Ju funky mama dalle radici global

Ju è una di quelle donne che mi piace assai.

E sì, quell’assai mi esplodeva da dentro.

È una di quelle persone che trovi in rete e con cui, nonostante non la conosci personalmente, senti totale sintonia.

Tu dirai: “Va bè, ma che ne sai com’è nella vita reale?”.

Non lo so e forse non lo saprò mai ma mi fido moltissimo del mio istinto e JU, dice il mio istinto, è autentica e talentuosa, due qualità che ricerco nelle persone con cui ho a che fare.

Ti basterà girovagare tra le sue pagine per renderti conto che non ha peli sulla lingua, di solito quei peli sono anche ironici e che, anziché fare quello che piace agli altri, fa quello che piace a se stessa.

Curiosa/o di conoscerla meglio?

Ju funky mama al lavoro
Justine at work 😉

Justine, la blogger dall’anima rap

N: Ciao Ju e grazie per essere mia ospite tra le pagine di Unadonnaalcontrario.

Parto subito col chiederti: ma Ju chi sente di essere? No, non voglio essere provocatoria. Vorrei solo sapere cosa pensa Ju di Ju, chi appunto sente di essere dentro.

J: La peggior domanda che tu mi potessi fare. O la migliore. Negli ultimi dieci anni è stato tutto un continuo cambiamento.

Penso di me che sono migliorata molto sotto il punto di vista dell’autostima e che sono stata saggia a prendermi una pausa in questa prima fase dell’anno per studiare e poter sviluppare meglio la parte collezione.

Autostima, sì, ma che mi è servita anche per individuare senza vittimismo le mie lacune. Sento che sto per rivoluzionare, di nuovo, la mia vita e questo mi rende irrequieta.

Sono una donna che sta imparando a fronteggiare le montagne russe della vita con leggerezza e fermezza. Sono più paziente di prima per molte cose ma sto sviluppando intolleranza verso tutto ciò che viene giudicato su due piedi, strillato e trattato in modo superficiale.

Sto invecchiando insomma, a breve FunkyGranma, ahahaha.

N: Sei una delle prime blogger italiane 2.0. Com’è cambiata la tua percezione del web in questi anni?

J: Tantissimo e non sono sicura che mi piaccia. Troppa velocità, tanto che prediligo ancora lasciare traccia delle cose importanti sul blog anche se pensate per i social perché non amo che i contenuti e i messaggi più pensati vadano a finire nell’oblio totale, il tempo di uno scroll.

Il contenuto ha ceduto all’immagine. Anche le collaborazioni con i brand non lasciano più molto spazio alla creatività di un progetto.

Per quanto mi riguarda sento che sto comunicando l’1% di come e quanto vorrei. Ma sono fatta così, quando non capisco bene cosa sta accadendo entro in fase contemplazione… inutile fare per esserci. Il web è una grande opportunità, mi ha regalato tanto, nella vita privata come sul lavoro, era democratico. Ora vince chi investe di più, in generale. Ma stiamo solo attraversando una fase. C’è ancora molto da fare e credo che le cose costruite sul nulla lasceranno spazio alle cose ben pensate. Rieccoci, parlo come una vecchietta, ahahah.

N: Una delle cose che ti contraddistingue è il tuo stile hiphop (correggimi se sbaglio). Mi chiedevo se fosse una tua passione da sempre o faccia parte di un cambiamento, di un progetto, venuto fuori col tempo.

J: Cerco di non rimanere ancorata al rap anni ’90 che ha scandito gli anni più belli della mia vita e tante amicizie rigorosamente vestite con pantaloni enormi. Questa cultura, nelle sue sfaccettature tra scena francese e italiana, c’è sempre stata e continua ad essere la colonna sonora della mia vita anche se oggi, ascolto di tutto.

Sto abbandonando le tute quando non sono in palestra, ho cambiato totalmente look ma avrò sempre i denti d’oro inside, sempre.

Pochette zzi miei
La pochette “…zzi miei”

N: A un certo punto la tua creatività è esplosa nella collezione FUNKY MAMA: sai già che le pochette …zzi miei mi hanno conquistato fin da subito. Poi dal cilindro hai tirato fuori le t-shirt Ininfluencer, e lì sei diventata il mio idolo (quelli che frequentano il mio blog conoscono la mia frase “L’unica influencer che conosco è mia figlia che ogni anno mi passa l’influenza”). Ci racconti se c’è qualche novità per il prossimo futuro?

J: Non sono propriamente una creativa, ho molto rispetto per i talenti e le competenze, per questo amo specificare. Ho lavorato per molti anni nel settore dell’abbigliamento, tra negozi e showroom, in tutte le sue sfaccettature. Sono stata “quella che apriva la porta e portava i caffè”, quella che piegava in magazzino fino a gestire un negozio piccolo, piccolo.

Ho imparato cose che ora applico al mio negozio, forse si può parlare di intuito, di essere arrivata a 40 anni ad aver sviluppato un gusto personale definito, si può parlare del fatto che mi guardo attorno curiosa ma la creatività è altro.

Posso dirti che finalmente stiamo studiando una nuova borsa ma non è pronta a vedere la luce e che sta per nascere un nuovo accessorio firmato BezPen e FunkyMama che porterà però un nome a parte. Dovremmo essere pronte entro il 10 novembre e scoppio di felicità.

N: A proposito di Influencer, ho ospitato il mese scorso Zuccaviolina, una delle persone che ritengo più autorevoli su Instagram. A lei ho fatto questa domanda, che vorrei girare anche a te:

Ultimamente ci sono molte polemiche riguardo IG. Si dice che è troppo finto, che le vite raccontate sono patinate, che l’algoritmo va sempre peggiorando. Premettendo che io amo tantissimo questo social e sono convinta che come ci sono questi profili “patinati”, ci sono anche tanti profili veri, molto creativi da cui imparo ogni giorno, mi piacerebbe sapere la tua opinione da…  “Ininfuencer”.

J: Che ti devo dire, posso anche darti la mia opinione, mi piace o non mi piace ma la realtà è una sola: piace, piace tanto. C’è chi usa instagram per professione, fanno bene a proporre ciò che piace, devono lavorare. I numeri parlano e i like anche.

Per me sarebbe difficilissimo patinare il tutto ma io lavoro con una nicchia e per me vale il contrario: io non lavoro per aumentare i numeri, lavoro per dre di più a quelli che ho già.  Lavoro per dare di più alle persone che già mi seguono.

Ju funky mama

N: Ho ancora un’ultima domanda per te: c’è qualcosa di te a cui non rinunceresti mai?

J: Le mie radici. Il senso di appartenenza al mondo. I miei nonni materni sono nati in Algeria ed erano di origini italiane e spagnole. Papà è campano. Io sono nata in Francia e appena posso corro sui miei monti dove andarono a vivere i nonni dopo la guerra di indipendenza di Algeria.

Abbiamo parenti sparsi, alcuni con diverse religioni. Credo che le mie radici mi abbiano regalato un’empatia naturale nei confronti delle persone e che mi ricordino ogni giorno che non si può giudicare, etichettare, che ogni singola storia è un universo del quale sapremo solo alcune cose…

Marta Pavia, la Prof di IG dal sapore di Zucca

La bambina che è in me trotterella dalla felicità per l’ospite di oggi.

Questo è l’effetto che mi fa da sempre il profilo di Marta Pavia, per i più Zuccaviolina.

La seguo da quando sono entrata su IG, dalla “porta di servizio”.

Non conoscevo nulla di questo social, eppure mi attirava come la nutella in fondo allo scaffale.

La bacheca di Zuccaviolina era lì, piena di poesia, di dolci sorrisi, e soprattutto avevamo (purtroppo parlo al passato) una cosa tanto bella in comune: una gatta bianca dagli occhi diversi.

La mia Nuvola mi ha lasciato lo scorso San Valentino e, nonostante i sentimenti contrastanti, la sento ancora viva nei gesti e negli sguardi della Zazie di Marta.

Marta Pavia è una vera prof di Instagram.

Ai “Come crescere l’engagement su Instagram” o “Come raggiungere 10K followers in un mese”, lei risponde con “Arredo profili Instagram” e con “Tutti abbiamo dentro storie stupende. Io aiuto a raccontarle con immagini e parole”.

Non suona decisamente meglio?

È lei che mostra con la sua arte come rendere un profilo unico e assolutamente ineguagliabile.

Ma adesso basta con le mie chiacchiere.

Tutta per te, riccioli scuri e occhi blu a rapporto, Marta Pavia.

Enjoy!

Marta Pavia Zuccaviolina 1
Direttamente dal profilo IG di Zuccaviolina*

Intervista a Marta Pavia

N:   Ciao Marta e benvenuta tra le mie pagine virtuali!

Ti va di raccontarci chi è Marta? Intendo non cosa fa, ma chi è dentro, nella parte più profonda di sé…

M:  Sono stata una bimba di campagna che si rotolava nel cortile coi gatti, un’adolescente insicura che si consolava sui tasti del pianoforte, una studentessa del liceo che leggeva le poesie di Edgar Lee Masters ascoltando i Cranberries tutto il giorno.

Ora sono un’adulta che non si sente pienamente tale, amante delle cene tra amici e delle canzoni cantate intorno al tavolo la sera. Visceralmente innamorata delle immagini e di tutti i tipi di storie, e fermamente convinta che tutti ne abbiamo almeno una, stupenda, da raccontare.

N:  Una curiosità: da dove viene Zuccaviolina?

M:  La parola Zuccaviolina è nata in un momento molto particolare della mia vita. Come alcuni di voi sapranno durante l’università mi sono occupata molto di linguistica e antropologia, e per la tesi di laurea triennale ho fatto una ricerca sul campo su un particolare tipo di musica tradizionale del Monferrato (una regione compresa tra le province di Asti, Alessandria e i confini della Liguria). L’oggetto dei miei studi è stato uno strumento musicale tradizionale costruito con una zucca essiccata, che viene usata per modificare il suono della voce ottenendo un timbro buffo molto simile a quello di uno strumento da banda. Se siete curiosi potete guardare questo documentario d’epoca, oppure il video di un gruppo ancora esistente che si esibiva, tre  anni fa, all’expo di Milano.

Quando ho scoperto che esisteva una varietà di zucca chiamata “zucca violina”, mi è sembrato semplicemente il nome perfetto per un’esperta di zucche musicali come me.

Il 9 ottobre 2009 scrivevo su Facebook: “In omaggio all’argomento della mia tesi ho preparato questa torta di zucca e cacao. E nel delirio tesistico ho coniato anche un nuovo nickname per me stessa: Zuccaviolina.” La foto, naturalmente, era orrendamente gialla e vagamente sfocata.

N:  Ti porto indietro di qualche tempo per chiederti com’è stato il primo incontro con Instagram? Qual è stata la molla che ti ha fatto dire: “Ma sì, dai, oggi apro un profilo su questo nuovo social”? Te lo ricordi quel giorno?

M:  Io desideravo ardentemente Instagram, da sempre. Avevo un account su Tumblr e uno We heart it e passavo la giornata a fagocitare centinaia di foto “carine”: tazze fumanti tra le foglie autunnali, flatlay di tablet e smartphone posati sul letto o branditi da ragazze dalle perfette unghie color pastello, casette di tronchi immerse nelle foreste del Montana e decorazioni natalizie a Central Park. Volevo tantissimo dire la mia, sognavo continuamente di essere in grado di scattare immagini che trasmettessero le stesse sensazioni. Nello stesso periodo, compravo le riviste di cucina solo per guardare le foto e per la stessa ragione leggevo decine di food blog. Inutile dire che preparavo le ricette solo una percentuale ridicola delle volte. Quello che mi attirava, pensandoci a posteriori, era il racconto, la suggestione che accompagnava le istruzioni, LA COMUNICAZIONE INDISSOLUBILE DI IMMAGINI E PAROLE, disposte con attenzione in un abbraccio perfetto.

Per concludere la storia, un giorno sono andata con un mazzetto irragionevolmente spesso di banconote a comprarmi l’Iphone 4, suscitando peraltro l’ilarità di un negoziante decisamente poco empatico. La prima cosa che ho fatto, dopo aver acceso lo smartphone, è stato installare Instagram.

N:  Ultimamente ci sono molte polemiche riguardo IG. Si dice che è troppo finto, che le vite raccontate sono patinate, che l’algoritmo va sempre peggiorando. Premettendo che io amo tantissimo questo social e sono convinta che come ci sono questi profili “patinati”, ci sono anche tanti profili veri, molto creativi da cui imparo ogni giorno, mi piacerebbe sapere la tua opinione da “prof”.

Alt= Marta Pavia Zuccaviolina 3
*

M:  Instagram non è altro che un mezzo, le cui caratteristiche possono solo in parte influire su quello che decidiamo di raccontare e sull’impatto che la nostra narrazione ha sugli altri. Lo stesso algoritmo, che per molti è il male assoluto, è in verità un comodo sistema automatico che, pur con qualche defiance, ci permette di vedere i nostri post preferiti anche se seguiamo migliaia di profili. La difficoltà nel raggiungere persone nuove, che effettivamente c’è rispetto al passato, dovrebbe spingerci a curare di più la comunicazione con coloro che già ci seguono, facendola diventare costruttiva, intensa e reciproca.

La questione della spontaneità invece è più complessa. Tutti compiamo un insieme di scelte per selezionare ciò che decidiamo di raccontare. Lo facciamo continuamente, nel momento in cui impostiamo l’inquadratura di una foto e mentre digitiamo le singole parole di una caption. Le foto di occasioni mondane troppo principesche rischiano di allontanare il pubblico quanto quelle sfocate, le scrivanie troppo organizzate possono sortire lo stesso effetto delle didascalie scritte controvoglia. Al concetto di spontaneità sostituirei quello di generosità. Perchè stiamo raccontando il nostro pranzo/viaggio/outfit del giorno? In che modo questo può creare valore nella vita di chi ci segue? Rispondere a questa domanda prima di pubblicare ogni post potrebbe avere un effetto più dirompente di quello di qualsiasi trucco aggira-algoritmo.

N:  Puoi dare qualche consiglio speciale a chi vorrebbe migliorare la sua bacheca per fare un salto di qualità?

M: Guardate tante foto, perdeteci la testa, innamoratevi. Salvatele su Pinterest, su Instagram o ovunque sia comodo per voi. Poi cercate di capire perché vi piacciono. Quali sono le sensazioni che vi suscitano? Con quali mezzi/oggetti/luci ottengono questo risultato? Questo esercizio è utile anche se fatto sulle foto che voi stessi avete scattato e pubblicato.

Per quanto riguarda le didascalie, invece, sforzatevi di notare le cose che ogni giorno vi emozionano, quelle che raccontereste immediatamente a qualcuno di speciale. Scrivetele su una nota del telefono, o se siete dei veri bohemienne, su un taccuino dalle pagine ingiallite. Avrete didascalie già scritte per anni (e forse perfino un romanzo!).

Nell’attesa che ognuno di noi scriva il romanzo sella sua vita tramite le proprie immagini e i consigli speciali di Marta, vi lascio emozionare dando un occhio al profilo IG di Zuccaviolina e al blog di Marta.

Enjoy!

*le foto appartengono a Marta Pavia e sono coperte da copyright

Marco Frattini: un uomo in corsa

Sono sensibile alla brezza del cambiamento.

Se poi ascolto una storia che ribalta le difficoltà in benzina reinventando una vita, ne vengo attratta come una calamita irresistibile.

Questo non perché sia una mitomane ma perché credo profondamente nel valore dell’essere umano e nella sua capacità di trasformare le difficoltà in grandi occasioni, sperimentando qualità che non pensiamo di avere.

E invece le abbiamo.

Perciò prenditi qualche minuto del tuo tempo per leggere questa storia, soprattutto se sei in un momento in cui pensi di non farcela.

Io mi ci ritrovo spesso e per questo cerco di condividere il più possibile esperienze che possano spingerci ad andare avanti laddove pensiamo di non riuscire a proseguire.

Marco Frattini: un uomo che prosegue ogni giorno

Marco Frattini è odontoiatra e musicista.

A trent’anni, improvvisamente, perde l’udito in maniera definitiva e soprattutto ancora oggi “non spiegata”: “Non si è mai preparati abbastanza, soprattutto quando ci si pone in un’ottica di disfacimento”.

Marco si ritrova nel silenzio. Assoluto.

Un amico gli lancia una sfida: “Scommetto che non sei in grado di correre una maratona”.

E Marco decide di raccogliere la sfida.

Da quel momento Marco Frattini non si ferma più.

Tre volte campione italiano di maratona (2010/11/12) e tre volte campione italiano di cross (2009/10/11).

Realizza il primo social network e un’app CiaoRunner dedicata al mondo della corsa.

Fonda Iovedodicorsa, un brand di abbigliamento per i runner.

Scrive non uno ma due libri «Vedere di corsa e sentirci ancora meno» nel 2010 e «Il mio comandamento» nel 2014.

Collabora con Daniele Gambino, pianista, musicologo e compositore, ipoudente dalla nascita.

What else?

Ti lascio all’intervista che Marco Frattini ha deciso di regalarci e di questo lo ringrazio enormemente, perché sono assolutamente convinta che le sue parole ti arriveranno dritte, dritte al cuore, come è successo con me.

Enjoy!

Marco Frattini

Intervista a Marco Frattini

N:      So che sembrerà banale ma sono certa che, in fondo, intuirai che non lo è poi così tanto: perché lo sport?

M:    Perché prima non ci avevo mai pensato, poi scopri che lo sport può essere una scuola di vita. Non è detto che ciò che si da per scontato sia effettivamente chiaro. Io, a scuola non ho mai capito fino in fondo perché ci dovessi andare. Con lo sport, invece, alcuni concetti e insegnamenti mi sono arrivati chiari e senza sconti, nel momento in cui ho finalmente avuto la possibilità di farlo come piaceva a me.

N:      La musica, un brand di abbigliamento, un’app per la corsa, i libri: posso chiederti come mai hai deciso di spaziare in così tante discipline? Non ti faccio questa domanda a caso. Io per prima ma anche molte persone che mi seguono apparteniamo a quella categoria che oggi prende il nome di Multipotential e spesso veniamo criticate perché la nostra società ha una forte esigenza di collocare le persone in caselline, in un data-base. Sembra che per i multipotenziali non ci sia molto spazio, soprattutto nel mondo del lavoro. Cosa ne pensi in base proprio alla tua multi-esperienza?

M:     Può essere un vantaggio e una piaga: una piaga quando non si percepisce l’effettiva dispersione di risorse ed energie che si consumano se non si ha un obiettivo preciso; un vantaggio perché avere interessi molteplici ti lascia molte finestre aperte, spesse volte dopo che tante porte vengono chiuse ovviamente.

N:       Definisci la tua sordità “antropologicamente ancora non spiegata”. Posso chiederti cosa vuol dire esattamente e come hai vissuto tu questa “inspiegabilità”?

M:     Dovrei farti un riassunto di 42 anni della mia vita in 10 righe. Qualcuno prima di me affermò: “panta rei”. In parole povere: ancora ci penso.

N:       Mi incuriosisce molto il fatto che tu riesca a “fare musica”, nonostante non riesca più a sentire la melodia. Potresti raccontarci qualcosa di più?

M:     Suonare è un riflesso condizionato dopo tanti anni trascorsi a divertirmi con la musica. Al lato pratico, indipendentemente dalla qualità di ciò che possa effettivamente produrre suonando o cantando, trovo ancora gusto a imbracciare uno strumento e a cantarci su.

N:       E adesso? Dove ti porterà il futuro?

M:     Mi auguro di dare sostanza a tutte quelle cose che ho messo in porto: siamo sempre all’inizio di una nuova partenza. Si sa da dove si è partiti e non si sa mai dove si possa arrivare.

N:      C’è qualcosa che ti senti di dire ad una persona che tutt’a un tratto, si è trovata costretta a ribaltare le sue priorità a causa di un incidente o di una malattia improvvisa?

M:     Non credo. Mi piace parlare e raccontarmi, ma ogni esperienza è personale e ha bisogno dei suoi tempi e delle sue modalità per reagire e uscire dallo stallo.

“Perdere l’udito a trent’anni non è un tragedia. Non è la cosa che tutti sognano, ma sarebbe andata peggio se per esempio avessi perso la capacità di reagire.

Mi è andata bene”.

Marco Frattini

*le foto in questo articolo sono di proprietà di Marco Frattini e sono coperte da copyright

Il “mondo” al contrario di Tlon

Di solito, dietro ogni mia intervista, c’è una persona che ha attuato un cambiamento importante nella propria vita.

E a questo cambiamento interiore è seguito un cambiamento nell’ambiente esterno.

L’intervista di oggi va un po’ oltre. Rappresenta il passo successivo.

Invece di riguardare una sola persona, ha a che fare con un gruppo di persone che a partire da un’idea hanno creato una realtà.

Sto parlando di Tlon.

Per chi non la conoscesse, Tlon vuol dire: conferenze, libreria, teatro, formazione… e molto altro.

Io li ho conosciuti frequentando un corso di Igor Sibaldi. Mi sono piaciuti subito e così ho deciso che volevo assolutamente intervistarli per te.

tlon libreria
La libreria di TLON

Tlon tra passato, presente e futuro

Passato e presente

N: In questo blog ci tengo tantissimo a dare massima attenzione all’essere umano e alle sue potenzialità. Ecco perché la prima cosa che vi chiedo è: Chi è Tlon (non che cosa)? O meglio chi c’è dietro Tlon? Raccontateci un po’ di voi…

T: Tlon nasce nel 2015 da un’idea di Andrea Colamedici, Maura Gancitano (nella foto di copertina dell’articolo) e Nicola Bonimelli, che condividono l’interesse per la filosofia, la spiritualità e la vita sostenibile, e che nel tempo hanno coinvolto nel progetto altri otto amici, quasi tutti giovani tra i 20 e i 35 anni laureati in filosofia. È per questa ragione che il lavoro quotidiano in Tlon non ha nulla a che vedere con la produzione, piuttosto con il perseguimento di uno scopo comune. Lo sviluppo del progetto è direttamente proporzionale allo sviluppo personale delle persone che ci lavorano. Cerchiamo di essere presenti l’uno per l’altro e di cercare di capire quali sono le meccaniche che si instaurano tra di noi, per migliore il lavoro e noi stessi.

Tlon vuole essere un’idea in movimento: ecco perché all’inizio ci occupavamo soprattutto di organizzazione di eventi, a inizio 2016 abbiamo dato vita alla casa editrice e a ottobre dello stesso anno è nata la Libreria Teatro a Roma, in zona Garbatella.

N: Ho letto sul vostro sito che Tlon è ispirato al “mondo nuovo” di Borges. Ci spiegate meglio per chi non conosce Borges di cosa si tratta e perché vi siete ispirati a questo pianeta immaginario?

T: Tlon prende il suo nome dal racconto di Borges, ​Tlön, Uqbar, Orbis tertius, per certi versi inquietante. L’autore racconta infatti della scoperta di un mondo inventato da un gruppo di scienziati, filosofi, mistici e intellettuali, che si sostituisce al mondo vero. Il linguaggio finto di Tlon prende il posto di inglese, francese e spagnolo, e Borges rimane l’unico a rendersene conto, mentre gli altri adottano l’Enciclopedia senza accorgersi di stare dimenticando il mondo vero. Qualcosa di simile sta succedendo oggi, con la semplificazione del linguaggio, della comunicazione e del pensiero che la vita virtuale ci sta imponendo, e di cui pochi si accorgono. Ci chiamiamo Tlon perché talvolta “la verità può essere detta solo sotto forma di bugia”, come dice G. I. Gurdjieff: per affermare l’importanza del mondo vero, della filosofia, del pensiero complesso prendiamo il nome di un mondo falso.

il teatro di Tlon

Il futuro

N: Vi va di raccontarci 3 vostri progetti, a breve, a medio e a lungo termine?

T: Cominciamo dalla casa editrice: da settembre inizieremo a occuparci di poesia. Non lasceremo ovviamente la nostra vocazione verso i libri di filosofia (lo dicono anche Maura e Andrea nel bellissimo Lezioni di meraviglia, appena uscito: il filosofo è un poeta). La collana si chiamerà Controcielo, come la raccolta poetica di René Daumal, l’autore del Monte Analogo. Il primo autore sarà Ben Lerner, scrittore e poeta americano contemporaneo, tra le voci più nuove e importanti della cultura occidentale. La scommessa dietro a questo progetto è quella di ridare alla poesia l’importanza che ha sempre avuto e che ora forse si è un po’ persa. Ci piace dire che i nostri sono libri pericolosi perché come dice Hölderlin, dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva.

​Per quanto riguarda gli eventi, questo è stato l’anno della Scuola di Filosofia e Immaginazione tenuto da Maura e Andrea: un ciclo di incontri su autori cardine del nostro immaginario. Senza voler svelare troppo possiamo dire che da questa esperienza stiamo costruendo un’intera università dell’immaginazione​ dove si alterneranno materie e corsi diversi: dalla filosofia alla drammaturgia, dalla letteratura alla spiritualità. È la naturale evoluzione del progetto.

Infine, la Libreria Teatro Tlon, pur essendo un progetto molto giovane, è già in ampliamento. Il palco della libreria ospiterà i più grandi attori della scena romana e italiana, con un nuovo cartellone curato dalla nostra drammaturga Matilde d’Accardi. Continueremo a occuparci delle tlonferenze, portando sul palco scrittori italiani per fare del libro un’occasione di confronto e riflessione, e a farne spazio di relazione tra gli amanti della narrazione.


Per scoprire tutte le iniziative di Tlon, dai un occhio al loro sito www.tlon.it

E se sei a Roma, ti consiglio di fare un salto nella loro libreria. Sono certa che farai delle piacevoli scoperte.

Viaggio senza barriere: la storia di Simona Anedda

Simona Anedda è una ragazza del ’74.

Viaggiatrice da sempre, prima per piacere, poi per lavoro.

Nel 2012 le hanno diagnosticato una malattia nota come Sclerosi Multipla.

E quando il medico le ha detto: “È meglio che rimanga a riposo e lontana dal caldo”, la sua risposta è stata: “E se partissi per il Brasile, come la vede?”.

Da allora, nonostante la malattia progredisca e le difficoltà a camminare, respirare, a muoversi liberamente aumentino, Simona viaggia.

Dopo il Brasile c’è stata l’Islanda, poi Miami, poi l’India.

Le nostre vite “virtuali” si sono incrociate proprio mentre pensavo a una nuova storia da condividere con te. E sono assolutamente certa che le sue parole possano incoraggiare tutte/i noi che abbiamo qualcosa che ci impedisce di andare verso i nostri desideri profondi.

La sua è una malattia degenerativa, per qualcun altro può essere una prigione interiore. Non voglio fare paragoni né dare giudizi perché credo che la sofferenza sia sofferenza indipendentemente dalla tipologia.

Vi lascio alle parole di Simona Anedda e mi auguro che possiamo supportarla nel suo desiderio di continuare a viaggiare perché la sua è una missione che vale la pena sostenere, non solo per lei.

Ogni persona può essere protagonista di un grande cambiamento nel mondo, ma più persone unite con lo stesso intento, producono un cambiamento radicale e più in fretta. Non ho dubbi su questo.

Simona Anedda

Intervista a Simona Anedda

N: Mi ha colpito il racconto di quando hai scoperto della tua malattia e hai annunciato al tuo medico che saresti partita subito. Chissà in quanti ti avranno detto: “Hai bisogno di riposo”, “Rimani qui con noi”. Immagino soprattutto per una questione di affetto e di volersi prendere cura di te. Come hai risposto a questo tipo di perplessità?

S: Io ho sempre viaggiato da sola, anche prima della malattia. Così le persone care erano abituate.. possiamo dire che “sanno di che pasta sono fatta”. Tra l’altro all’epoca camminavo ancora, anche se male. La valigia è stata il mio bastone.

N: Ti posso chiedere: perché il viaggio… e non qualunque altra azione?

S: Perché sono sempre stata un’appassionata di viaggi. E secondo me è giusto che anche con la malattia ognuno prosegua con le proprie passioni. Ora quando viaggio non penso alla malattia, mi distraggo e mi lascio coinvolgere dai luoghi e dagli incontri, ma soprattutto mi sento libera.

N: Da quel che ho capito, sei rimasta in India a lungo. Cosa ti ha colpito particolarmente di questo paese?

S: Sono arrivata in India il 20 gennaio. Ho letto molti libri di Tiziano Terzani, mi piaceva l’idea di ripercorrerne i luoghi. Non essendo una persona spirituale sentivo il bisogno di andare in un posto dove potessi sviluppare questo mio lato. E l’India è il Paese più spirituale al mondo. Ho provato con yoga e meditazione e purtroppo non ci sono riuscita. Però ho trovato tantissima gente che ha detto che pregherà per me.

Simona Anedda in viaggio

Ostacoli da superare

N: Dal punto di vista meramente pratico, hai trovato molte difficoltà? E se sì, come le hai affrontate?

S: È ovvio che ostacoli ce ne siano stati e ce ne sono tanti. A dire il vero ce ne sono anche quando esco da casa mia a Roma. Però gli ostacoli si possono superare. Anche perché in India ho trovato tante persone gentili che mi hanno sempre prontamente aiutata. Non ho viaggiato solo su strada. Ho preso la barca sul Gange, ho visitato i Ghat (famose scalinate di Varanasi). Sono stata persino accompagnata a visitare il tempio di Brahma in braccio. L’unica delusione? Il Taj Mahal. In quella occasione mi sono sentita umiliata, mi hanno sbattuto in faccia la mia disabilità. Ma spero che la sfortunata esperienza apra la strada al prossimo turista come me.

N: Qual è la tua prossima meta?

S: Dall’India mi sono spostata in Nepal ed attualmente mi trovo in Indonesia. Progettavo la Groenlandia ma, grazie ad un incontro fortunato, forse potrei anche fare una tappa in Canada. Stiamo a vedere!

N: Mi piacerebbe sapere se c’è un modo in cui possiamo sostenerti.

S: Facendo conoscere la mia storia a più persone possibili, così da far diventare la mia passione un lavoro che mi permetta di continuare a viaggiare. Voglio documentare la mia quotidianità, segnalando il grado di accessibilità dei luoghi che visito, suggerire soluzioni per superare le difficoltà che incontro, in modo da trasmettere il coraggio di viaggiare a chi pensa che la disabilità sia un limite insuperabile.

Namastè


Sono convinta che non servano altre parole per comprendere l’importanza del viaggio che Simona Anedda sta intraprendendo… per capire che sta aprendo la strada ad altre persone… per trasformare le barriere fisiche e mentali.

inviaggioconsimona.org è il sito per seguirla e sostenerla. Che ne dici di fare il tifo per lei in massa?

Simona Anedda nel suo viaggio senza barriere