Rita Cioce: una letterata alla riscossa

Sono sempre stata convinta che sia il cambiamento delle persone comuni a determinare le vere rivoluzioni.

Mi trovo in questo d’accordo con il saggio Gandalf: “Saruman ritiene che soltanto un grande potere riesca a tenere il male sotto scacco. Ma non è ciò che ho scoperto io. Ho scoperto che sono le piccole cose… le azioni quotidiane della gente comune che tengono a bada l’oscurità. Semplici atti di gentilezza e amore.” (da “Lo Hobbit – un viaggio inaspettato”). 

E oggi, nel giorno della festa della donna, il mio riflettore è puntato su una donna, per l’appunto, Rita Cioce.

Lunghi capelli neri, sguardo fiero. Una di quelle persone che, quando le incontri, lo capisci subito che ha una storia interessante alle spalle.

Una di quelle persone che, ad un certo punto della sua vita, ha deciso di ingranare la marcia del cambiamento, lasciando un lavoro “sicuro” in un’università prestigiosa, traslocando da una casa in città che le stava stretta, e puntando tutto sulla sua felicità.

Perciò siediti comoda/o e lasciati ispirare dall’intervista a questa donna meravigliosa: Rita Cioce.

Rita Cioce ritratto
Rita Cioce

Rita Cioce

 N.  Ciao, Rita e grazie per questa occasione. Come scrivevo prima, la mia attenzione va innanzitutto alla persona. Ecco perché ti chiedo: chi è Rita?

R. Una persona in cammino che cerca Dio e che detesta gli organigrammi aziendali. Una donna che aveva un sogno e lo ha realizzato, che ha scommesso su se stessa e ha vinto!

N.  C’è stato un evento nella tua vita che ti ha fatto dire: “No, adesso basta! Adesso cambio”? 

R. C’è una frase nel film “L’attimo fuggente” a me molto cara: “È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.”
Ed è quello che ho fatto, il risultato è stato sorprendente: tutto quello che avevo inseguito e che pensavo di volere con tutte le mie forze d’un tratto è diventato “fuffa”!

Ecco come è andata: estate 2014, e non avevo mai sentito parlare così tanto di felicità come in quell’ultimo anno. Mi chiedevo: sono solo più sensibile all’argomento o qualcosa sta davvero cambiando? La gente che prima correva, adesso si fermava a pensare? Finalmente stavano mettendo in discussione i vecchi sistemi ai quali ci eravamo abituati tutti. A tanta gente lavorare otto ore al giorno non sembrava più tanto normale e il dubbio iniziava ad invadere anche le bacheche virtuali. Di ritorno da una domenica passata al mare con le mie amiche, Didi e Marianna, quest’ultima mi sorprese con una domanda: “ragazze abbiamo sbagliato qualcosa, ci siamo organizzate male, cosa abbiamo sbagliato?” 

La questione era nata spontanea al pensiero del lunedì lavorativo che ci attendeva. Quel malumore ci accompagnava ogni volta che la domenica volgeva al termine. Il motivo sempre lo stesso: il lavoro o meglio tutto il tempo della nostra vita usato per lavorare. Possibile che non ci fosse un modo per sostenersi economicamente senza ingabbiarsi otto ore al giorno? La riflessione a voce alta di Marianna restò sospesa nell’abitacolo del veicolo, ma continuò a ronzarmi in testa senza mai uscirne. Quello era un interrogativo potente a cui sentivo di dover dare una risposta. Il dubbio che la società si fosse organizzata male diventava ogni giorno di più una certezza. Preso atto di questo urgeva una risposta. Ma chi ce l’aveva? Navigando in rete scoprii di non essere sola, migliaia di persone si facevano quella domanda. Un punto interrogativo enorme che metteva in discussione tutto quello su cui avevo costruito la mia vita. Alla fine tutti lavoriamo per poter pagare i conti e concederci magari qualche agio. Ogni volta che strafacevo negli acquisti mi giustificavo dicendo a me stessa e agli altri: “lavoro come una pazza me lo merito uno sfizio ogni tanto”. Ma nella mia testa quel ragionamento non funzionava più, non tacitava i mille dubbi che avevo. Si era spontaneamente invertito: volevo lavorare ma solo per procurarmi il necessario per vivere. Svegliarmi e poter bere il mio caffè con tutta calma, e concedermi una bella passeggiata in tranquillità erano diventate le mie uniche priorità. Ero stanca di correre…
E poi è arrivato Francesco Grandis, ma questa è un’altra storia…

Parliamo di fede

N.  Quanta importanza ha avuto la tua fede cristiana in questo cambiamento?

R. All’apparenza nessuna, ma in realtà tutto! Perché ho capito dopo che quello che mi è successo faceva parte di un disegno divino.  Sognavo di diventare una nomad worker, rivolevo la mia libertà, pensavo e penso che sia ancora il più bel modo di riappropriarsi di se stessi.  Come ho scritto in un articolo per i nomadi digitali, “il nomadismo digitale è un nuovo modo di guardare alla propria vita”, è rompere un cerchio, quello che da tanti anni circoscrive le nostre vite, un cerchio invisibile che pensavo fosse la mia rivincita sul mondo e che, invece, si era trasformato solo in una gabbia.

Bene, in questi ritmi umani recuperati e finalmente con molti momenti di silenzio di cui godere, ho sentito anche la voce di Dio. È arrivata in un pomeriggio qualunque mentre fumavo una sigaretta e ammiravo i gabbiani. Le domande che mi sono arrivate all’improvviso erano due: dov’è finita la tua dimensione spirituale? E dov’è Dio nella tua vita?
Questi interrogativi arrivavano, tra l’altro, dopo tre giorni di vuoto, in cui ancora una volta stavo mettendo tutto in discussione.

Avevo realizzato tutto quello che volevo, ma mi mancava un tassello, quello più grande: il senso della vita stessa! Senso che ho trovato nel vangelo, in particolare nel discorso della montagna di Gesù, consiglio a tutti di leggerlo, vi darà una pace immensa.
Questo nuovo cammino mi ha donato persone ed esperienze meravigliose. Faccio parte, infatti, della Comunità di Sant’Egidio ed insegno italiano digitale in un Istituto Salesiano; credo sia il segno che anche a Dio piace la libertà! L’incarico arrivato davvero grazie alla Provvidenza è per me soprattutto una sfida personale ed una delle esperienze umane più belle, e mi regala l’immenso privilegio di collaborare al progetto di Dio.

Vista da casa di Rita Cioce
La vista dalla nuova casa di Rita

Progetti futuri

N.  Raccontaci com’è nato ioscrivoitaliano.it e quali sono i tuoi obiettivi per il prossimo futuro.

R. Il mio progetto è nato da una nuova consapevolezza: non bisogna guardare a se stessi sempre per difetto. Mi spiego meglio: mi ero sempre crucciata per non essere brava in inglese, trascurando per anni che nella mia lingua, invece, ero più che brava! Con l’avvento dei social network mi sono resa conto che conoscere la lingua italiana è un valore aggiunto, e pare che ultimamente se ne stiano accorgendo anche nelle alte sfere. Occorreva però rendere questa conoscenza spendibile nel mondo del lavoro; da queste due consapevolezze è nato l’italiano digitale dei letterati alla riscossa. Su Ioscrivoitaliano.it condivido le mie conoscenze di blogger e community manager utili a chiunque voglia sfruttare al massimo le potenziali della rete per farsi conoscere.

Da qualche tempo ho creato un corso di self marketing proprio per aiutare chi è stanco del proprio lavoro fra quattro mura, e ha deciso di trasformare la propria passione in un lavoro.
Ho racchiuso in questo corso quello che ho fatto io, basandomi sulla mia esperienza. Non parlo per sentito dire, ma perché ho vissuto e messo in atto una vera strategia di personal branding.

A tutti sento di dire questo: ognuno di noi ha ricevuto un dono e può farlo conoscere al mondo, bisogna studiare e lavorare sodo, ma la ricompensa è altissima.

Il lavoro non può essere una trincea, dove la tensione si taglia con il coltello, e la tristezza fa banchetto con te tutti i giorni.

Prima del salto indossavo sempre un’armatura, ora il mio outfit prevede solo un sorriso.

Ecco, ti lascio con questo augurio di Rita Cioce… che i nostri outfit prevedano, prima di ogni altra cosa, un sorriso.

4 risposte a “Rita Cioce: una letterata alla riscossa”

  1. Che meraviglia questo post. È esattamente quello che ho iniziato a pensare io dopo i primi due mesi di lavoro. Io non sono una destinata alla scrivania (anche se molte persone invece sembrano non sapere che farsene della vita senza il lavoro). Quindi mi sono messa a part time per dedicarmi a me e a crescere nelle mie passioni come Rita 🙂 grazie per questa condivisione, aiuta a credere ancora di più in questo sogno la dimostrazione che altri ce l hanno fatta!❤

    1. Condividere è davvero la chiave… per non sentirsi soli… per crederci quando abbiamo un momento debole… per darci la forza di andare fino in fondo in quello in cui crediamo 🙂

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