Marta Pavia, la Prof di IG dal sapore di Zucca

La bambina che è in me trotterella dalla felicità per l’ospite di oggi.

Questo è l’effetto che mi fa da sempre il profilo di Marta Pavia, per i più Zuccaviolina.

La seguo da quando sono entrata su IG, dalla “porta di servizio”.

Non conoscevo nulla di questo social, eppure mi attirava come la nutella in fondo allo scaffale.

La bacheca di Zuccaviolina era lì, piena di poesia, di dolci sorrisi, e soprattutto avevamo (purtroppo parlo al passato) una cosa tanto bella in comune: una gatta bianca dagli occhi diversi.

La mia Nuvola mi ha lasciato lo scorso San Valentino e, nonostante i sentimenti contrastanti, la sento ancora viva nei gesti e negli sguardi della Zazie di Marta.

Marta Pavia è una vera prof di Instagram.

Ai “Come crescere l’engagement su Instagram” o “Come raggiungere 10K followers in un mese”, lei risponde con “Arredo profili Instagram” e con “Tutti abbiamo dentro storie stupende. Io aiuto a raccontarle con immagini e parole”.

Non suona decisamente meglio?

È lei che mostra con la sua arte come rendere un profilo unico e assolutamente ineguagliabile.

Ma adesso basta con le mie chiacchiere.

Tutta per te, riccioli scuri e occhi blu a rapporto, Marta Pavia.

Enjoy!

Marta Pavia Zuccaviolina 1
Direttamente dal profilo IG di Zuccaviolina*

Intervista a Marta Pavia

N:   Ciao Marta e benvenuta tra le mie pagine virtuali!

Ti va di raccontarci chi è Marta? Intendo non cosa fa, ma chi è dentro, nella parte più profonda di sé…

M:  Sono stata una bimba di campagna che si rotolava nel cortile coi gatti, un’adolescente insicura che si consolava sui tasti del pianoforte, una studentessa del liceo che leggeva le poesie di Edgar Lee Masters ascoltando i Cranberries tutto il giorno.

Ora sono un’adulta che non si sente pienamente tale, amante delle cene tra amici e delle canzoni cantate intorno al tavolo la sera. Visceralmente innamorata delle immagini e di tutti i tipi di storie, e fermamente convinta che tutti ne abbiamo almeno una, stupenda, da raccontare.

N:  Una curiosità: da dove viene Zuccaviolina?

M:  La parola Zuccaviolina è nata in un momento molto particolare della mia vita. Come alcuni di voi sapranno durante l’università mi sono occupata molto di linguistica e antropologia, e per la tesi di laurea triennale ho fatto una ricerca sul campo su un particolare tipo di musica tradizionale del Monferrato (una regione compresa tra le province di Asti, Alessandria e i confini della Liguria). L’oggetto dei miei studi è stato uno strumento musicale tradizionale costruito con una zucca essiccata, che viene usata per modificare il suono della voce ottenendo un timbro buffo molto simile a quello di uno strumento da banda. Se siete curiosi potete guardare questo documentario d’epoca, oppure il video di un gruppo ancora esistente che si esibiva, tre  anni fa, all’expo di Milano.

Quando ho scoperto che esisteva una varietà di zucca chiamata “zucca violina”, mi è sembrato semplicemente il nome perfetto per un’esperta di zucche musicali come me.

Il 9 ottobre 2009 scrivevo su Facebook: “In omaggio all’argomento della mia tesi ho preparato questa torta di zucca e cacao. E nel delirio tesistico ho coniato anche un nuovo nickname per me stessa: Zuccaviolina.” La foto, naturalmente, era orrendamente gialla e vagamente sfocata.

N:  Ti porto indietro di qualche tempo per chiederti com’è stato il primo incontro con Instagram? Qual è stata la molla che ti ha fatto dire: “Ma sì, dai, oggi apro un profilo su questo nuovo social”? Te lo ricordi quel giorno?

M:  Io desideravo ardentemente Instagram, da sempre. Avevo un account su Tumblr e uno We heart it e passavo la giornata a fagocitare centinaia di foto “carine”: tazze fumanti tra le foglie autunnali, flatlay di tablet e smartphone posati sul letto o branditi da ragazze dalle perfette unghie color pastello, casette di tronchi immerse nelle foreste del Montana e decorazioni natalizie a Central Park. Volevo tantissimo dire la mia, sognavo continuamente di essere in grado di scattare immagini che trasmettessero le stesse sensazioni. Nello stesso periodo, compravo le riviste di cucina solo per guardare le foto e per la stessa ragione leggevo decine di food blog. Inutile dire che preparavo le ricette solo una percentuale ridicola delle volte. Quello che mi attirava, pensandoci a posteriori, era il racconto, la suggestione che accompagnava le istruzioni, LA COMUNICAZIONE INDISSOLUBILE DI IMMAGINI E PAROLE, disposte con attenzione in un abbraccio perfetto.

Per concludere la storia, un giorno sono andata con un mazzetto irragionevolmente spesso di banconote a comprarmi l’Iphone 4, suscitando peraltro l’ilarità di un negoziante decisamente poco empatico. La prima cosa che ho fatto, dopo aver acceso lo smartphone, è stato installare Instagram.

N:  Ultimamente ci sono molte polemiche riguardo IG. Si dice che è troppo finto, che le vite raccontate sono patinate, che l’algoritmo va sempre peggiorando. Premettendo che io amo tantissimo questo social e sono convinta che come ci sono questi profili “patinati”, ci sono anche tanti profili veri, molto creativi da cui imparo ogni giorno, mi piacerebbe sapere la tua opinione da “prof”.

Alt= Marta Pavia Zuccaviolina 3
*

M:  Instagram non è altro che un mezzo, le cui caratteristiche possono solo in parte influire su quello che decidiamo di raccontare e sull’impatto che la nostra narrazione ha sugli altri. Lo stesso algoritmo, che per molti è il male assoluto, è in verità un comodo sistema automatico che, pur con qualche defiance, ci permette di vedere i nostri post preferiti anche se seguiamo migliaia di profili. La difficoltà nel raggiungere persone nuove, che effettivamente c’è rispetto al passato, dovrebbe spingerci a curare di più la comunicazione con coloro che già ci seguono, facendola diventare costruttiva, intensa e reciproca.

La questione della spontaneità invece è più complessa. Tutti compiamo un insieme di scelte per selezionare ciò che decidiamo di raccontare. Lo facciamo continuamente, nel momento in cui impostiamo l’inquadratura di una foto e mentre digitiamo le singole parole di una caption. Le foto di occasioni mondane troppo principesche rischiano di allontanare il pubblico quanto quelle sfocate, le scrivanie troppo organizzate possono sortire lo stesso effetto delle didascalie scritte controvoglia. Al concetto di spontaneità sostituirei quello di generosità. Perchè stiamo raccontando il nostro pranzo/viaggio/outfit del giorno? In che modo questo può creare valore nella vita di chi ci segue? Rispondere a questa domanda prima di pubblicare ogni post potrebbe avere un effetto più dirompente di quello di qualsiasi trucco aggira-algoritmo.

N:  Puoi dare qualche consiglio speciale a chi vorrebbe migliorare la sua bacheca per fare un salto di qualità?

M: Guardate tante foto, perdeteci la testa, innamoratevi. Salvatele su Pinterest, su Instagram o ovunque sia comodo per voi. Poi cercate di capire perché vi piacciono. Quali sono le sensazioni che vi suscitano? Con quali mezzi/oggetti/luci ottengono questo risultato? Questo esercizio è utile anche se fatto sulle foto che voi stessi avete scattato e pubblicato.

Per quanto riguarda le didascalie, invece, sforzatevi di notare le cose che ogni giorno vi emozionano, quelle che raccontereste immediatamente a qualcuno di speciale. Scrivetele su una nota del telefono, o se siete dei veri bohemienne, su un taccuino dalle pagine ingiallite. Avrete didascalie già scritte per anni (e forse perfino un romanzo!).

Nell’attesa che ognuno di noi scriva il romanzo sella sua vita tramite le proprie immagini e i consigli speciali di Marta, vi lascio emozionare dando un occhio al profilo IG di Zuccaviolina e al blog di Marta.

Enjoy!

*le foto appartengono a Marta Pavia e sono coperte da copyright

Cosa vedere a Bologna in due giorni

Bologna é…

Una chiacchierata con l’oste al bancone della sua osteria davanti a un bicchiere di Sangiovese.

Rintanarsi sotto i portici all’arrivo di un temporale improvviso.

La sua gente verace eppur così raffinata.

Un cuore straripante come il ragù delle sue tagliatelle.

Il calore delle tegole dei suoi tetti rossi.


Tetti di Bologna
I tetti di Bologna

Non tornavo a Bologna da tanto. L’ultima volta per girare lo spot di un’automobile e, come succede spesso quando si gira, l’unica location che riesci a vedere è il set.

Sapevo benissimo che, anche questa volta, avrei avuto pochissimo tempo per visitarla.

Quando si va ad una fiera, grande poi come il Sana, le tue giornate le passi lì dentro e la sera sei praticamente pronta solo per doccia e nanna.

Ma Bologna mi chiamava.

Nonostante la stanchezza.

È stato più forte di me.

Come quando incontri lo sguardo di un ragazzo a una festa liceale e, nonostante il coprifuoco, non fai altro che pensare a quando lo ri-incontrerai.

Hai quel friccicorìo in pancia che ti tiene sveglia tutta la notte.

Avevo bisogno di immergermi tra le sue stradine, tra l’accento frusciante dei suoi abitanti, tra le sue chiese misteriose.

Avevo bisogno di assaporare i suoi dettagli.

Mi sono innamorata di questa città, tanto che vorrei tornarci per viverla più a lungo di un veloce weekend, perché quello che più mi ha lasciato è il modo di vivere lento, seppur cittadino.

Vorrei girarla in bici e godermi altri localini nascosti.

Vorrei ascoltare i racconti di altri osti.

Ma questa sarà un’altra storia…

Bici a Bologna
Bici come se piovesse nel centro di Bologna

Cosa vedere a Bologna in un weekend

E adesso andiamo al dunque e vediamo insieme cosa vedere a Bologna in due giorni ma soprattutto cos’ha questa città di tanto bello da avermi fatto innamorare di sé.

1 – Piazza Maggiore e la fontana del Nettuno

Se Bologna la Dotta (dotta per la sua Università, la più antica d’Italia e dell’occidente) fosse una casa, il suo salotto sarebbe senz’altro Piazza Maggiore.

Le signore con il tè sarebbero gli splendidi palazzi medievali e rinascimentali che guardano verso il centro della piazza: il Palazzo comunale, Palazzo dei Banchi, la Basilica di San Petronio (la quinta chiesa più grande al mondo) e il Palazzo del Podestà.

Piazza Maggiore risale al 1200 e, a quel tempo, era il mercato di Bologna la Rossa (rossa per via dei tetti delle sue case).

Vuoi sapere una curiosità? Si dice che, sei sei una studentessa o uno studente, è meglio non attraversare Piazza Maggiore passando dal centro perché pare che porti un po’ di sfiga alla realizzazione della laurea. Sarà vero?

Ma c’è un’altra stranezza, un po’ più buffa e riguarda la statua del Nettuno, chiamata affettuosamente dai bolognesial Zigant” (il Gigante). Sembra infatti che il clero ordinò a Giambologna, l’autore, di diminuire le “dimensioni”(hai capito di cosa) e lui, contrariato dalla richiesta, pianificò una piccola vendetta. Se infatti fotografi il Nettuno dalle sue spalle (esattamente dalla pietra della vergogna, una pietra nera che si trova sulla piazza), beh, diciamo che il pollice della mano ti sembrerà qualcos’altro. Lascio a te scoprire cosa.

2 – La Torre degli Asinelli

Cosa sarebbe Bologna la grassa (grassa per via della sua tradizione gastronomica) senza le inequivocabili torri, la torre degli Asinelli e la torre Garisenda?

E quanto è bello il panorama sui tetti rossi dall’alto dei 97 metri della torre degli Asinelli (a meno che non tu non sia un/a studente perché pare anche qui salire in alto prima della laurea porti sfiga)?

Queste torri avevano più di una funzione.

Venivano fatte costruire su commissione delle famiglie più importanti di Bologna non solo perché questo conferiva loro più prestigio ma anche per la difesa della città, visto che dall’alto era più facile controllare chi si avvicinava alle mura.

3 – I Portici di Bologna

Va bene, sarò scontata, ma i portici di Bologna sono senz’altro il suo segno distintivo.

E senza dubbio il portico di San Luca con i suoi 3796 metri di lunghezza e le sue 666 arcate è il più conosciuto. 666 non a caso visto che è il numero del diavolo e seguendo il percorso (in salita) verso il Colle della Guardia si raggiunge il Santuario della Madonna di San Luca.

Ma ci sono anche il portico del Pavaglione che porta all’Archiginnasio, il portico degli Alemanni, il più antico di Bologna, e il portico senzanome, il più stretto in assoluto.

Portici Bologna
Cose da vedere a Bologna gratis: ovviamente i suoi mitici portici

4 – La Basilica di Santo Stefano

Senza dubbio piazza Santo Stefano su cui si affacciano gli edifici che costituiscono la Basilica di Santo Stefano resta la mia preferita.

Ne fanno parte la Chiesa del Crocifisso, la Basilica di San Sepolcro, la Chiesa dei Santi Vitale e Agricola, il Cortile di Pilato, la Chiesa della Trinità o del Martyrium, che custodisce il più antico presepio conosciuto al mondo, il Chiostro Medievale e il Museo di Santo Stefano.

Entrare nella Chiesa del Santo Sepolcro è come catapultarsi in un film medievale. Sembra che sia ispirata al Santo Sepolcro di Gerusalemme voluto da da Costantino nel IV secolo.

5 – L’Archiginnasio

Mica è Dotta a caso Bologna!

Non si può arrivare a Bologna e non visitare l’Archiginnasio, un palazzo non solo bello ma ricco di storia. Oggi qui si trova la Biblioteca Comunale ma, per lungo tempo, è stata la sede dell’Università di Bologna.

ll cortile centrale merita già di per sé una visita ma io ti consiglio di salire su per le scale e visitare le aule magne degli Artisti (Sala di Lettura della Biblioteca) e dei legisti (Sala dello Stabat Mater) e il Teatro Anatomico con il suo bel soffitto a cassettoni, perfettamente ricostruito dopo i bombardamenti del 1944.

6 – La piccola Venezia

In pochi conoscono questa parte di Bologna che io invece ho voluto vedere nonostante fosse lontana dal mio appartamento e, a ben donde, visto che è una delle foto che amo di più del mio Instagram con la finestrella di Via Piella da cui si può vedere il canale delle Moline.

Sto parlando dei canali di Bologna, quartiere meglio conosciuto come la piccola Venezia.

Pensa che ci sono altre parti di Bologna sotto le quali scorre l’acqua ma che furono letteralmente interrate dagli abitanti negli anni ’50.

Piccola Venezia a Bologna
La mia foto su IG del canale delle Moline e della finestrella di Via Piella

7 – Il Mercato Antico

Chi non resiste al fascino dei mercati rionali, non può assolutamente perdersi il mercato Antico di Bologna. Chiamato anche “Quadrilatero” lo troverai in pieno centro storico, alle spalle di Piazza Maggiore tra le vie che portano i nomi dei vecchi artigiani: Via Pescherie Vecchie, Via Drapperie, Via Calzolerie, Via Orefici.


Dove mangiare a Bologna

Ho testato per te tre posti dove mangiare bene a Bologna.

  • L’Osteria della Tigre: da provare assolutamente la cotoletta alla Bolognese. L’indirizzo è Via Orfeo, 5b, proprio sotto i portici.
  • Ragù Bologna: per una cena bolognese da asporto.
  • Ruggine: un locale dove fare l’aperitivo immerse/i in un’atmosfera vintage nel pieno centro di Bologna in Vicolo Alemagna, 2/C.

Il nostro tour per Bologna finisce tra queste righe e prosegue con i tuoi piedi.

A me non resta che dirti…

Enjoy Bologna!

SANA: la fiera del biologico che dà speranza

Il treno mi riporta a casa da Bologna e mi viene da sorridere.

Sai perché sorrido?

Perché so che, anche se si tratta di lavoro, per me vince sempre il rapporto umano.

Anzi un bel giorno mi piacerebbe che quell’ “anche se” sparisse del tutto dalle nostre conversazioni quando parliamo di lavoro.

SANA 2018 hall

Sana: la fiera del biologico

Le fiere, si sa, sono faticose e io non ho sempre avuto una bella impressione di tutte quelle che ho frequentato.

Ma questo Sana è stato davvero speciale.

Non solo perché è una manifestazione che funziona, organizzata in maniera impeccabile, questo mi sembrava corretto dirlo.

Per altro…

Ho scelto di andare al Sana per proseguire il mio viaggio nell’ Italia che mi piace. O meglio per vedere se, nel luogo dove potevo incontrare le aziende del biologico tutte insieme, questa Italia mi sarebbe piaciuta davvero oppure no.

SANA 2018 Terre e tradizioni

Incontri cuore a cuore

Ho deciso di incontrare fisicamente le persone con cui ho avuto rapporti solo virtuali.

Ho scelto di guardarle negli occhi, di farmi raccontare con i loro accenti, uno diverso dall’altro, dall’Alto Adige alla Sicilia, le loro storie.

Una delle cose che mi chiedo spesso è: ma chi glielo fa fare?

Con le leggi e la burocrazia che per lo più ostacolano, con l’ignoranza imperante, le ore di lavoro spesso senza regola.

E sai dove trovo la risposta?

Nello sguardo curioso, nella passione che sguiscia dalle parole, nella voglia di vivere seguendo i propri valori.

Esiste ancora tutto questo. E lo so che magari non ci crederai, ma ‘sta roba mi fa tanto commuovere.

Che ci posso fare!?

Sono la solita Alice nel paese delle “non” meraviglie.

Le meraviglie del nostro paese

Alla fine le meraviglie ci sono in questo nostro paese complicato e sono e rimangono sempre le persone. Da Nord a Sud.

Ho passato ore ad ascoltare cose del nostro territorio che non conoscevo assolutamente.

Ho visto giovani con idee concrete oltre che ambiziose.

Ho assaporato la genuinità delle aziende a conduzione familiare e anche di realtà imprenditoriali molto grandi.

È questo che mi incoraggia ad andare avanti in quello che faccio.

Ogni volta che ti racconto di un’azienda, ormai credo sia evidente, lo faccio perché desidero contribuire alla diffusione di quest’ #Italiachemipiace.

È il mio lavoro, certo, ma, come in tutte le cose, si può decidere il modo di lavorare, la direzione che vogliamo dare alle nostre vite e quindi anche al nostro lavoro.

Siamo noi a decidere con chi vogliamo collaborare, con chi vogliamo stringere relazioni, che siano personali e/o professionali.

Ecco perché presto continuerò a raccontarti storie incredibili, storie che incoraggiano a proseguire verso i nostri sogni, storie che ci rendono sempre più orgogliose/i della nostra territorialità.

Non vedo l’ora.

Una sana lamentela per ripartire con entusiasmo!

Ripartire e lamentela. Sembra una contraddizione, vero?

E invece no.

Perché il mondo dei media è per quelle/i vincenti, sempre sorridenti, fighe/i e super-fashion che a settembre sono pronte/i a nuove avventure, progetti, yeah!

E io invece mi sento scarica prima di cominciare.

Sarà che esattamente un anno fa partivo per il giro del mondo e la saudade di quell’esperienza mi assale.

Sarà che a settembre c’è il salasso dei libri scolastici (oh, ragazze/i, ogni libro costa 30€! Roba che neanche “Il tempo ritrovato” di Proust che ha una certa rilevanza nella letteratura mondiale).

Sarà che, sapere che tua figlia andrà alle scuole medie, aumenta vertiginosamente il numero di rughe sul tuo viso.

Non che non abbia progetti, anzi. Già questo weekend sono di nuovo in partenza e di idee, come sempre, ne ho fin troppe.

È che non ce la faccio a fingere sorrisi giganteschi conditi da entusiasmo a manetta.

Mio marito dice che sono l’ultima Alice rimasta sulla terra (a causa della mia ingenuità), persino dopo i 40.

Ma anche Alice si ritrova a piangere quando prende la pozione sbagliata.

Perciò eccomi qua, con tutti i miei difetti, le mie debolezze e la voglia di cercare nuovi appigli anche se non so dove.

La vita è anche questo, almeno per me.

Lamentela

Il beneficio di una sana lamentela

Mi conosco troppo bene per sapere che mi aggrapperò anche all’ultima briciola di entusiasmo dentro di me per uscire da questo loop e ricominciare a zompettare come se non ci fosse un domani.

In fondo volevo essere solidale con tutte quelle persone che ogni tanto vanno giù e non sanno con chi lamentarsi.

Hai presente quelle/i che: “Andrà tutto bene!”-? Seee, forse a te.

Quelle/i che: “Ho letto un articolo fantastico: Pensiero positivo in 5 esercizi”. Nu miracolo.

Quelle/i che: “Se ti lamenti, attiri solo sfortuna”. Aò, ma farti gli affari tuoi che alla sfortuna mia ci penso io?

Non so se sei d’accordo con me (ma se sei arrivata/o a questo punto dell’articolo, deduco di sì), qualche volta pure una sana lamentela con la persona giusta può ridare fiato alle nostre vite.

Uno sfogo per scaricare un po’ di pesantezza concentrata sulla cervicale, un degno sbrodolamento di blablabla della qualunque, senza peli sulla lingua e, se vuoi, condito da qualche parolaccia che, davanti alla prole, non si può.

Il tutto possibilmente davanti ad una birretta ghiacciata e a delle patatine super caloriche.

Insomma ti invito a fare un aperitivo virtuale con me.

Se vuoi, scarica pure tutte le tue lamentele nei commenti.

Libera/o di andare giù con tutte le robe pesanti che hai nel tuo cuore.

Niente giudizi, né consigli non richiesti.

Non so perché ma credo che dopo ci sentiremo tutte/i un po’ meglio.