le sinapsi del cervello.

Mettici anche che io quel periodo l’ho condito con il sound dei Nirvana e direi che non poteva essere altrimenti.

Poi c’è stata la fase del “realismo”, del «Ma dai, credici un po’ di più», fase in cui tutti diventano esperti di vita, lungimiranti e propensi a consigli profondi… ma poi a guardarli bene non è che siano andati così lontano.

Infine c’è la fase del «Sei diventata come Alice nel paese delle meraviglie. Per te son tutti belli e bravi. Ma non è così, non ti puoi fidare di nessuno, ti devi proteggere. Sta’ attenta».

Insomma nel giro di 39 anni son passata dall’essere una pessimista grunge a un’ottimista sopra le nuvole. Strano volo pindarico.

La leggerezza secondo Unadonnaalcontrario

Cosa vuol dire vivere la vita con leggerezza?

Eppure io mi sento sempre io.

Non mi sentivo pessimista negli anni ’90, né mi sento un’ebete ottimista oggi.

Vivevo semplicemente quella fase della vita come oggi vivo questa.

Qualcosa di certo è cambiato, non ho 16 anni, né 25, e non è solo una questione di età biologica.

Oggi ho deciso di sposare la leggerezza, nel senso in cui il mio amato Calvino la considerava (“Sono stato portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto”), nel senso di prendere una distanza che mi permetta di rivedere le cose “pesanti” da un’altra prospettiva.

Qualche volta ai funerali mi capita di sorridere insieme ad un gruppo di amiche e di essere guardata male.

Perché ai funerali bisogna “essere tristi”, bisogna “avere rispetto”, bisogna mantenere quell’atteggiamento “greve e arcigno” che ci si aspetta.

Ma io sorrido pensando alle cose divertenti fatte con il “defunto”, a quanto fosse “leggero” in alcune situazioni. Mi piace ricordarmi la bellezza di quell’essere umano anziché focalizzarmi sul fatto che non c’è più.

Quei momenti di certo non mancheranno, quando sarò sola a casa e mi scenderanno le lacrime perché mi mancherà da morire, perché è stato doloroso vederlo/a andare via, via da me, perché mi strapperei le dita pur di passare un altro giorno con lui/lei.

Ma poi mi ricordo la sua faccia buffa, gli sguardi d’intesa, il tempo passato a farci il solletico e sento il sapore salato delle lacrime sulla mia bocca che si è aperta in un sorriso.

Il bisogno di stare male

Ho notato che alcune persone hanno “bisogno” di stare male, che quasi la felicità “non sta bene”.

Conosco una donna da 15 anni (ma non rivelerò mai chi è neanche sotto tortura) e ogni volta che le chiedo «Come stai?», non ha mai, e dico mai, detto «Bene».

Forse lo fa per scaramanzia (ma scaramanzia de che?), sta di fatto che ogni volta mi mordo la lingua alla lista dei suoi acciacchi di turno perché vorrei non chiederglielo più.

Mannaggia all’educazione!

Ma conosco anche tante persone che di acciacchi ne hanno parecchi, e pure gravi e, al contrario, non li ho mai sentiti rispondere a quella domanda «Male!».

E lo so che dentro di sé magari stanno male davvero ma la scelta che fanno tutte le volte di leggerezza per me è uno di quegli insegnamento di vita che non dimentichi facilmente.

Come trovare la leggerezza?

Il famoso bicchiere mezzo pieno?

No, l’idea è di vedere il bicchiere tutto pieno!

Di vedere possibilità dove la realtà non le mostra, di librarsi (ecco la leggerezza) per vedere l’ostacolo dall’alto e quindi non più insormontabile.

L’idea è di affrontare tutto della vita senza il fardello del “sacrificio”, “penitenza”, “colpa” che ci hanno inculcato fin da piccoli, di mollare gli ormeggi della pesantezza e farsi una traversata atlantica spinte/i soltanto dal vento della leggerezza.

Chi viene con me?

Canzone delle donne al contrario

Non commento quasi mai i fatti di cronaca, né lo farò oggi.

Mi pare che si dica sempre fin troppo.

Quello che so è che quando accadono le tragedie, noi esseri umani tendiamo a sentirci impotenti.

E questa è una gran bella ca**ata, perché noi esseri umani siamo estremamente potenti. Solo che qualche volta non lo sappiamo e forse qualche volta ci conviene pure non ammetterlo.

Certo, io non posso controllare l’industria delle armi, non posso salvare i bambini siriani dai bombardamenti, né prevedere le azioni oscurate di alcune persone.

Ma posso puntare sul lato bello degli esseri umani, perché noi ce l’abbiamo, e non solo io o tu che stai leggendo, proprio tutti, anche quelli che forse lo hanno dimenticato.

Punto tutto sulla luce

Qualche giorno fa sulla mia pagina Facebook ho lanciato il gioco della felicità, un piccolo giochino per tirare fuori le cose piccole o grandi che ci rendono felici, come nella canzone “Ecco le cose che piacciono a me“, tratta dal film “Tutti insieme appassionatamente“.

Ed è stato interessante vedere come all’inizio tutte/i eravamo un po’ titubanti, poi abbiamo tirato fuori le cose importanti, gli affetti in particolar modo, e pian, piano siamo riuscite/i a esprimere anche le piccole cose.

Mi sono divertita a fare una versione di quella canzone utilizzando i commenti ricevuti ed ecco cosa è venuto fuori.

Metti in sottofondo la base della canzone, la trovi ovunque sul web, e cantala con le tue cose.

Questa è la nostra canzone

L’arcobaleno dopo la pioggia,

il sapore dell’infuso della mia mamma,

le foglie rosse sul vialetto di casa,

ecco le cose che piacciono a me!

Panna montata e caffè fumante,

profumo di pane appena sfornato,

quando mio figlio mi abbraccia sul letto,

ecco le cose che piacciono a me!

Tramonti romani tinti di rosa,

gli orecchini ricevuti a sorpresa,

un bel rossetto rosso bordeaux

ecco le cose che piacciono a me!

Se son triste, infelice e non so il perché

Io penso alle cose che amo di più

e torna il seren per me!

Ballare la Hula con le mie figlie,

camminare svelta ascoltando le note,

il teporino delle coperte d’inverno

ecco le cose che piacciono a me!

Entrare in una casa di vecchi amici,

la prima passeggiata col mio neonato,

la doccia calda quando son triste

ecco le cose che piacciono a me!

Se son triste, infelice e non so il perché

Io penso alle cose che amo di più

e torna il seren per me!


Non dimentichiamolo mai: noi siamo potenti!

Dal momento che la guerra comincia nel cuore degli esseri umani, è nel cuore degli esseri umani che bisogna costruire la pace“. D. Ikeda.

Pronti, partenza, via… è uscito Safari!

Ed eccomi qui finalmente ad annunciarlo: è uscito Safari.

Sono emozionata.

Eccitata e terrorizzata allo stesso tempo.

È uscito Safari

L’ho scritto troppo in grande? È che non ci credo. E invece è così, è tutto vero!

Come una mamma che tiene per mano il suo bambino fino a quando non è pronto a camminare da solo, l’ho protetto, cullato, mostrato a pochissime persone.

L’ho curato e nutrito e adesso è pronto.

Pronto per camminare, correre, saltare, per trovare nuove amiche e amici, per iniziare la sua vita indipendentemente da me.

Pronto per arrivare nelle tue mani, per essere vissuto, sottolineato, regalato.

È uscito Safari

Pronto per assaporare le tue emozioni

Non sarebbe arrivato fino a qui senza di te, senza il tuo incitamento, il tuo incoraggiamento, le email inaspettate.

Per questo ci tengo a dirlo e a ribadirlo: Safari è un progetto nostro, non solo mio.

E non vedo l’ora di leggere i tuoi tweet, i commenti, di ricevere le tue foto con il mio libro tra le mani.

Non vedo l’ora di farti viaggiare insieme a Lisa, la protagonista.

Non vedo l’ora di vedere Safari stesso viaggiare in giro per l’Italia e per il mondo, magari nella tua borsa, sulla metropolitana prima di entrare in ufficio, a fianco alla tua scrivania, sul comodino accanto al letto, su un plaid in un parco prima di un picnic o, visto che tra poco ci siamo, sotto gli alberi di Natale.

Se come me, ami i libri in “carne e ossa”, hai bisogno di toccare, annusare la carta appena stampata e di annotare gli appunti, Safari è disponibile in versione cartacea.

Se invece sei più tecnologica/o, Safari è disponibile anche in formato ebook.

A te la scelta!

Condivisione

Ho scritto, corretto, editato, formattato, pubblicato da sola, senza il sostegno economico o pratico di nessun altro e senza avere quasi nessuna conoscenza iniziale di alcuna di queste cose.

Ho dovuto studiare e lavorare sodo ma alla fine ci sono riuscita.

Questo vuol dire non che io sia brava ma che ognuno di noi può realizzare i suoi desideri.

Sì, è una gran fatica ma la passione è una motivazione più grande.

La svolta vera però l’ho avuta quando ho sentito il sostegno e l’appoggio incondizionato dell’ambiente intorno a me.

Senza condividere con gli altri, le nostre passioni non risplendono. Tu sei la mia condivisione e spero che mi aiuterai a condividere ancora il mio messaggio con altre persone. Grazie!

Chiudo con le parole che mi ha scritto ieri in un’email la mia meravigliosa traduttrice (ebbene sì, Safari uscirà presto anche in inglese. Yeah!):

Have been translating all the afternoon.  I can’t seem to stop translating, it’s such fun here in Japan now and Africa was extraordinary. Well done Noemi! P.”

Sono rimasta a tradurre tutto il pomeriggio. Non riesco a smettere di tradurre, è così divertente qui in Giappone adesso e l’Africa era straordinaria. Ben fatto Noemi! P.”

Buona lettura e… attendo trepidante… te!

Costumista, buddista e ti piace anche la motoGP

Questa frase il cui nesso ancora oggi mi è oscuro, mi fu rivolta da un esemplare di sesso maschile qualche tempo fa (lo si deduce dall’uso del termine “ragazza”).

Sono sempre stata un’amante dello sport.

Nella mia cameretta da adolescente taciturna regnava il poster di Marco Van Basten, non quello di un cantante rock. Avrei voluto dipingere persino i muri a righe rosso/nere ma mia madre decise che non si addiceva alla sua casa e non se ne fece più nulla.

Ormai da molti anni non m’interesso più di calcio: troppo marciume, soldi e non nego che anche le acconciature indefinibili dei calciatori hanno pesato sul mio disamore per lo sport nazionale.

Di certo sono una di quelle che sta incollata alla tv dal primo giorno di olimpiadi all’ultimo, guardando ogni sport, anche quelli sconosciuti, e tifando come una forsennata.

MotoGP

La MotoGp è un capitolo a parte

Avvertenze!

Per i maschi: Questo non è un blog di sport né di motociclismo quindi non vi attaccate ai tecnicismi che non troverete!

Per le donne: superate il momento scacciafiga e vedrete dove voglio arrivare!

La motoGP mi è sempre piaciuta, è uno sport verace, dove non se le mandano a dire ma lo fanno sempre in sella.

Non mi risulta noiosa come la F1 (per me naturalmente), godo del suono dello scarico della marmitta, adoro le cronache di Guido Meda, resto in piedi sul divano dall’inizio alla fine delle gare, ma soprattutto sono da sempre una fan di Valentino Rossi.

Tu dirai: “Ti piace vincere facile!“.

E io ti dico, di campioni il mondo è pieno, la MotoGP pure, ma di Valentino ce n’è solo 1.

E non è soltanto per le staccate da maestro, per i duelli adrenalinici con i suoi più grandi rivali (uno tra tutti Laguna Seca con Stoner).

Non è per gli show divertenti dopo ogni vittoria (malamente imitati da qualcun altro… ma dai!), non perché è italiano e non soltanto perché ha la faccia simpatica.

Sono rimasta fedele a Valentino anche negli anni bui, quando tutti dicevano che “era finito”, che sarebbe stato meglio che si fosse ritirato prima, che ormai era “troppo vecchio” per competere con le nuove generazioni.

Io invece tifavo per lui

Soffrivo con lui quando vedevo che non ce n’era, con quella moto non c’era feeling, non ci riusciva a parlare come fa ogni volta con la sua fedele M1.

Con lei, sì, era un’altra musica. E lui se l’è ripresa e hanno ricominciato a suonarla quella musica. E che musica!

Nessuno ci credeva.

Io sì.

Ci ha fatto divertire di nuovo, li ha superati quei “pischelli”, li ha battuti ed era primo in campionato, fino all’ultima gara.

Ora non dirò quello che penso perché se n’è parlato pure troppo ed è evidente a tutti.

La sportività che tanto amavo della MotoGp nelle ultime settimane è andata a farsi benedire e ha rovinato un campionato, ma soprattutto un sentimento.

È bella la bagarre, anche quella dura, quella con le sportellate, ma che sia onesta.

Valentino poteva anche perdere ma lottando ad armi pari.

E sì, Valentino ha sbagliato, è caduto nel tranello, ma forse questo me lo rende ancora più vicino perché è umano e perché a te, maschietto con lo scooter, ti capita ogni giorno di mandare a cagare quello che ti taglia la strada.

Valentino ha ceduto e si è giocato il mondiale.

Un simbolo a cui voglio bene

Non sto dicendo tutto questo per idolatrare Rossi. La mia vita non dipende da lui, stanotte dormirò comunque e non è lui che mi paga da mangiare.

Ma a Valentino continuerò a voler bene perché per me è un simbolo.

Perché anche a noi, gente comune, capita di sentirci dire che “ai sogni ad un certo punto bisogna rinunciare”, che ci si deve “mettere da parte per i figli”, che “quel che è fatto, è fatto” e ti devi accontentare.

E invece a oltre 40 anni suonati (siamo quasi coetanei, sarà anche per questo), Valentino Rossi mi ha insegnato che si può tenere fede ai propri sogni anche quando non si è più giovanissimi, perché se lavori sodo, con le risorse che la vita ti dà adesso, magari meno forza fisica ma più esperienza, se si è tenaci e si va fino in fondo, rimani il campione che nessuno potrà eguagliare e per quanto i tuoi avversari rosichino, le telecamere saranno sempre per te.

Per questo e per tutto il resto #iostoconvale!

Autosabotaggio: istruzioni per l’uso

Se ti boicotti

Qui casca l’asino” diceva un vecchio proverbio.

La pubblicazione di Safari, il mio libro, era agli sgoccioli.

E pensare che lo definivo “La Cosa”.

Poterlo considerare un “libro” o un “romanzo” era troppo per me.

Ma adesso era pronto, pronto ad andare nelle mani di tutti coloro che volevano leggerlo e ovviamente…

Autosabotaggio: si salvi chi può!

Ovviamente emersero gli ostacoli… e non parlo soltanto di quelli pratici.

  • La mia totale ignoranza informatica che, quando tento la formattazione per l’ebook, il mio cervello emette segnali di fumo “Alert! Alert!”.
  • L’impaginazione corretta che non era affatto perfetta.
  • La nausea della trentesima rilettura che tra un po’ neanche la diarrea del viaggiatore.

Sto parlando di autosabotaggio o auto-boicottaggio e, non so perché, sento già dall’altra parte dello schermo un “I know, I know“.

autosabotaggio

Cosa vuol dire autosabotaggio?

Hai presente quella volta che:

…finalmente hai deciso che sì, con quella persona condividerai la tua vita e, proprio in quell’esatto istante, piomba dal passato sepolto la telefonata dell’ex?

Quella volta che…

… stai per dare la tesi e, senza preavviso, ti cambiano la commissione e in quella commissione c’è il professore che ti ha dichiarato guerra l’anno prima?

Quella volta che…

… organizzi il weekend a Barcellona con quel poco che ti rimane in banca, senza acquistare l’assicurazione perché non ci arrivi con i soldi, e una settimana prima di partire il tuo compagno si rompe il legamento?

Ecco! Si tratta proprio di autosabotaggio.

E, guarda caso, questo succede ogni qualvolta stiamo arrivando a un risultato tanto agognato e per il quale abbiamo davvero sudato.

Sì, succede.

Cosa succede quando ti autosaboti?

Succede che la persona che ami ti ferisce e ti fa sentire debole proprio quando dovresti essere più forte.

Succede che ti tocca stare dietro a quella vecchia e fastidiosa faccenda di lavoro, proprio adesso che dovresti porre tutte le tue energie per “formattare il libro (vedi sopra)”.

Succede che i pensieri più funesti ti invadono la mente “Ma chi vuoi che se lo legga ‘sto libro”, “Venderai 10 copie se è tanto”, “Ma chi ti credi di essere?”.

E qui… qui decidi se considerarla solamente sfiga (so che in molti l’avrebbero pensato) o se andare oltre, se superare il ponte della paura, se varcare la soglia del futuro sconosciuto.

Cosa ho fatto per uscire dall’autosabotaggio?

A quel tempo non sapevo come sarebbe andato Safari, né l’avventura che mi avrebbe fatto vivere ma ho sempre saputo che, quando sono andata fino in fondo, la vita mi ha stupito in meglio.

Perché quella telefonata l’ho chiusa e ho sposato l’uomo con cui condividere la vita.

Perché quella tesi l’ho sostenuta e ho preso il massimo dei voti.

Perché il viaggio a Barcellona lo abbiamo fatto pochi mesi dopo ed è stato uno dei più belli che ricordi.

E perché le persone che ho incontrato, fisiche e virtuali, le situazioni che ho vissuto, l’affetto che ho ricevuto, il valore che ho scoperto da quando ho iniziato il viaggio con Safari, mi chiedono di godermelo questo viaggio ché non è ancora finito.


E tu? Hai mai affrontato un autosabotaggio e come sei andata/o oltre?

Nel mio percorso di Crescita Personale, Da Crisalide a Farfalla, lavoriamo anche sull’autosabotaggio e su come superarlo per creare una vita in cui tu sei il re/la regina, a pieni poteri.


*articolo aggiornato l’8/11/2022