Benvenute, frivolezze!

Ebbene, sì, parliamo di frivolezze.

E cari maschietti, non pensiate di essere superiori a noi donnine su questo argomento.

Perché magari saranno diverse dalle nostre ma le frivolezze piacciono tanto anche a voi.

Vogliamo parlare delle vostre seratine a birra e gare di “rumori” vari (ho evitato volontariamente di essere volgare)?

Vogliamo parlare delle vacanze “maschie” o dei vostri tornei di FantaCalcio?

Sia chiaro: tutte cose positive, sane, legittime.

Nulla da discutere. Il gioco, le cose semplici, la leggerezza sono necessarie alla vita, esattamente come le cose definite “importanti”.

Le grandi invenzioni, si sa, sono state fatte in momenti di “pausa” mentale.

Il blocco dello scrittore si cura facendo una passeggiata, staccando dalla scrivania e da quella pagina bianca.

Per noi donne, magari è un aperitivo con le amiche a base di vino bianco e chiacchiere.

Oppure una giornata rilassante in una SPA.

Ma c’è qualcosa che per noi funziona meglio di una seduta dallo psicanalista.

Cosa dite? La droga?

No, no. Meglio, molto meglio.

Sto parlando del binomio infallibile: scarpe & borse.

frivolezze circus bag vendula london
La Circus Bag appesa ad un albero come un’acrobata 😉

Frivolezze targate Vendula London

L’acquisto di un paio di scarpe “giuste” o della borsa “perfetta” è in grado di far alzare il livello di autostima all’ennesima potenza.

È molto più sano degli psicofarmaci. E l’effetto è incredibilmente più immediato.

Nella mia ricerca di brand Approvati per voi che siano Animal friendly, Eco Bio, di ottima qualità, e con in più una dose di ironia necessaria alle donnealcontrario, ti avevo già parlato di Vendula London.

Questa volta ti parlo della nuova collezione Primavera/Estate e ti mostro le foto delle due Bags che sto usando in questo periodo.

E sorpresa, sorpresa, alla fine della pagina ci ho messo la faccia.

Ho preparato un video per mostrarti tutti i dettagli di queste due Funky Bags.

Abbi compassione per me perché è il mio primo video e sono assolutamente imbranata.

frivolezze parrot bag vendula london
La Parrot Bag

Ecco il video!

Clicca qui in basso e… Enjoy!

VENDULA LONDON BAGS – VIDEO UNADONNAALCONTRARIO

Ps. Ho detto erroneamente nel video che gli inserti sono in pelle, ed è sbagliatissimo perché le Vendula London rispettano gli animali e sono tutte in EcoPelle. Perdonami ma ero emozionatissima e questo lapsus conferma la mia imbranataggine.

Ps.2 E vogliamo parlare del fatto che ho detto “inserzioni” anziché “inserti”? Omg!!!! È il mio ultimo video… senza dubbio. Ahahahahah!

Buddismo… una scelta quotidiana

Ho deciso di parlarti di Buddismo oggi perché in molte/i mi scrivono facendomi domande sull’argomento e sul perché ne parli poco.

Sinceramente non saprei.

Non so, farà parte della mia esigenza di non etichettarmi.

Ho amici di ogni religione.

Amo la diversità.

Sono siciliana, sposata a un milanese con sangue napoletano e mamma di una congolese con l’accento romano.

Più diversi di così????

Anche tra buddisti, come tra cattolici e islamici, troverai persone molte diverse tra loro: insomma non voglio in alcun modo generalizzare.

Parlo sempre ed esclusivamente della mia esperienza personale.

Nuvola sul Sutra del Loto
Anche Nuvola amava i libri buddisti 😉

Buddista: sì o no?

Non mi sono mai definita “buddista”.

Piuttosto mi piace pensare che ogni giorno, da 25 anni a questa parte, scelgo la strada del Buddismo perché è quella che più mi corrisponde .

Quando ho cominciato, ero una ragazzina alla ricerca di qualcosa, un po’ come tante ragazze e ragazzi di 18/20 anni.

E la sensazione che ho provato quando ho letto i primi libri di Buddismo, era che finalmente avevo trovato casa.

Finalmente leggevo e ascoltavo cose che avevo sempre pensato.

Finalmente mi ritrovavo.

Finalmente non mi sentivo tanto strana.

Inoltre non “dovevo” proprio nulla.

Niente dogmi.

Niente comandamenti.

Niente sensi di colpa, sacrifici, martiri, etc…

Io Posso

Non devo.

Piuttosto scelgo.

Piuttosto posso.

Piuttosto sono responsabile.

Non mi “devo” sentire forzata ma ogni giorno “posso” decidere io.

Perché poi alla fine è della mia vita che si parla, è sempre della nostra vita che si parla e quindi solo noi abbiamo il diritto di decidere cosa possiamo, cosa scegliamo e come farlo… prendendoci ovviamente tutte le responsabilità del caso.

Il Buddismo mi ha insegnato che ho la mia vita in mano, non c’è una divinità che sceglie per me, non c’è un destino scritto e immodificabile, non c’è qualcuno a cui chiedere la grazia.

Sono io che decido nel bene e nel male dove fare andare la mia vita.

E questo ti assicuro non è una roba solo fighissima, una frase da scrivere sui social o per farsi belle alle feste.

A volte è proprio dura da digerire.

Il Buddismo nella mia vita

Tutto dipende da me

L’idea che tutto, ma proprio tutto, dipenda da te, anche incontrare quella persona che ti sta decisamente sulle balle, o ti tratta male, ritrovarsi in una situazione apparentemente impossibile da cambiare e che ti fa soffrire da morire, non è proprio semplice da far tuo.

Ti puoi scordare quell’atteggiamento del “ma capita tutto a me”.

Ti smazzi tutto, le cose bellissime, e anche quelle sofferenti con un punto di vista nuovo, o almeno lo era per me.

Qual è questo punto di vista?

Che ogni cosa che ti capita, anche quella più rognosa, serve ad approfondire la tua vita, a farti fare un salto, ad aprirti, magari conoscere qualità che hai sempre avuto ma non avresti mai creduto di avere.

Il tutto sempre se lo vuoi, non devi trasformare un bel niente se non vuoi.

Sta a te decidere se vuoi uscire dalla tua famosa zona di comfort e scoprire nuove cose di te e della tua vita, o rimanere nella situazione in cui sei.

Nessuno giudica…

… perché è sempre della nostra vita che parliamo e siamo noi a decidere in merito.

Un’altra cosa che ho amato fin da subito del Buddismo è che non esiste la separazione.

Non c’è separazione tra materia e spirito.

Non vale approfondire solo temi spirituali, migliorare nel carattere e nel comportamento con gli altri.

Valgono anche i tuoi desideri pratici, quelli di migliorarti economicamente, nella salute, e posso dire anche nei piaceri della vita.

Nessuno giudica.

Due ma non due

Non c’è separazione tra me e l’ambiente. L’ambiente è affar mio esattamente come il mio corpo. Quindi se sporco la Terra che mi ospita, in realtà sto sporcando la mia vita, quella fisica e quella spirituale. Vista così, ci pensi due volte a buttare a terra la cicca.

Non c’è separazione tra me e gli altri. Io non posso essere felice se gli altri sono infelici. Idem il contrario: inutile fare le crocerossine per aiutare tutta la nostra famiglia (i colleghi, i figli, e chi più ne ha, più ne metta), se non abbiamo cura di noi, se non facciamo quello che serve a nutrire la nostra vita.

Insomma di cose di cui parlarti ce ne sarebbero tante altre, ma questo post sta diventando troppo lungo.

Perciò adesso passo e chiudo. E se hai altre curiosità, scrivimi in un commento. Cercherò di rispondere a tutte le domande.

Grazie di cuore, anima al contrario e, please, abbi cura di te.

Sei preziosa/o, non dimenticarlo mai.


Se l’argomento ti interessa, ti consiglio anche di leggere:

Lei cresce

Biglietto di mia figlia che cresce

Sì, lei cresce.

Cresce in un attimo.

Così veloce che il passaggio da Peppa Pig alle prime serie tv m’è sfuggito.

Eppure quando la guardo dormire, ha lo stesso broncio appiccicato sulla faccia di quando cinque anni fa è piombata su quel letto.

Anche quando si atteggia a “ragazzina” riesco a scorgere quello sguardo perso nel vuoto del “E adesso, che faccio?”.

Cresce, sì.

Lei cresce sulla spiaggia

Cresce in altezza che tra un po’ mi supera… ma per quello non ci vuole tanto.

Cresce in esuberanza… del resto con quel corpo lì, quei muscoli lì, quel colore che noi ce lo sogniamo… cresce.

10 anni è quell’età che vai verso l’adolescenza ma sei ancora una bambina che fa le trecce alle Barbie.

10 anni è quell’età che cominci a guardare i ragazzini ma i baci ti fanno ancora schifo… bleah!

10 anni è quell’età che vuoi esplorare i boschi col tuo nonnino ma anche startene un po’ per conto tuo ad ascoltare la musica che non piace a papà.

Cresce, sì.

Come cresce il nostro rapporto. Che a volte sembra meno forte di allora, meno “mammone”.

Del resto le è capitata proprio una mamma untraditional, tutta alcontrario.

Una madre che si scorda sempre di portare dietro la merenda e il succo di frutta.

Una madre che esce con la pochette e non con la maxi bag piena di giochi, pastelli e salviette umidificate.

Sono io, con poca maternità nel DNA, o forse non quella che ci si aspetta di solito.

Ma io e lei ci siamo, siamo una squadra.

Lo sappiamo spesso senza neanche dircelo.

Quando mi guarda e mi dice: “Uffa, non posso neanche farti una sorpresa perché mi scopri sempre”. Quando a quella domanda (“E adesso, che faccio?”) corrisponde uno sguardo dritto verso di me.

Quando per la festa della mamma mi arriva un biglietto che dice così:

Lettera di C.a unadonnaalcontrario

Non mi sono mai sentita “rara” in positivo, ero rara perché ero al contrario, perché ero la pecora nera, il bastian contrario. Eppure lei ha visto altro.

Lei vede quello che nessuno ha mai visto, o forse quello che nessuno ha provato a vedere.

Lei vede quello che non vedo nemmeno io.

Chissà magari ha visto la verità, o almeno così voglio immaginare. E non so chi è stata più fortunata tra noi a trovare l’altra ma ci siamo trovate.

Il destino? Un desiderio profondo? Finalmente una retribuzione positiva della vita dopo tante sofferenze reciproche? Questo non lo so.

So che però quando ti affidi alla vita, entra quello che meriti, entra quello che sei sempre stata, quello che ti corrisponde.

Così è per noi.

Questa è la nostra esperienza.

Nulla di più.

Ed è speciale non perché sia io a viverla ma perché è la vita stessa che è speciale se solo glielo permetti.

Viaggio senza barriere: la storia di Simona Anedda

Simona Anedda è una ragazza del ’74.

Viaggiatrice da sempre, prima per piacere, poi per lavoro.

Nel 2012 le hanno diagnosticato una malattia nota come Sclerosi Multipla.

E quando il medico le ha detto: “È meglio che rimanga a riposo e lontana dal caldo”, la sua risposta è stata: “E se partissi per il Brasile, come la vede?”.

Da allora, nonostante la malattia progredisca e le difficoltà a camminare, respirare, a muoversi liberamente aumentino, Simona viaggia.

Dopo il Brasile c’è stata l’Islanda, poi Miami, poi l’India.

Le nostre vite “virtuali” si sono incrociate proprio mentre pensavo a una nuova storia da condividere con te. E sono assolutamente certa che le sue parole possano incoraggiare tutte/i noi che abbiamo qualcosa che ci impedisce di andare verso i nostri desideri profondi.

La sua è una malattia degenerativa, per qualcun altro può essere una prigione interiore. Non voglio fare paragoni né dare giudizi perché credo che la sofferenza sia sofferenza indipendentemente dalla tipologia.

Vi lascio alle parole di Simona Anedda e mi auguro che possiamo supportarla nel suo desiderio di continuare a viaggiare perché la sua è una missione che vale la pena sostenere, non solo per lei.

Ogni persona può essere protagonista di un grande cambiamento nel mondo, ma più persone unite con lo stesso intento, producono un cambiamento radicale e più in fretta. Non ho dubbi su questo.

Simona Anedda

Intervista a Simona Anedda

N: Mi ha colpito il racconto di quando hai scoperto della tua malattia e hai annunciato al tuo medico che saresti partita subito. Chissà in quanti ti avranno detto: “Hai bisogno di riposo”, “Rimani qui con noi”. Immagino soprattutto per una questione di affetto e di volersi prendere cura di te. Come hai risposto a questo tipo di perplessità?

S: Io ho sempre viaggiato da sola, anche prima della malattia. Così le persone care erano abituate.. possiamo dire che “sanno di che pasta sono fatta”. Tra l’altro all’epoca camminavo ancora, anche se male. La valigia è stata il mio bastone.

N: Ti posso chiedere: perché il viaggio… e non qualunque altra azione?

S: Perché sono sempre stata un’appassionata di viaggi. E secondo me è giusto che anche con la malattia ognuno prosegua con le proprie passioni. Ora quando viaggio non penso alla malattia, mi distraggo e mi lascio coinvolgere dai luoghi e dagli incontri, ma soprattutto mi sento libera.

N: Da quel che ho capito, sei rimasta in India a lungo. Cosa ti ha colpito particolarmente di questo paese?

S: Sono arrivata in India il 20 gennaio. Ho letto molti libri di Tiziano Terzani, mi piaceva l’idea di ripercorrerne i luoghi. Non essendo una persona spirituale sentivo il bisogno di andare in un posto dove potessi sviluppare questo mio lato. E l’India è il Paese più spirituale al mondo. Ho provato con yoga e meditazione e purtroppo non ci sono riuscita. Però ho trovato tantissima gente che ha detto che pregherà per me.

Simona Anedda in viaggio

Ostacoli da superare

N: Dal punto di vista meramente pratico, hai trovato molte difficoltà? E se sì, come le hai affrontate?

S: È ovvio che ostacoli ce ne siano stati e ce ne sono tanti. A dire il vero ce ne sono anche quando esco da casa mia a Roma. Però gli ostacoli si possono superare. Anche perché in India ho trovato tante persone gentili che mi hanno sempre prontamente aiutata. Non ho viaggiato solo su strada. Ho preso la barca sul Gange, ho visitato i Ghat (famose scalinate di Varanasi). Sono stata persino accompagnata a visitare il tempio di Brahma in braccio. L’unica delusione? Il Taj Mahal. In quella occasione mi sono sentita umiliata, mi hanno sbattuto in faccia la mia disabilità. Ma spero che la sfortunata esperienza apra la strada al prossimo turista come me.

N: Qual è la tua prossima meta?

S: Dall’India mi sono spostata in Nepal ed attualmente mi trovo in Indonesia. Progettavo la Groenlandia ma, grazie ad un incontro fortunato, forse potrei anche fare una tappa in Canada. Stiamo a vedere!

N: Mi piacerebbe sapere se c’è un modo in cui possiamo sostenerti.

S: Facendo conoscere la mia storia a più persone possibili, così da far diventare la mia passione un lavoro che mi permetta di continuare a viaggiare. Voglio documentare la mia quotidianità, segnalando il grado di accessibilità dei luoghi che visito, suggerire soluzioni per superare le difficoltà che incontro, in modo da trasmettere il coraggio di viaggiare a chi pensa che la disabilità sia un limite insuperabile.

Namastè


Sono convinta che non servano altre parole per comprendere l’importanza del viaggio che Simona Anedda sta intraprendendo… per capire che sta aprendo la strada ad altre persone… per trasformare le barriere fisiche e mentali.

inviaggioconsimona.org è il sito per seguirla e sostenerla. Che ne dici di fare il tifo per lei in massa?

Simona Anedda nel suo viaggio senza barriere

 

Alla ricerca delle coccole perdute e ritrovate!

Alla ricerca delle coccole perdute“…. non appena me lo sono ritrovato tra le mani in libreria, l’ho acquistato.

Avevo già sentito parlare dell’autore, Giulio Cesare Giacobbe, del successo di alcuni dei suoi libri di psicologia (Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita in primis). Ma non avevo mai letto nulla di suo.

Confesso che, in generale, non vado matta per i libri scritti da psicologi.

Gli psicologi non me ne vogliano. Non ho nulla contro la categoria. Anzi sono convinta che, come si impongono le vaccinazioni, si dovrebbe imporre una chiacchierata con lo psicologo a tutte/i, almeno una volta l’anno. Tagliando annuale e via!

Detto ciò, cercherò di raccontarti la mia esperienza con questo libro in maniera schietta, senza peli sulla lingua. Modo che mi contraddistingue sempre, purtroppo o per fortuna. Ma mi si ama anche per questo!

Alla ricerca delle coccole perdute di Nuvola

Alla ricerca delle coccole perdute – la mia recensione

Pollice a metà  

Lo stile ironico di Giulio Cesare Giacobbe è sicuramente uno dei lati di “Alla ricerca delle coccole perdute” che mi ha permesso di leggerlo tutto. Fino in fondo.

La scrittura scorre nonostante gli argomenti trattati siano abbastanza impegnativi, soprattutto quando si tratta di rapporto con gli altri.

Una cosa che sicuramente me lo ha reso simpatico è che utilizza lo stesso stratagemma che uso io quando parlo al femminile: lei/lui, a/o, e/i. Il che non è cosa da poco, visto che l’autore in questione è, innanzitutto, un uomo.

In più i paragoni con il mondo animale, soprattutto quello gattaro, mi hanno aiutata nella comprensione. E mi hanno confermato quanto stiamo indietro rispetto a queste creature speciali.

Pollice in giù

Il titolo non corrisponde direttamente all’argomento del libro.

Quindi “allontanate, o voi che entrate, ogni speranza” di ritrovare le coccole perdute.

Giulio Cesare Giacobbe lo spiega con dovizia all’interno ma, personalmente, credo che il titolo sia un po’ fuorviante.

Il libro racconta di tre modelli comportamentali, quello del bambino, dell’adulto e del genitore, spiegando che solamente se un individuo è riuscito a fare esperienza “psicologica” di queste tre fasi, è un individuo sano. Altrimenti è affetto da una nevrosi, è una personalità infantile non evoluta.

La maggior parte delle persone nate e vissute in occidente soffrono di nevrosi infantile. Cioè non sono mai veramente cresciute e questo perché non sono state messe in condizione di affrontare le difficoltà. Sono ancora come un bambino che ha sempre bisogno di qualcuno e il genitore è l’unico capace di fornire questo bisogno.

L’esempio più banale ma abbastanza comune è quello del figlio che studia fino a 30 anni, rimanendo a casa con papà e mamma. E se decide di lasciare il nido, lo fa di qualche pianerottolo in modo da rifilare sempre una cena calda e una stirata da mammà.

In realtà la faccenda è un po’ più profonda e seria di così e credo che molte/i di noi si potrebbero sentire chiamate/i in causa.

Però, e ribadisco però, per 200 pagine si parla esclusivamente di quanto la nostra società sia afflitta da queste nevrosi.

Arrivi quasi alla fine del libro di Giacobbe e ti chiedi: “Ok, devo proprio mettermi in gioco e affrontare le mie nevrosi. Ma come faccio oltre a prenotare una seduta dallo psicanalista (visto che magari qualcuna l’ho già fatta!)?”.

Pollice in su

Ecco che a salvare la mia idea di “Alla ricerca delle coccole perdute“, arriva l’ultimo capitolo. Nove pagine in cui ho rivalutato il mio animo e il libro stesso.

In questo capitolo si parla della quarta personalità, quella che corrisponde alla funzione psichica, definita meglio come Consapevolezza.

Ti ricorda qualcosa questa parolina magica? In effetti ne ha parlato a lungo quel geniaccio di Tolle, nel Potere di Adesso.

Questa consapevolezza può essere attiva oppure no. E sta a noi per lo più attivarla.

Anche qui si parla di “identificazione con le emozioni“, della paura che un certo tipo di emozioni può provocare, della capacità di non soffrire per ogni minima cavolata grazie all’attivazione della “quarta personalità“.

Una sorta di saggezza interiore che Giulio Cesare Giacobbe chiama anche Buddhità, cioè lo stato prevalente del Buddha.

Ora Buddha non è un dio. È un essere umano, uno di noi. Con tutti i difetti di questa terra, ma anche con la grande saggezza che dentro ognuno di noi c’è l’illuminazione.

Ognuno di noi ha dentro di sè una parte illuminata, completa che, se attivata, ci permette di vivere la nostra vita in maniera diversa. Ci permette di “dirigere consapevolmente e intenzionalmente la nostra vita”. E di salvarci dalla nevrosi, dalle fobie da cui siamo affetti.

Alla ricerca delle coccole perdute dettaglio

Ecco che l’equilibrio torna

Ed ecco perché è un libro che ti consiglio di leggere…

… per capire da quale delle tre nevrosi siamo affette/i. Tranquilla/o che una la troviamo.

E magari per approfondire come superare questa nevrosi, le nostre ansie, il nostro panico, e regalare una vita migliore a noi per prime/i, e anche a tutti coloro che ci stanno intorno… che vivere con un nevrotico non è robina da poco.

Se lo leggerai o hai opinioni su Giulio Cesare Giacobbe e sui suoi libri, scrivimi un commento. Per me confrontarmi è uno sport che dà dipendenza.