La fiaba di Pinocchio spiegata al contrario

Oggi voglio raccontarti di come una storia che conosciamo tutti, vista con occhi diversi, può cambiarci certe prospettive e nascondere insegnamenti utilissimi per chi, come molte/i di noi, vuole approfondire alcuni aspetti della vita.

Sto parlando di Pinocchio, la fiaba italiana più conosciuta al mondo, scritta da un uomo che non amava gli adulti e che credeva, come del resto credo anch’io, che siano i bambini, i ragazzini i migliori depositari del vero sapere.

Il personaggio in questione è il Signor Collodi che, si dice, sia stato membro della Massoneria e, qualcuno bisbiglia (ma non dirlo a nessuno fuori da questo blog), fine conoscitore della Cabala o Kabbalah.

pinocchio
Pinocchio visto dagli occhi di mia figlia

Igor Sibaldi e Pinocchio

Si dice, e lo dice un altro personaggio molto interessante, ma anche questo resti tra noi, strana gente al contrario, tale Igor Sibaldi (di cui ti invito a leggere i libri e ad assistere alle conferenze), che ci siano delle analogie tra la storia di Pinocchio e quella di, pensa un po’… Gesù.

Se per caso credi che sia troppo per te, che tutto questo sia frutto di una mente malata ed eretica, ti consiglio di cambiare canale, ehm, sito, che il web è ricco di tante altre belle cosette.

Sei rimasta/o qui? Allora andiamo avanti…

Sibaldi parla della storia di Pinocchio come del racconto di una iniziazione.

La storia di un pezzo di legno che, attraversando ostacoli, incontri positivi e negativi (anche questi dipendono dai punti di vista), si incarnerà in un ragazzo.

La storia non finisce con una fine vera e propria ma continuerà nella vita dei lettori e delle lettrici… sempre che lo capiscano.

Ora non scriverò i dettagli delle analogie tra Pinocchio e Gesù (il padre di Gesù si chiama Giuseppe, il padre di Pinocchio G-ius-eppetto; fanno entrambi i falegnami; Pinocchio era un pezzo di legno, Gesù muore su un pezzo di legno, etc.), ma scriverò di come Collodi ribalta un punto di vista che noi, occidentali di cultura cristiana, abbiamo incancrenito nelle nostre vite.

Un Gesù felice

Tutte le volte che entro in una chiesa e vedo le immagini che raffigurano Gesù, sono immagini di lui in croce, lui che soffre, lui magrissimo, lui che si sacrifica.

Devi sapere che, sebbene io non sia cattolica, credo che Gesù sia stato uno dei personaggi migliori che abbiano varcato questo mondo.

Avanti anni luce rispetto agli uomini che c’erano non solo ai suoi tempi ma anche oggi.

E delle sue gesta, io mi ricordo solo momenti felici, sorridenti, perché lui, nonostante Giuda, Pilato e compagnia bella, era un uomo sereno e sorridente.

Questo mi piacerebbe vedere nelle chiese!

Mi piacerebbe che le chiese fossero piene di quadri dai colori allegri, che raffigurino Gesù mentre parla con la gente, mentre salva l’adultera dalla lapidazione, mentre “moltiplica” i pani e i pesci, mentre dice: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (quando Mangiafuoco chiede a Pinocchio se suo padre è ricco, il burattino risponde: “No”, e Mangiafuoco replica: “Bene”. L’iniziazione, il rinascere, perdere le certezze è gratis, non servono i soldi per queste cose).

Gesù muore e questa morte, che lo ammettiamo o no, è un messaggio inconscio che se tu sei il migliore, non lavori (perché Gesù non lavorava), ti occupi della felicità degli altri, ispiri e risvegli la gente, fai quello che sai fare meglio, offri le tue qualità migliori al mondo, insomma sei il più figo della terra, beh, se fai così, soffri, sei crocifisso, ti devi sacrificare, muori.

E giù con i sensi di colpa, con l’accontentarsi che è meglio, con il rimanere chiuso nella propria casetta, con i pregiudizi verso gli stranieri, ma soprattutto verso se stessi.

La vita di Pinocchio comincia quando muore

Pinocchio invece muore come legno e rinasce come essere umano*.

Lì comincia la sua vita, guarda quel pezzo di legno e dice: “Che buffo”.

Esattamente come diremmo noi se guardassimo il nostro io pieno di pregiudizi, di false illusioni, di credenze popolari. Se ci guardassimo per quello che siamo veramente, se fossimo dei Gesù, se, come dice Sibaldi, fossimo noi Cenerentole (dove le sorellastre rappresentano i sensi di colpa), dei prìncipi non sapremmo che farcene perché: “I principi li stendereste tutti”.

Ora io sono la prima ad ammettere che abbandonare tutte le credenze con cui siamo cresciute/i è difficile, che fare questo percorso con tutte le incombenze quotidiane sembra impossibile.

Ma sono altrettanto convinta che non siamo su questa terra per fare cose possibili.

Siamo su questa terra per ribaltare questo modo di pensare, per manifestare un potere che è il potere stesso dell’universo, quello della vita che crea e non distrugge (semmai trasforma), per andare oltre questi limiti che ci hanno inculcato nella testa ed essere noi per prime/i divine/i.

Non sarà facile? Pazienza!

Nella vita si fanno scelte di continuo e rispetto la scelta di rimanere nella propria situazione ma ad un’unica condizione: non lamentarti.

Perché io accetto la lamentela solo di chi vuole andare oltre, di chi fino all’ultimo respiro, lotta per essere felice, per affermare se stesso, per i valori in cui crede, di chi sa che al di là di tutto questo, c’è dell’altro e le vuole trovare.

Che poi chi fa così non si lamenta per niente.


*A chi obietterà sul fatto che anche Gesù risorge, dico, sì, Gesù risorge per salire poi nel regno dei cieli. Pinocchio rinasce come ragazzino per vivere la pienezza della sua vita in questa terra. E per me fa una bella differenza.

4 risposte a “La fiaba di Pinocchio spiegata al contrario”

  1. Stesa. Avrei tante, talmente tante cose da dire, che sono temi che io stessa non affronto di petto nel blog perché ho troppa energia a riguardo, e così frammento in piccole puntate parziali, minuscoli scorci. Quante, quante cose! Sibaldi lo conosco per fama ma sto seguendo tanti altri “maestri” (se conosci bene l’inglese ti straconsiglio Teal Swan: è la mia luce in questo periodo). Sul cristianesimo a ben vedere punti di luce su questa vita ci sono: Gesù fa miracoli per ridare per esempio la vista al cieco, non lo fa morire perché il bello è tutto nel Paradiso, lo salva qui. La parabola dei talenti insegna a sfruttarli e non sotterrarli. Quindi dovrebbe venire da sé che siamo al mondo per essere grandi QUI: al diavolo la modestia, piccolo non servi a nessuno. Ma per ragioni forse di governabilità e in parte di fraintendimento, abbiamo costruito una religione in cui devi entrare in chiesa e batterti il petto: mea culpa! Quando invece se fai qualcosa di buono e usi i famosi talenti ringrazi Dio. Insomma se fai bene è merito suo, se fai male è colpa tua. Io sogno il giorno in cui entreremo in chiesa felici e grideremo: “Ho sbagliato qualcosa, ma, c****!, guarda anche che meraviglie ho fatto. E le ho fatte grazie ai talenti che mi hai dato, e grazie a me stesso, perché poi sono io che li ho investiti! Grazie a te, Dio. E grazie a ME!” E con questo vado a fare share del tuo post. Perché servono parole che svegliano. Grazie Noemi.

    1. Grazie a te perchè sposo in pieno la tua riflessione, soprattutto le parole su Gesù che mi è tanto simpatico e, purtroppo, spesso descritto solo nell’aspetto del sacrificio.

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