Ferite dell’anima: cicatrici che cambiano la vita

Immagine copertina ferite dell'anima

Ci sono ferite dell’anima che solo le cicatrici del corpo fanno emergere.

Un anno fa subivo un piccolo intervento, di quelli che il medico ti dice: “Vai tranquilla, entro 7/10 giorni torni in pista”, per poi rettificare una settimana dopo: “Mi sa che tu sei una che non cicatrizza”.

Tu sei una che non cicatrizza”???!!!!

E no, non cicatrizzo facilmente.

Lo so da quando ho preso la varicella a 20 anni e ci ho messo quasi un anno a far venir via i bozzi che la malattia mi aveva lasciato ovunque.

Quella cicatrice, dopo un anno di creme e attenzioni continue, si sta finalmente sbiancando ma resta lì, indelebile come un tatuaggio a ricordarmi che il mio corpo è cambiato… e forse non in peggio.

Già… perché si va dai chirurghi plastici per togliere i difetti ma a me piace pensare che quei difetti sono miei e mi rendono unica al mondo.

Perché dovrebbe essere diverso per le ferite dell’anima?

Ferite dell'anima
In questa foto la cicatrice era ancora coperta dalla medicazione e dalla mia mano sinistra

Le ferite dell’anima ti cambiano

È vero, fanno male le ferite, sia la ferita fisica sia la ferita dell’anima.

E ti cambiano profondamente come il taglio del bisturi del chirurgo che va in profondità nella pelle.

Ti ricordano la sofferenza dell’anima, quei momenti che, di primo acchito, vorresti cancellare.

Che poi ti dici: “Ma davvero mi hanno cambiato in meglio? Davvero ne avevo bisogno? Non stavo tanto meglio prima?”.

Non so rispondere a questa domanda, non alla tua ovviamente ma, se la pongo a me stessa, posso dirti che, sebbene non sia certa che mi abbiano cambiato in meglio, sicuramente mi hanno fatto passare oltre, mi hanno fatto fare un salto da un dirupo all’altro e ora non posso tornare indietro.

Sono una forte sostenitrice del qui e ora perciò quello che mi chiedo con gli eventi che mi capitano è:

Cosa posso farci adesso con questa cosa qui?”.

Guarire le ferite emotive

Posso iniziare con l’accettarla, con l’accettare il mio corpo che cambia, con l’accettare la mia mente e il mio modo di vedere le cose che mutano.

Posso iniziare a dirmi che, se alla fine sono qui adesso, così come sono, ci può essere qualcosa di guadagnato…

… che quelle ferite lì, quelle cicatrici sono parte integrante di me e che, finché non mi occupo di guarirle, non farò altro che mettere da parte me, senza assaporare il nuovo futuro che mi aspetta.

E allora: come curare le ferite dell’anima?

Le 5 ferite dell’anima e come guarirle

Una volta che abbiamo capito infatti di averle e le abbiamo riconosciute, la domanda è:

Come guarire le ferite dell’anima?

Te lo racconto attraverso un libro che la settimana scorsa, riflettendo e studiando per questo post, mi è saltato all’occhio, un libro non recente ma di cui non avevo mai sentito parlare.

Sto parlando de Le 5 ferite e come guarirle.

L’autrice Lise Bourbeau, partendo dalla teoria delle cinque ferite dello psichiatra greco John Pierrakos, mostra come ognuno di noi nel corso della sua infanzia abbia accumulato una o più ferite dell’anima e spiega come guarirne.

Lise Bourbeau, in linea con il Buddismo, sostiene che noi scegliamo il luogo, la situazione e la famiglia in cui nascere per risanare certe ferite che ci portiamo dietro dalle vite passate.

Che credi o no alla reincarnazione, ti consiglio di dare il beneficio del dubbio al libro della Bourbeau e adesso ti racconto il perché.

Come riconoscere le 5 ferite dell’anima

Anche se tu dici a te stesso – non voglio più vivere questa situazione – essa si ripresenterà;
bisogna consentire a se stessi di poter ripetere lo stesso errore, la stessa esperienza sgradevole, prima di riuscire a trovare la volontà e il coraggio necessari per trasformarsi.
”*

E c’è una grande differenza tra rendersene conto con la mente e accettare con l’anima.

Questo concetto per me è chiarissimo.

Quando non voglio più qualcosa nella mia vita, infatti, cerco con varie strategie mentali di modificare i miei pensieri e i miei conseguenti comportamenti, ma la tal cosa non cambia, anzi ritorna come un gustosissimo e indigesto piatto di peperoni.

E sai perché? Perché quella cosa non l’ho cambiata dentro.

Lise Bourbeau dice che noi ce le andiamo a cercare nel senso letterale del termine: andiamo verso alcune situazioni (quelle che ci fanno esprimere sconsolate/i: “Ma davvero? Di nuovo?”) proprio per risolvere ed evolvere.

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Quali sono le 5 ferite dell’anima?

La teoria della Bourbeau si basa sull’esperienza del bambino nei primi anni di vita e, secondo la Bourbeau, le cinque ferite dell’anima da cui arrivano tutte le nostre sofferenze sono:

  • rifiuto
  • abbandono
  • umiliazione
  • tradimento
  • ingiustizia.

A ognuna di esse corrisponde una maschera che il bambino indossa per proteggersi dagli altri ma soprattutto da quello che non vuole affrontare né, di conseguenza, mostrare agli altri.

Vediamole una ad una.

1 – La ferita del rifiuto

Partiamo dal rifiuto, la ferita di chi si sente respinto, non voluto.

La maschera corrispondente è quella del fuggitivo, di chi per l’appunto vuole sparire, non farsi vedere.

Persino le sue caratteristiche fisiche ricordano chi vuole scomparire, è magrissimo, con occhi minuscoli, ed è il classico bambino che non dà problemi, che pensa persino di essere stato adottato.

Ricerca la perfezione pur di farsi amare dagli altri ed è decisamente un solitario.

Ritiene di non essere importante, che le sue parole non siano degne di una platea, anche minima.

2 – La ferita dell’abbandono

L’abbandono è la ferita di chi viene lasciato a casa dalla mamma che deve lavorare, o che si deve occupare di un figlio che “ha più bisogno” di lei.

Chi si sente abbandonato ha un disperato bisogno di affetto e questo lo rende dipendente.

Fisicamente ha occhi grandi tristi, la schiena curva, si sente vittima e vorrebbe l’attenzione che il genitore non gli ha dato.

Vuole disperatamente il sostegno degli altri ma, contemporaneamente, vuole essere considerato una persona indipendente (com’era quel proverbio: “il bue che dice cornuto all’asino”?).

Non ama le persone autoritarie ed è estremamente empatico, quasi dovesse occuparsi della felicità degli altri come missione personale.

3 – La ferita dell’umiliazione

Rimproveriamo agli altri tutto ciò che noi stessi facciamo e non vogliamo vedere. Per questa ragione attiriamo a noi persone che ci mostrano che cosa facciamo agli altri o a noi stessi.”*

Chi si sente umiliato, si sente anche sminuito e, in primis, cercherà di umiliare i suoi genitori.

La maschera dell’umiliazione è il masochista, sì, sto parlando proprio di quelle persone che quasi godono nel procurarsi sofferenza.

Sono persone con una forte componente di vergogna e, anche per questo, tendono ad ingrassare.

Fanno di tutto per aiutare gli altri e hanno bisogno di tenere le cose sotto controllo per paura di essere ferite dagli altri, per nascondere la propria sofferenza.

Sono persone che tengono profondamente alla loro libertà perché non vogliono essere controllate ma la libertà è anche la loro più grande paura perché non saprebbero come gestirla.

4 – La ferita del tradimento

Non è ciò che vivi che ti fa soffrire, bensì la tua reazione a ciò che vivi, a causa delle ferite
non guarite.
”*

La ferita del tradimento riguarda le persone tutte d’un pezzo convinte che, quando dici una cosa, devi rimanere coerente a quella cosa e, se la persona che hanno di fronte esce da questo cerchio della fiducia, ci mettono su una bella croce: “Basta, quello mi ha tradito!”.

Lise Bourbeau dice che, chi soffre di questa ferita, sviluppa il complesso di Edipo, la necessità di essere amato dal genitore di sesso opposto.

La sua maschera è quella del controllore: controlla di aver mantenuto le proprie promesse ma controlla anche che gli altri lo facciano. È una persona estremamente attaccata alle sue convinzioni e idee e cerca di convincere anche gli altri.

Pretende molto da se stessa e da chi la circonda e fa una fatica enorme a delegare perché, pur volendo a tutti i costi la fiducia degli altri, degli altri non si fida affatto.

5 – La ferita dell’ingiustizia

L’ingiustizia è la sofferenza di chi non si sente apprezzato abbastanza.

La maschera corrispondente è la rigidità.

I rigidi “sembrano” freddi, sono efficaci e fanno di tutto per non chiedere mai aiuto. Il merito è il loro mantra. Sono persone inclini alla religione, si mettono sempre in discussione e sono super esigenti.

Riconoscere le ferite dell’anima in noi

Non so tu ma io mi sono ritrovata in quattro di queste cinque ferite.

Sì, perché non è che siamo solo dipendenti o solo controllori, possiamo avere due, tre e persino tutte le cinque ferite.

Magari una prevale sull’altra e, se siamo oneste/i, sappiamo bene qual è quella che non riusciamo proprio a cambiare.

Ferite dell’anima come guarire

Perché il punto alla fine è proprio questo: come si curano le ferite dell’anima?

Secondo Lise Bourbeau per prima cosa bisogna riconoscerle e accettarle.

Bisogna guardarle in faccia e non pensare di dover “cambiare” ma semplicemente di curare e guarire quelle ferite.

Spesso per paura di riviverle, non facciamo che peggiorare la situazione. Un po’ come quando si dice “rigirare il coltello nella piaga”.

Ecco, in questo siamo brave/i, vero?

Ma in tal modo non facciamo altro che riaprire la ferita e ingrandirla un pochino di più.

Invece tocca solo a noi curare le ferite dell’anima.

Prendiamoci cura delle nostre cicatrici

Se infatti abbiamo cura delle nostre cicatrici, come quando mettiamo su la crema cicatrizzante tre volte al giorno, per n mesi, allo stesso modo, osservare, accettare e perdonare saranno la crema cicatrizzante delle nostre ferite dell’anima.

Nasconderle non serve a nulla, anzi.

Serve lasciare il giudizio da parte, comprendere che abbiamo quella cicatrice dell’anima per un preciso motivo e darsi del tempo per guarire completamente.

Lise Bourbeau sottolinea l’importanza della gratitudine verso noi stesse/i per “aver avuto il coraggio di creare e alimentare una maschera che ha contribuito alla tua sofferenza”*, perché quella maschera, quella sofferenza in verità sono lì per ricordarci che dobbiamo imparare ad amarci così come siamo e sarà proprio quell’amore, infine, a guarirci completamente.

Amarti significa accettarti anche se fai agli altri precisamente ciò che rimproveri loro…
L’amore è l’esperienza di te stesso… più ti consenti di tradire, rifiutare, abbandonare, umiliare, essere ingiusto, meno lo farai.
”*


E tu che ne pensi? Ti ritrovi in qualcuna di queste ferite?

*Tutte le citazioni in questo articolo sono riportate fedelmente dal libro Le 5 ferite e come guarirle. Rifiuto, abbandono, ingiustizia, umiliazione, tradimento, di Lise Bourbeau, Ed. Amrita.

La forza della fragilità, un libro di Brené Brown

Qualche tempo fa ti parlai di un’ironica ricercatrice texana e del suo meraviglioso TED sulla vulnerabilità.

Sapevo che, prima o poi, sarei stata pronta ad approfondire.

Così nella mia ultima tornata di book shopping senza se e senza ma, ho messo nel carrello La forza della fragilità di Brené Brown.

Nell’istante subito successivo averlo ricevuto, l’ho incastrato nella libreria senza neanche aprirlo.

Non perché non fossi pronta a leggerlo.

Volevo un tempo giusto da dedicargli, un tempo suo.

E ho scelto l’estate.

Ho volutamente deciso che non avrei portato in vacanza il computer perché, dopo un luglio altamente digitale, volevo fare un po’ di detox e dedicarmi alla buona e vecchia carta.

Era arrivato il momento giusto.

E gli ho dedicato il tempo giusto.

I primi giorni di Settembre lo avevo finito ma ero consapevole che una lettura non fosse abbastanza. Volevo scolpire ogni parola e argomento nel mio cuore prima che nella mia mente.

Ancora adesso è sul mio comodino per ribadire a me stessa in maniera continuativa alcune sfumature con il desiderio profondo di renderle mie.

Ma andiamo per ordine.

La forza della fragilità recensione

La forza della fragilità di Brené Brown è un libro pregnante, intenso, che parla di amore, di empatia, di perdono.

Per la vastità di questi argomenti, ho scelto appositamente di raccontarti solo alcuni passaggi del libro e di riportarti un numero adeguato di citazioni con il preciso intento di rimanere fedele al messaggio della Brown.

Mi auguro che tu decida di leggerlo, sia che ti senta fragile sia che non ti sia mai permessa/o di esserlo.

La forza della fragilità: 4 punti su cui riflettere

1 – Le persone fanno del loro meglio

Sii sincera/o e rispondi di getto a questa domanda:

Per te ogni persona al mondo fa del suo meglio?

Non so cosa tu abbia risposto ma a me questo punto ha mandato letteralmente in crisi.

Come primissima risposta, ho sinceramente pensato: “Beh, dai, non facciamo i buonisti. Forse non proprio tutti fanno del loro meglio”.

Ma poi ho continuato a leggere e ho scoperto altro.

Brené Brown, mentre cerca di rispondere a questa domanda in prima persona, la rivolge in un momento di forte emotività alla sua analista.

Risultato? Spiazzata!

Sì, spiazzata da una risposta che, immagino, avrebbe spiazzato la maggior parte di noi:

Non sono in grado di risponderti. So solo che vivo meglio quando do per scontato che gli altri ce la mettano tutta. Mi permette di non giudicare e mi aiuta a pensare al presente, senza perdermi in inutili supposizioni”.*

Essendo una ricercatrice e avendo fatto della vulnerabilità la sua materia di studio più importante, Brené Brown approfondisce e raccoglie dati sull’argomento arrivando a dire che:

Le persone comprensive e indulgenti manifestano sempre i propri bisogni, dicono di no quando è necessario e di sì quando sono convinte. Sono indulgenti perché i loro paletti le salvano dai risentimenti”.*

Per paletti la Brown intende elenchi di ciò che per noi è corretto e di ciò che non lo è.

Io, per esempio, sono una di quelle persone a cui non è mai stato insegnato a proteggersi o a mettere paletti. Un grandissimo disastro, te lo assicuro. Perciò ho dovuto imparare da grande e poi, grazie al mio lavoro di Counselor, a insegnarlo agli altri.

La Brown prosegue:

La benevolenza e la nobiltà d’animo non autorizza gli altri ad approfittare di noi, a trattarci scorrettamente, a mancarci di rispetto di proposito, o a farci del male… dare il beneficio del dubbio, ma senza mettere dei paletti, è la ricetta giusta per creare risentimenti, incomprensioni e giudizi.”*

Insomma viene fuori che chi è veramente indulgente e benevolente crede che ogni persona fa del suo meglio ed è proprio stabilendo bene quali e quanti paletti mettere che si diventa consapevoli, responsabili e sicure/i di sé.

La chiave del suo discorso sta in questa frase:

Nel momento in cui al coraggio di manifestare ciò che per noi va bene e ciò che non va bene uniamo la nobile supposizione che gli altri facciano del loro meglio, la nostra vita cambia.”*

Lo so che, a prima lettura, può sembrare una contraddizione ma pensaci bene, pensa alla storia e alle persone che veramente sono state e sono compassionevoli: non si fanno mettere i piedi in faccia, sono coraggiose, dichiarano con forza i loro valori e sono inequivocabilmente accoglienti.

Alla fine anche io ero d’accordo con l’analista di Brené Brown ma soprattutto mi sono ricordata una cosa che il Buddismo mi ha insegnato tanti anni fa e che tendo quotidianamente a dimenticare: le altre persone, il nostro ambiente, sono lo specchio di come noi percepiamo e trattiamo noi stesse/i.

Sono io per prima che devo rispettare e dare valore al mio tempo, al mio lavoro, alla mia persona.

E forse sono proprio questi paletti che, spesso mi dimentico di porre, che mi possono aiutare ad amarmi e rispettarmi.

Adesso ti rifaccio la domanda: per te ogni persona al mondo fa del suo meglio?

2- Fallimento

Altro argomentino niente male. Vero?

Al di là del concetto di “perdente” che, sia chiaro, è bandito tra queste pagine, c’è una grande differenza che spesso non valutiamo e che, da brava ricercatrice, la Brown analizza nel significato e nell’impatto su di noi: la differenza tra “Io ho fallito” e “Sono un fallito”.

Il pericolo più grande del fallimento è sentirsi impotenti perché questo ci rende dannose/i per noi stesse/i e per le persone che vivono intorno a noi.

Ma il punto è che noi diamo alla parola “potere” una connotazione quasi esclusivamente negativa.

Se, come dice Brené, valutassimo il potere secondo le parole di Martin Luther King che lo equipara a “La capacità di raggiungere degli scopi e di effettuare dei cambiamenti”*, capisci bene che quel potere va ricercato ed alimentato, anziché denigrato, perché, utilizzandolo in questa forma, non saremmo fallite/i anche se qualche volta avremo fallito.

Quello che davvero conta, secondo Brené Brown, è quanto ci abbiamo messo impegno, quanto siamo rimaste/i fedeli ai nostri paletti perché non è la perfezione che va ricercata, anzi bisogna “autorizzarsi a essere imperfette e al contempo a sentirsi adeguate!”.*

La forza della fragilità libro di Brené Brown

3- Senso di identità

Chi siamo? Ma chi siamo davvero, intendo?

Quella parte di noi che non dipende dai nostri genitori, dalle nostre esperienze, quella parte di noi che era alla nascita e che c’è, lì dentro, anche se noi o i traumi l’hanno sepolta.

Un punto che mi è molto caro.

Del resto questo blog non avrebbe il nome che ha altrimenti.

Ho passato anni a lottare tra quella parte di me, quella autentica, e quella che gli altri volevano che io fossi.

Ho passato anni, tra l’altro senza riuscirci, a cercare di identificarmi, di incasellarmi in qualche data base solo perché in questo modo “si lavora di più”, “ti amano di più”, “ti accettano di più”.

Finché non ho scoperto che non c’era niente da definire, che io sono una multipotenziale, che come dice la Brown citando Walt Whitman: “Sono vasto, contengo moltitudini”.* E non potrei essere altro che questo.

Per accettarci e volerci bene per come siamo, dobbiamo rivendicare la maternità di quelle parti di noi stessi che abbiamo reso orfane nel corso degli anni e rientrare in comunione con esse”.*

Ogni giorno mi rendo conto che in un mondo che tende a uniformare e rendere tutte/i uguali, fare questo è davvero complicato.

Ma tempo fa mi sono fatta una promessa, quella di rimanere sempre fedele a me stessa e, se anche non ci riesco tutte le volte perché “fallisco” e “non sono perfetta”, faccio davvero del mio meglio per andare in quella direzione, per essere la persona che sono destinata ad essere.

E credimi, è un altro vivere!

4- Rivoluzione

Questo è un altro concetto che ho ritrovato nella Brown e che è una pietra miliare del Buddismo: la rivoluzione.

Che non è una rivoluzione armata, violenta, ma è la rivoluzione dell’essere umano.

Una rivoluzione che parte da ogni singola persona e si propaga proprio perché siamo e saremo sempre collegati: ti ricordi quando ti parlai della rete di Indra?

Dice Brené Brown: “È un movimento silenzioso, che parte dal basso basandosi sul concetto che la storia di ciascuno di noi conta perché ciascuno di noi è importante… un movimento alimentato dalla libertà di non dover più fingere che sia tutto a posto anche se non lo è”.*

La forza della fragilità: le mie conclusioni

Da anni sono convinta che noi possiamo creare il cambiamento che vogliamo, che abbiamo il potere di rendere questo cambiamento reale.

Ci viene inculcato che non è così e i media non fanno che ricordarcelo, ma se siamo oneste/i con noi stesse/i, sappiamo benissimo che hanno torto.

Sappiamo che abbiamo in noi un potere incommensurabile e che questo potere si moltiplica se creiamo e alimentiamo il collegamento tra noi, tra esseri che credono, che vogliono usare questo potere.

Non parlo di magia o di strane energie impalpabili. Parlo di fatti concreti.

Sono certa che anche solo una volta nella vita hai percepito questo potere e tutte le mie parole in questo blog, i libri che ti propongo, il mio modo di viaggiare, le interviste, persino i prodotti approvati per voi (visto che non credo nella separazione tra materia e spirito), vanno nella direzione di alimentare quel potere.

Dobbiamo amare il prossimo non per ciò che potrebbe essere ma per ciò che è. E questo vale anche per noi stessi quando ci autodemoliamo, dobbiamo ricordare a quell’insolente vocina che ce la stiamo mettendo tutta.”*

*tutte le citazioni sono tratte dal libro “La forza della fragilità”, Brené Brown, Vallardi Editore.

Philippe Petit: il funambolo dal Crimine Perfetto

Ebbene sì. Ho avuto bisogno di tempo.

Perché il bel libro di Philippe Petit che, a una prima lettura, può sembrare “semplice”, leggero, va invece sorseggiato, metabolizzato.

Almeno nel mio caso è stato così.

Ho acquistato Creatività, il crimine perfetto mesi fa in preda a uno dei miei raptus da book-shopping sfrenato e l’ho letto anche abbastanza velocemente.

La scrittura è scorrevole, il tono decisamente invogliante, il messaggio catturante.

Ma poi, quando ho deciso di scriverne un articolo, il mio atteggiamento così immediato e veloce ha subìto uno stop.

E quando la mia mente (come il mio corpo) invia questo genere di messaggi, ho imparato ad ascoltarli e a fermarmi.

Ma andiamo per ordine.

Iniziamo dall’autore, anche se non credo abbia bisogno di presentazioni.

Philippe Petit funambolo doc

Francese di nascita, newyorkese d’adozione, Philippe Petit è cresciuto tra un gioco di prestigio e una fune appesa a… qualcosa.

È la strada il luogo in cui si sente a suo agio e dove inizia il suo percorso di artista.

“Criminale” per sua stessa definizione, fu espulso da ben cinque scuole, e forse fu in quella sua adolescenza anti-scolastica che germogliarono le idee per quelli che sono diventati i suoi “colpi” più famosi: la traversata dei campanili di Notre-Dame a Parigi, l’Harbour Bridge a Sydney, le cascate del Niagara.

Ma senza ogni ombra di dubbio il suo “crimine perfetto” rimane la traversata delle torri gemelle del World Trade Center a New York (con un’altezza che superava i 415 metri da terra).

Era la mattina del 7 agosto 1974 e Philippe Petit realizzava un “colpo” che aveva studiato meticolosamente da anni.

Se non l’hai visto, ti consiglio il film The Walk scritto insieme a Robert Zemeckis. Racconta molto bene questa impresa.

Oggi è Artist-in-Residence nella Cattedrale di Saint John the Divine, la mia chiesa newyorkese del cuore, e continua a organizzare colpi per la sua attività di “fuorilegge”.

Interno creatività Philippe Petit
Petit Philippe – il suo libro

Creatività il crimine perfetto

È Philippe Petit stesso a definirsi “fuorilegge”.

Nella bellissima “Riflessione preliminare” di Creatività, il crimine perfetto, che per quanto mi riguarda vale da sola tutto il libro, racconta di come… “Il creatore deve essere un fuorilegge, non nel senso del criminale ma piuttosto un poeta che esercita la ribellione intellettuale.”*.

Petit considera questo libro come un vero e proprio “complotto” e chiede a chi legge di divenirne complice.

Sono assolutamente certa che abbia già catturato il tuo interesse, vero?

Niente è a caso

Essendo un artista, ci si potrebbe aspettare un libro scritto di getto, ricco di creatività allo stato puro.

Senza dubbio c’è anche questo in Creatività, il crimine perfetto, ma Philippe Petit è un artista che ha metodo.

È scrupoloso.

È minuzioso.

È un artista che studia nel dettaglio e persino in questo suo libro nulla è scelto a caso.

Per esempio…

Blu libro Philippe Petit Creatività

Il blu

L’azzurro è il mio colore preferito, da sempre. In tutte le sue sfumature dall’azzurro cielo al blu notte. Mi restituisce un senso di leggerezza, di apertura che nessun altro colore mi dà.

Perciò ho visto come un segno mistico la pagina che vedete nella foto qui in alto.

Il Blu è il colore che Petit sceglie per “sottolineare” delle parole chiave.

Di ognuna di esse, che troverai in ogni capitolo del libro, c’è un rimando al termine del capitolo che approfondisce quella parola in un modo tutto alla Petit e naturalmente blu.

Il formato

Sì, persino il formato non è stato scelto a caso.

Se lo apri, vedrai che forma un rettangolo. Non certamente il formato classico di un libro.

Posso immaginare quanto abbia fatto storcere il naso all’editore la richiesta di Petit di realizzare il suo libro in questo formato.

Adesso tu ti chiederai il perché di questa insolita richiesta. Credimi, non è per niente strana per il funambolo più famoso del secolo e mi concederò di non rivelartela.

Troverai la risposta a questa “stranezza” alle pagine 48/51 del libro, anche stavolta in blu.

Pillole da “Creatività il crimine perfetto”

Descrivere questo libro sarebbe un’ingiustizia, per lo meno per il messaggio che a me è arrivato.

Mi limiterò a “sfrogoliare” la tua curiosità con delle brevi pillole che hanno il potere di risuonare dentro e, come immagino l’autore spera, di spingere a sperimentare la nostra creatività.

Come per esempio quando si accenna alla paura e al suo essere “l’immagine speculare di un contrattempo… un trampolino progettato al contrario”*(parola decisamente a me cara).

O quando Philippe Petit ci racconta di una forza dentro di noi, della cui esistenza non ha prove e che… “Non ho che da svegliarla!”*

Quella forza che, se lasciata emergere, ci porta a realizzare i nostri sogni com’è accaduto a me con il giro del mondo.

Non ho potuto non rimanere affascinata da questo suo interesse (che condivido) per la ribellione, per le contraddizioni, per le cose che apparentemente possono dare noia, soprattutto a noi stesse/i:

Ribellati alle tue inclinazioni. Mettiti scomodo.”*

Che nello stare “scomode/i”, nel tentare di trovare una nuova comodità, scoveremo forse qualità che non credevamo di avere?

Così come mi ha toccata profondamente quando Petit parla dell’importanza di onorarsi e festeggiarsi anche se nessuno al mondo lo fa: “Fatti i complimenti da solo. Scriviti un attestato e incornicialo.”*

Perché non dobbiamo aspettare che siano gli altri a riconoscerci, ma noi per prime/i siamo responsabili di questo riconoscimento.

Se come dice Petit stesso ogni tanto (o forse un po’ di più di ogni tanto) dessimo “fiducia all’improbabile”*, chissà quante sorprese la nostra vita sarebbe in grado di mostrarci che quel senso di impotenza di cui siamo intrise/i è solo una triste illusione che arriva da chissà cosa o da chissà chi e certamente non ci è utile nella strada verso la nostra felicità.

Lasciamo che la nostra creatività prenda forma

Se forse un augurio posso fare a te, come a me, è quello di imparare da Petit l’arte di creare partendo da uno studio preciso ed efficace, a volte anche lungo anni, per poi lasciare che la creatività prenda forma nel suo naturale modo di essere, in maniera folle, o forse saggia.

Chissà!

Buona lettura!

*tutte le citazioni sono riportate fedelmente dal libro Creatività il crimine perfetto, di Philippe Petit, Ed. Ponte alle Grazie.

5 libri da leggere sotto l’ombrellone

È finalmente arrivato luglio e dico quel “finalmente” con tutta la gioia che ho in corpo.

Riesci a sentirla, vero?

Ho sofferto tremendamente la scorsa primavera perché di primavera non aveva nulla.

Sembrava una triste riproposta dell’autunno.

Per questo ho accolto l’arrivo del primo caldo con un’immensa felicità. Insomma, era ora, no?

Luglio vuol dire bimbi a casa da scuola, primi bagni al mare e soprattutto vuol dire prepararsi per le tanto ambite vacanze estive, necessarie a ritemprare corpo e spirito dal lungo inverno trascorso.

Io credo nella lettura come fonte di ispirazione, di crescita personale, di grande punto di partenza per nuove idee o semplicemente per un meritato e necessario momento di relax.

Ecco perché oggi voglio consigliarti 5 libri da leggere sotto l’ombrellone, 5 letture per l’estate che sta arrivando, 5 libri che ti accompagneranno nel tuo momento magico dell’anno: la vacanza.

Evviva!

*articolo aggiornato il 30 maggio 2023.

5 libri da leggere nelle vacanze estive

Non ti stupirò con effetti speciali, non ti dirò che questi sono i migliori libri da leggere in vacanza, o i libri da leggere assolutamente nella vita.

Quello che ti racconterò è la mia personale esperienza, la mia opinione su alcuni tra tutti i libri letti e che ho scelto perché ritengo letture leggere e, al contempo, profonde.

In regalo ebook I 5 pilastri del cambiamento

Letture per l’estate: 5 libri da leggere per rilassarsi


1 – Per dieci minuti di Chiara Gamberale

Questo è un libro che mi ha letteralmente trovata (ma non è così per tutti i libri?!).

Era sul comodino del Casa D’Amare a Napoli. Ho letto i primi capitoli in quelle poche sere napoletane e, appena rientrata a Roma, ho deciso che dovevo assolutamente comprarlo.

Non potevo mica lasciare la lettura a metà!

La protagonista di questo bellissimo libro di Chiara Gamberale (che per me resta una delle scrittrici contemporanee più talentuose d’Italia), in un momento di importanti cambiamenti, decide di fare un esercizio, un esperimento, un gioco: ogni giorno “per dieci minuti” fa una cosa nuova, mai fatta prima, qualcosa lontana anni luce dalle sue abitudini.

E questo “rompere gli schemi”, la porterà dove non avrebbe mai creduto di arrivare, a scegliere qualcosa che non avrebbe mai scelto, a vivere una vita nuova.

Per dieci minuti è un romanzo che non devi assolutamente lasciarti scappare. Vedrai che mi ringrazierai per questo consiglio.

Per dieci minuti Chiara Gamberale
Libri da leggere in spiaggia

2 – Controvento di Federico Pace

Controvento è un libro per chi ama viaggiare, anche semplicemente dal divano di casa.

L’ho scelto perché è un libro che non chiede di essere letto tutto d’un fiato.

Ogni capitolo è una storia a sé. Una storia che racconta il viaggio in modi differenti: il viaggio fisico, intorno al mondo; il viaggio per diventare adulti; il viaggio che cambia le prospettive.

Viaggi di persone famose come Frida Khalo, Keith Jarret, Vincent Vang Gogh, ma viste in situazioni che forse non conoscevamo, o almeno io non conoscevo. Ed è per questo che ho amato moltissimo Controvento di Federico Pace, perché da viaggiatrice so quanto il viaggio faccia crescere, faccia cambiare rotta e spesso faccia ricominciare.

Perché, come è scritto sulla quarta di copertina:

“… è quando si va altrove che le cose importanti cominciano ad accadere”.

Insomma un gran bel libro da leggere in vacanza.

libri da leggere sotto l'ombrellone Controvento

Un libro bellissimo da leggere sotto l’ombrellone

3 – Voglio vivere di più di Isabel Losada

Isabel Losada è una delle mie scrittrici preferite in assoluto.

Te ne avevo già parlato nell’articolo dei 10 libri da portare nel rifugio del cuore.

Voglio vivere di più è il naturale proseguimento di Voglio vivere così.

La Losada continua il suo personale cammino verso l’illuminazione e lo fa con un’ironia speciale, molto femminile, che ti regalerà grandissime risate.

Io leggo i suoi libri con il sorriso stampato in faccia praticamente dalla prima all’ultima parola.

Quello che amo di lei è proprio questo: è capace di proporre argomenti importanti, riflessioni profonde senza dimenticare l’importanza del buon umore.

In questo suo viaggio, incontrerà il Dalai Lama e anche questa occasione sarà una esperienza esilarante.

Non dirmi che non ti avevo avvertito!

Voglio vivere così Isabel Losada
Libri rilassanti da leggere in estate

4 – La felicità non fa rumore di Olivia Crosio

Mai protagonista fu diversa da me.

Letizia, 41 anni, bella, bionda, ricca, in sintesi una “sciuretta” come direbbero a Milano.

Un rapporto conflittuale con la figlia, un marito che la tradisce.

E a lei sembra stare tutto bene.

Non fa rumore, Letizia. Le hanno insegnato a fare la signora per bene, a rispettare l’etichetta.

Ma poi qualcosa cambia, dentro di lei e, automaticamente, fuori.

Conosce un mondo a lei sconosciuto, persone totalmente diverse da lei, fa cose che non avrebbe mai immaginato di fare rimanendo comunque fedele a quei suoi modi delicati e composti.

Eppure la sua realtà viene stravolta…

La felicità non fa rumore di Olivia Crosio.

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Libri sotto l’ombrellone

5 – Volevo essere una gatta morta di Chiara Moscardelli

Dicono che Chiara Moscardelli sia la Bridget Jones italiana.

Non so se sono d’accordo fino in fondo con questa definizione, forse perché da multipotenziale non amo le definizioni, ma sicuramente Chiara Moscardelli ha un talento comico tutto suo.

Il suo libro, Volevo essere una gatta morta, è un viaggio per rivelare il talento delle gatte morte, quelle che, mi ci metto dentro anche io, non saremmo mai in grado di essere.

E forse un po’ le invidiamo perché con quel loro fare consenziente (che noi anche sotto tortura non riusciremmo mai a riproporre), quel mostrarsi deboli e bisognose di protezione, ottengono molti più risultati di quanto noi, campionesse di gaffes, riusciremmo a raggiungere in una vita intera.

Insomma una per tutte, tutte per una.

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Libri da leggere per l’estate

Direi che di spunti per delle belle letture vacanziere ce ne sono, che ne dici?

Ho cercato di proporti dei libri da leggere sotto l’ombrellone in totale relax perché so che ne abbiamo bisogno e soprattutto so che ce lo meritiamo.

Perciò, anima al contrario, goditi le tue sante vacanze.

Leggi, ama, divora la vita e torna più luminosa/o che mai!


Se vuoi altri spunti per i tuoi libri da leggere sotto l’ombrellone, ti consiglio di dare un occhio alle mie recensioni di libri al contrario.

Enjoy!

Come trattare gli altri e farseli amici: i miei sì e i miei no

Ho riflettuto a lungo sulla possibilità di scrivere o meno questa recensione.

Come trattare gli altri e farseli amici è un libro che, se avessi trovato in libreria, in uno scaffale di crescita personale, sicuramente non avrei comprato.

Non fanno presa su di me questo genere di titoli, stile “manuale” da coach.

Ma di Come trattare gli altri e farseli amici avevo letto molto bene in rete e ne ero davvero incuriosita. Così in uno dei miei ultimi acquisti online, tra i vari libri, ho messo nel carrello anche questo.

E alla fine, dopo averlo letto ben due volte, ho deciso di parlartene come ne parlerei a un’amica, senza troppi giri di parole né fronzoli.

Ti dirò cosa mi è piaciuto e cosa no, senza spoilerare troppo il contenuto perché merita di essere letto e gustato secondo la propria personalità.

Chi è Dale Carnegie

Partiamo da qui, da chi ha scritto Come trattare gli altri e farseli amici, perché raccontare la storia di Dale Carnegie è fondamentale per capire il messaggio contenuto dentro.

Dale Carnagie era un ragazzo del Missouri, un cow-boy che percorreva cinque chilometri al giorno per poter studiare. Lavorava duro nella fattoria del padre e soffriva molto per la sua condizione di povertà.

Proprio al college capì che quelli che sapevano parlare bene in pubblico esercitavano un forte potere di influenza sugli altri. E così decise di diventare un campione nell’arte oratoria.

Si esercitava sempre, persino con gli animali di cui si occupava, e divenne davvero uno studente eccellente.

Nonostante questo, visse la povertà ancora a lungo, viaggiò facendo vari lavori, dal venditore all’attore, finché un giorno si mise a insegnare, insegnare quello per cui si era esercitato tanto: la capacità di esprimersi in pubblico e in privato.

Divenne ben presto famoso in tutto il paese grazie soprattutto al suo stile colloquiale e poco accademico.

Il suo scopo era aiutare le persone a superare le proprie paure e a tirare fuori il coraggio dalle vite di tutti.

Come trattare gli altri e farseli amici ha proprio in questa motivazione le sue origini.

Carnegie voleva arrivare a più persone possibili e questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1936, fu il suo modo per farlo.

Come trattare gli altri e farseli amici pollice in su

Come trattare gli altri e farseli amici: cosa mi è piaciuto

Non posso che partire da Dale Carnegie stesso.

Il suo esempio, lo scopo che aveva nel cuore, la sua determinazione sono l’ingrediente principale di questo libro.

Una delle cose che ho apprezzato di più è la quantità di esperienze citate da Carnegie.

Esperienze di suoi allievi ma anche esperienze di uomini come Lincoln che magari sembrano molto lontani nel tempo da noi e che Carnegie è riuscito a rapportare alla nostra quotidianità.

L’importanza della lode

L’altro aspetto che sposo in pieno è l’importanza di lodare le persone intorno a noi, sia che si tratti di lavoro, sia che si tratti di relazioni personali.

Non credo e non crederò mai che trattare male gli altri, avere un atteggiamento dispotico o che incuta timore, aiuti gli altri a tirare fuori il meglio di sé.

Anzi. Credo fermamente il contrario.

Puntare i riflettori sui punti di forza delle persone, gratificarle anche solo con un complimento, purché sincero naturalmente, è l’unico modo perché quella persona faccia quello che sta facendo con gioia, sia più produttiva e soprattutto crei valore.

Questo lo vedo da sempre, con le persone con cui lavoro e soprattutto con mia figlia.

Non c’è benzina più performante della lode sincere

Ci tengo a ribadire “sincera” perché i complimenti o le frasi dolci dette tanto per far gongolare il piccolo “io”, non servono a nulla, forse sono anche controproducenti.

Ma fa tanto, anzi tantissimo dare fiducia, offrire una possibilità, scovare le potenzialità nascoste nell’individuo che abbiamo davanti.

Ammettere i propri errori

Un’altra cosa che condivido pienamente è l’importanza di prendersi le proprie responsabilità, di ammettere i propri errori se ne abbiamo fatti, di non scaricare sugli altri le nostre mancanze.

Non importa che ruolo lavorativo e/o sociale abbiamo.

Avere l’atteggiamento di chi ammette i propri errori, beh, è un grande punto di partenza per un essere umano che vale, secondo i miei parametri.

Come trattare gli altri e farseli amici pollice in giù

Come trattare gli altri e farseli amici: cosa non mi è piaciuto

Un po’ come il titolo del libro, anche per tutti i titoli dei capitoli interni lo stile è quello, come ho detto prima, “da manuale”, che forse fa presa sui seguaci dei guru della crescita personale, ma non su persone come me che, sì, vogliono approfondire la crescita personale ma in un modo meno da bullet points.

“Come conquistare la fiducia degli altri”, “Se non seguite questo consiglio, avrete dei problemi” mi sembrano riduttivi per il genere di libro che è Come trattare gli altri e farseli amici.

La mia impressione è che questi titoli a effetto impoveriscano il messaggio di Carnegie e il contenuto prezioso di questo libro. Sì, hai letto bene, prezioso.

Inoltre c’è da dire che, nonostante le revisioni apportate nel tempo e la validità, come accennavo sopra, delle esperienze riportate, il linguaggio potrebbe sembrare ancora un po’ desueto.

Le mie conclusioni

Come trattare gli altri e farseli amici è un libro assolutamente da leggere.

È ricco di esempi pratici, di racconti che possono essere utili a chi sta cercando di superare certi limiti personali, a chi vuole migliorare le proprie relazioni, a chi vuole emergere in situazioni che lo schiacciano.

Poi magari a te le liste piacciono, così come questo genere di titoli e allora non troverai alcun difetto a questo libro.

Ci tengo molto a dire che tutto quello che ho scritto è frutto esclusivamente del mio parere personale.

E sono ben aperta ad ascoltare le opinioni e i giudizi di chi questo libro lo ha letto e che magari ha visto sfumature che io non sono riuscita a vedere.

Oppure di chi ha esperienze su come ha utilizzato la lode e il rispetto profondo nei suoi rapporti interpersonali. Questo mi interessa particolarmente.