0 virgola 6 sfumature di Maddalena Capra

Ci sono persone con cui senti un’affinità profonda, al di là della conoscenza fisica.

Con Maddalena è stato così, fin dal primo giorno, fin da quando, poco dopo aver aperto questo Blog, sono capitata tra le sue pagine virtuali.

Sarà che amiamo entrambe la letteratura, sarà che dai suoi tasti nascono sempre poesie, sarà che è una persona schietta, di quelle che una parolaccia, qua e là, ci sta bene.

E le persone schiette mi piacciono a prescindere.

Perché di ipocrisia in giro ce n’è anche troppa e qui, almeno qui, in questo nostro luogo al contrario, non vorrei entrasse mai.

Quando Maddalena Capra mi ha annunciato l’uscita del suo libro “0 virgola 6”, ho pensato subito: è arrivato il momento di intervistarla!

E non mi sono lasciata sfuggire questa occasione.

Il motivo? Sapevo che le sue risposte avrebbero inondato di poesia queste pagine.

O virgola 6 Maddalena Capra
«Siamo quello che diventiamo quando la vita ci dà il LA e noi eravamo in silenzio. Quando ci toglie la voce, e noi cantavamo». Maddalena Capra

Intervista a Maddalena Capra

N: Maddalena, grazie per aver accettato il mio invito tra queste interviste alcontrario. Per prima cosa, vorrei fare un gioco con te, il gioco dei “Se fosse…”. Te lo ricordi? E allora ti chiedo: se Maddalena fosse una poesia, quale poesia sarebbe? E Perché?

M: Accipicchia, parti tosta! Ce ne sono tante, mi ritraggono per aspetti diversi. Evitando quelle più pesanti (i poeti amano condensare in versi la disperazione umana…), direi L’albatro di Baudelaire. Senz’altro. Mi sento spesso fuori posto, caricata (o «catturata»?) dalla vita ordinaria, dalle navi che solcano i mari apparentemente senza intralcio, mentre io inciampo nelle mie ali, in una sensibilità e un animo ingombranti che mi fanno sentire goffa. Il confine tra qualità e difetto è così labile! Quello che più contraddistingue ognuno di noi è anche ciò che – malauguratamente – lo fa sentire diverso e inadeguato: solo.

N: Te lo ricordi quel momento in cui la scrittura è diventata parte di te? Quel momento in cui hai sentito che era la tua strada?

M: Sono due domande e, in effetti, corrispondono anche a due momenti diversi. Scrivo da che ho memoria: da bambina, avevo sette anni, una grave malattia al cuore mi costrinse in ospedale per ventisette giorni. Ricordo che alternavano il braccio per le flebo: quando capitava al destro, allora cercavo di scrivere con la sinistra. Cosa scrivevo? Poesie: le ho ancora, stanno in un quaderno con la copertina rigida di tela rossa e un riquadro con un Cappuccetto Rosso. C’è su un adesivo con scritto «6», perché quel quaderno l’avevo cominciato già a sei anni.

La prima svolta arriva otto anni più tardi: una lite coi nonni, in montagna. In balcone, da sola, mi cantai in testa una canzone di Baglioni sostituendo le sue parole con le mie: cercavo, nelle mie strofe, un’espressione al disagio. Cominciai anche a fare lunghe camminate serali in solitaria, ad apprezzare quella chiusura privata e intima che forse tutti sperimentano nell’adolescenza. Nel mio caso con me usciva sempre anche la parola, portavo ogni volta un foglio di carta ripiegato in tasca. E una penna.

La decisione di investire sulla scrittura con obiettivi «professionali» è tardiva, arriva durante la maternità: nel frattempo avevo sempre scritto, ma quaderni privati, più paranoie che narrazioni. Invece apro un blog e scopro che posso raccontare: ma raccontare in modo narrativo. Non per niente il claim del blog è «Non do consigli, non faccio informazione. Narro. Di maternità e di vita». Scrivo anche un romanzo, e così comincio a intuire cosa sia il mondo editoriale: lo intuisco nel senso che è serrato ed esigente ben oltre ogni mia ingenua previsione. Tanto da interrogarmi se sia davvero quello che voglio. Una cosa che mi infastidisce molto è che la scrittura, quando si fa pubblica, diventa la parte minore della scrittura: tutto il resto, il grosso dell’iceberg, è progettazione, prima, e promozione, poi. Chi è blogger sa cosa intendo: be’, quando si tratta di un romanzo – e tu, Noemi, lo sai – questa sproporzione cresce esponenzialmente. Come ho scritto un giorno: «Il vero rischio di investire in una passione non è la paura di non farcela. Il vero rischio è inquinare quella passione». Eppure quel sentimento di poter dare qualcosa con le mie righe, quel grande potere che ha la parola, sono un propellente che ancora mi spinge forte. Basterà? Non lo so: a volte sento di voler contribuire di più, al mondo.

N: Come ben sai, ho scelto appositamente di non leggere il tuo libro, perché volevo pormi nella stessa condizione di chi sta leggendo questa intervista. Volevo sentirmi “alla scoperta” del tuo racconto. Nella presentazione del libro, scrivi “La storia di una maternità «stretta» e poi improvvisamente sorpresa dagli eventi, una storia di scoperta, conflitto e dolore”. Allora ti chiedo, quanto c’è di te in “0 virgola 6”?

M: Tutto. Sono stata protagonista di una serie di eventi terribilmente forti e conflittuali, in una faglia temporale minuscola: come dico nella prefazione al libro «questa è una storia che non avrei mai creduto di scrivere. […] L’ho tracciata giorno per giorno, me la mettevo accanto sui sedili. Sapevo di doverlo fare». Ha la particolarità di essere scritta in tempo reale. Non sapevo cosa ne avrei fatto. Poi è stato chiaro.

N: “0 virgola 6” è un’auto-pubblicazione. Mi ricordo i sentimenti contrastanti che avevo io quando stavo per auto-pubblicare il mio Safari. Tu come hai vissuto questo momento?

M: È buffo. Per uno scrittore esordiente i punti cardine sono due: la paura di annoiare il lettore, essendo inesperto (ma questa, in fondo, è una costante di chiunque scriva), e la ricerca forsennata di un Editore, che dia fiducia al proprio talento e alla storia, ma anche credito. Perché il lettore se vede un marchio crede automaticamente che la storia sia più «valida». È la ragione per la quale, io stessa, non ho mai considerato il self-publish per un romanzo. Invece qui ha scelto la vita. Questa volta il valore e il senso del narrato sono così totali che il mondo editoriale non l’ho nemmeno preso in considerazione, avevo urgenza di trovare il calore di chi legge, inizialmente, e adesso di dare una testimonianza col mio racconto. Ora spingo per diffonderlo perché è la sola vittoria che posso, in questa storia difficile. E perché so che molte donne hanno bisogno di ascoltarla. E, paradossalmente, pur non avendo pianificato nulla nella narrazione, il commento unanime è: «L’ho letto d’un fiato, era impossibile fermarmi».

N: Quest’ultima domanda non è in realtà una domanda. Fai finta di avere un microfono aperto, di poter dire tutto quello che vuoi, senza filtri, senza pensare a chi ti sta ascoltando davvero, senza limiti o giudizi. E adesso, butta fuori…..

M: C’è sempre una parte di vanità, inutile prendersi in giro: abbiamo bisogno di essere riconosciuti. Ma è piccola. Se ami quello che fai, il motore più forte è il desiderio, come dicevo, di dare un contributo al mondo. Di «dare qualcosa». Sono brava con le parole, so di avere un potere evocativo, di emozionare e commuovere il lettore. Non lo dico con presunzione, non è nemmeno tutto merito mio: è la vita, la natura. Ognuno ha il suo talento e il suo modo di contribuire: c’è chi sforna pane, chi cura i malati, chi spazza le strade. Io scrivo.


E siccome Maddalena Capra scrive bene, eccome se scrive bene, ti consiglio di leggere il suo “0 virgola 6” “d’un fiato”, come hanno fatto già in molte/i.

Lo trovi su Amazon, cliccando qui. Buona lettura!

Qualche settimana dopo…

È passata qualche settimana da questa intervista e solo adesso comprendo come mai avessi scelto di non leggere il libro di Maddalena Capra prima di intervistarla.

A volte si fanno cose che non hanno un senso logico nella propria testa. A me ultimamente capita sempre più spesso. E ho imparato a fidarmi.

Ho cominciato a leggere “0 virgola 6” non appena messa online questa intervista. Ma mi sono fermata quasi subito. Sì, non sono una di quelle lettrici che lo ha letto “tutta d’un fiato”. Vuoi sapere il perché?

Quando ho capito di cosa il libro parlasse, ho sentito che dovevo avere rispetto, un rispetto che si tramutasse nella scelta di momenti dedicati a questa lettura.

Non volevo leggerlo trafelata, tra la consegna di un lavoro e la preparazione del pranzo per mia figlia. Volevo che avesse tutta la mia attenzione.

Oggi ovviamente non farò spoiler sull’argomento, non metterò l’accento nemmeno sul fatto che mi abbia commossa profondamente (che forse potrà sembrarti scontato).

Ti dirò soltanto che, indipendentemente dalle proprie esperienze di vita, 0 virgola 6 di Maddalena Capra è un libro che va assaporato nelle mille emozioni di cui siamo contenitori.

Con il sorriso, con l’ansia, con la fragilità, con la serenità, con il dolore.

Di nuovo, buona lettura!

Igor Sibaldi e la Metafisica del Niente

Il buon Igor Sibaldi non me ne voglia se, dopo i desideri, ritorno a parlare di lui e, aggiungo il carico da 90, di Metafisica.

Ero in libreria con un’assetata voglia di buona lettura e decisamente inconsapevole di come mi sarei abbeverata.

Una lettura leggera”, ho pensato, “che in questo momento la testa è già fusa per altri affari”.

Giro che ti giro, mi ritrovo con il suo Al di là del deserto tra le mani (sottotitolo Che cos’é la Metafisica e come adoperarla per cambiare vita).

Complice un treno che stavo per prendere, non ci ho pensato a lungo: la mia sete aveva bisogno di questa bevanda metafisica.

Ma come ti viene in mente?

Dirai tu… E naturalmente hai ragione.

Perché è bastato aprire quella prima pagina per rendermi conto che mi stavo imbarcando in un triathlon con il corpo di un’atleta fuori allenamento.

Non ti aspettare perciò una recensione nel senso classico (vabbè, lo so che da me di classico ormai non ti aspetti nulla).

Cercherò in più puntate di estrarre delle pillole che possano far riflettere.

Almeno continuano a far riflettere me.

Metafisica del niente recensione Unadonnaalcontrario

La storia del gatto Edoardo

Oggi comincerò dalla storia del gatto Edoardo.

Si sa che Sibaldi annovera i nostri animali domestici come dei grandi conoscitori del mondo, esperti di Metafisica senz’altro più di noi. E io in questo ho abbastanza esperienza da dargli ragione.

Ma veniamo alla storia del gatto Edoardo e di come ci mostrerà che la strada verso il nulla è l’unica strada per conoscere se stesse/i.

Edoardo, un bel giorno di primavera, venne portato dai suoi padroni umani a fare un picnic.

Non era mai uscito di casa e perciò per lui sentire i suoni del mondo esterno fu un grande trauma. Percepì odori fortissimi, gli schiamazzi dei bambini, il frastuono delle acque del fiume.

Tutto questo lo disorientò e lo indusse a fuggire.

I padroni umani lo cercarono a lungo ma, a un certo punto, dovettero cedere al fatto di averlo perso. Il gatto Edoardo rimase tutta la notte nel bosco, le sue paure si fecero sempre più angoscianti, i rumori notturni ancora più terrificanti.

Pianse, pianse a lungo e, mentre piangeva, iniziò a camminare.

Camminò sotto la pioggia, camminò lungo la tangenziale, camminò nelle strade della città, camminò sul marciapiede, camminò fin davanti ad un portone.

Aspettò che un umano uscisse da quel portone per “sgattaiolare” dentro, salire le scale e fermarsi davanti allo zerbino di casa sua.

Finché i suoi padroni umani aprirono la porta e furono felici di riabbracciarlo e riaccoglierlo nella loro casa, di cui si sa il gatto Edoardo era il vero padrone.

Roma innevata

La strada verso il niente

Scrive Sibaldi: “Ciò che Edoardo sapeva e sa di come si trova la strada di casa era ed è tuttora niente. Si affidò a quel niente e quel niente lo guidò”. *

In effetti esperienze come quella del gatto Edoardo, credo ognuna/o di noi ne abbia.

Spesso mi sono ritrovata in situazioni in cui non c’era ombra di soluzione, in cui la strada davanti era altro che buia, extra dark, con un’angoscia addosso assoluta e quasi pietrificante.

E solo andando, passo dopo per passo, verso quel buio terrificante, sono arrivata oltre.

Tra l’altro sperimentando qualità che non sapevo di avere, quelle che Sibaldi chiama “prodigi” e che affianca ai “miracoli” di Gesù (ma di questo parleremo un’altra volta).

Sibaldi è convinto, e ormai ne sono convinta anch’io, che tutto quello che conosciamo di noi è già passato e, se ci fermiamo a guardare solo questo, rimaniamo imprigionate/i in una vita limitata, senza poter vedere cosa c’è “al di là”, senza poter trovare te stessa/o.

In fondo è la storia di ogni invenzione: “riuscire a fare qualcosa senza sapere come”.

Sembra facile, forse lo è ma io tendo la maggior parte delle volte a capirlo chiaramente con la testa e poi a non riuscire a sperimentarlo.

Sarà paura?

Paura di qualcosa che non conosco?

Poca fiducia nella mia capacità di fare “prodigi”?

Questo davvero non lo so ma, ancora una volta, Igor Sibaldi mi ha dato una spintarella verso il niente.

Metafisica di Igor Sibaldi: andare più in là

Che poi andare verso il niente è proprio bello.

Penso al nostro Giro del Mondo. Quanto ci ho messo prima di realizzarlo veramente!

Tremiladuecentosettanta limiti e tre anni per intuire che erano tutte menate.

Sono partita con la mia bambina assolutamente verso il nulla e ho trovato “al di là del deserto” persone che ci hanno accolto, situazioni al limite del paradiso, incredibili avventure realizzate con una costante sensazione di pace e serenità.

“«Chi pensa più in là»[…] non sa dove andrà: va solo nel niente […], alla scoperta di se stesso, e c’è veramente il caso che, non pensando più come prima, si scopra capace di cose che prima non avrebbe mai creduto di poter fare”.*

E adesso?

Non so a te, ma a me ha messo su una gran voglia di scoprire cosa non credo di poter fare.

Mi ha messo su un enorme desiderio di andare “al di là” del mio deserto ancora una volta.

Del resto se è questa la vita che ho da vivere, voglio viverla al massimo delle mie possibilità, soprattutto se di queste possibilità ne ho sperimentate ancora alcune e non tutte.

Tu non sei curiosa/o di sapere di più di te stessa/o?

Non hai voglia di sperimentare prodigi che vengono fuori da te stessa/o?

Beh, io sì e, sebbene mi renda conto che non è cosa semplice staccarsi dalle proprie abitudini, da quello che di sé si conosce e si è anche con fatica conquistato, non potrei vivere anche un solo giorno sapendo che c’è ancora qualcosa di me che posso scoprire… al di là del deserto.

* citazioni da “Al di là del deserto” di Igor Sibaldi

**tutte le foto sono coperte da copyright

Alla ricerca delle coccole perdute e ritrovate!

Alla ricerca delle coccole perdute“…. non appena me lo sono ritrovato tra le mani in libreria, l’ho acquistato.

Avevo già sentito parlare dell’autore, Giulio Cesare Giacobbe, del successo di alcuni dei suoi libri di psicologia (Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita in primis). Ma non avevo mai letto nulla di suo.

Confesso che, in generale, non vado matta per i libri scritti da psicologi.

Gli psicologi non me ne vogliano. Non ho nulla contro la categoria. Anzi sono convinta che, come si impongono le vaccinazioni, si dovrebbe imporre una chiacchierata con lo psicologo a tutte/i, almeno una volta l’anno. Tagliando annuale e via!

Detto ciò, cercherò di raccontarti la mia esperienza con questo libro in maniera schietta, senza peli sulla lingua. Modo che mi contraddistingue sempre, purtroppo o per fortuna. Ma mi si ama anche per questo!

Alla ricerca delle coccole perdute di Nuvola

Alla ricerca delle coccole perdute – la mia recensione

Pollice a metà  

Lo stile ironico di Giulio Cesare Giacobbe è sicuramente uno dei lati di “Alla ricerca delle coccole perdute” che mi ha permesso di leggerlo tutto. Fino in fondo.

La scrittura scorre nonostante gli argomenti trattati siano abbastanza impegnativi, soprattutto quando si tratta di rapporto con gli altri.

Una cosa che sicuramente me lo ha reso simpatico è che utilizza lo stesso stratagemma che uso io quando parlo al femminile: lei/lui, a/o, e/i. Il che non è cosa da poco, visto che l’autore in questione è, innanzitutto, un uomo.

In più i paragoni con il mondo animale, soprattutto quello gattaro, mi hanno aiutata nella comprensione. E mi hanno confermato quanto stiamo indietro rispetto a queste creature speciali.

Pollice in giù

Il titolo non corrisponde direttamente all’argomento del libro.

Quindi “allontanate, o voi che entrate, ogni speranza” di ritrovare le coccole perdute.

Giulio Cesare Giacobbe lo spiega con dovizia all’interno ma, personalmente, credo che il titolo sia un po’ fuorviante.

Il libro racconta di tre modelli comportamentali, quello del bambino, dell’adulto e del genitore, spiegando che solamente se un individuo è riuscito a fare esperienza “psicologica” di queste tre fasi, è un individuo sano. Altrimenti è affetto da una nevrosi, è una personalità infantile non evoluta.

La maggior parte delle persone nate e vissute in occidente soffrono di nevrosi infantile. Cioè non sono mai veramente cresciute e questo perché non sono state messe in condizione di affrontare le difficoltà. Sono ancora come un bambino che ha sempre bisogno di qualcuno e il genitore è l’unico capace di fornire questo bisogno.

L’esempio più banale ma abbastanza comune è quello del figlio che studia fino a 30 anni, rimanendo a casa con papà e mamma. E se decide di lasciare il nido, lo fa di qualche pianerottolo in modo da rifilare sempre una cena calda e una stirata da mammà.

In realtà la faccenda è un po’ più profonda e seria di così e credo che molte/i di noi si potrebbero sentire chiamate/i in causa.

Però, e ribadisco però, per 200 pagine si parla esclusivamente di quanto la nostra società sia afflitta da queste nevrosi.

Arrivi quasi alla fine del libro di Giacobbe e ti chiedi: “Ok, devo proprio mettermi in gioco e affrontare le mie nevrosi. Ma come faccio oltre a prenotare una seduta dallo psicanalista (visto che magari qualcuna l’ho già fatta!)?”.

Pollice in su

Ecco che a salvare la mia idea di “Alla ricerca delle coccole perdute“, arriva l’ultimo capitolo. Nove pagine in cui ho rivalutato il mio animo e il libro stesso.

In questo capitolo si parla della quarta personalità, quella che corrisponde alla funzione psichica, definita meglio come Consapevolezza.

Ti ricorda qualcosa questa parolina magica? In effetti ne ha parlato a lungo quel geniaccio di Tolle, nel Potere di Adesso.

Questa consapevolezza può essere attiva oppure no. E sta a noi per lo più attivarla.

Anche qui si parla di “identificazione con le emozioni“, della paura che un certo tipo di emozioni può provocare, della capacità di non soffrire per ogni minima cavolata grazie all’attivazione della “quarta personalità“.

Una sorta di saggezza interiore che Giulio Cesare Giacobbe chiama anche Buddhità, cioè lo stato prevalente del Buddha.

Ora Buddha non è un dio. È un essere umano, uno di noi. Con tutti i difetti di questa terra, ma anche con la grande saggezza che dentro ognuno di noi c’è l’illuminazione.

Ognuno di noi ha dentro di sè una parte illuminata, completa che, se attivata, ci permette di vivere la nostra vita in maniera diversa. Ci permette di “dirigere consapevolmente e intenzionalmente la nostra vita”. E di salvarci dalla nevrosi, dalle fobie da cui siamo affetti.

Alla ricerca delle coccole perdute dettaglio

Ecco che l’equilibrio torna

Ed ecco perché è un libro che ti consiglio di leggere…

… per capire da quale delle tre nevrosi siamo affette/i. Tranquilla/o che una la troviamo.

E magari per approfondire come superare questa nevrosi, le nostre ansie, il nostro panico, e regalare una vita migliore a noi per prime/i, e anche a tutti coloro che ci stanno intorno… che vivere con un nevrotico non è robina da poco.

Se lo leggerai o hai opinioni su Giulio Cesare Giacobbe e sui suoi libri, scrivimi un commento. Per me confrontarmi è uno sport che dà dipendenza.

E tu desideri?

Mi fa sempre piacere portarti con me a esplorare mondi nuovi.

Ecco perché oggi ti parlo di desideri e di un libro che mi auguro tu possa leggere perché lo ritengo davvero prezioso.

Il Mondo dei Desideri

Avevamo già fatto la conoscenza di Igor Sibaldi parlando di un certo Pinocchio.

Personalmente credo che il pensiero di Eckart Tolle, di Sibaldi e quello che conosco del Buddismo siano tutti collegati, raccontati magari con sfaccettature diverse.

Ma è proprio questo che mi interessa. Arrivare allo stesso concetto provenendo da esperienze differenti.

Perché in fondo è quello che siamo: diverse, uniche eppur collegate, le une con le altre, tutte anime di questo universo.

E forse a me arriva di più spiegato con le parole di Sibaldi, a te con quelle di Tolle, e così via. Per questo credo sia importante approfondire più modalità differenti purché portino a bei risultati per le nostre vite.

De-siderare è chiedere innanzitutto a se stessi” scrive Igor Sibaldi.

Quello che Igor approfondisce in questo libro è:

  • cosa significa de-siderare,
  • perché finora non abbiamo veramente de-siderato,
  • come formulare bene i nostri de-sideri profondi.

Tutto questo sotto forma di dialogo con un diavolo dal carattere ironico (ma del resto se sei tra queste pagine anche a te sta simpatico il diavolo. Vero?).

Trovare l’io che sta al di là dei nostri limiti

“Quando arrivi a un confine di Stato, come fai a sapere che lì uno Stato finisce e ne comincia un altro? Perché vedi che al di là di una linea ci sono cartelli in un’altra lingua. Così è anche con i nostri limiti interiori: scorgerli significa essersi già accorti che c’è qualcos’altro in noi: che siamo di più di ciò che siamo al di qua del limite”. *

Ecco da dove si parte.

Sì, perché quello che noi conosciamo è l’io che ha vissuto 20/30/40 anni in questo mondo e che pensa sia l’unico io possibile, l’unico mondo possibile.

Noi invece siamo molto di più. Il Buddismo parla di 3000 possibilità in un istante di vita.

E invece siamo abituate/i a sceglierne 1, al massimo 3 o 4. Ma ce ne sono altre 2996 di possibilità. Sta solo a noi esplorarle.

“[…] perché doversi adattare a un mondo del genere, invece di capire cosa ci impedisca di lasciarselo indietro”?*

Igor ci parla di 4 categorie di limiti che ci impediscono di de-siderare.

Desideri Magnolia

Celo/Manca

Ti va di fare insieme a me il gioco del CELO/MANCA?

Vediamo un po’…

  • Rabbia repressa, contro chi ti ha frustrato e contro te stesso per esserti lasciato frustrare.
  • Rimpianto […] per ciò che sarebbe potuto accadere se le frustrazioni non ti avessero piegato, e che non è accaduto.
  • Rimorso di non aver reagito, quando avresti dovuto e potuto [… ] E, probabilmente, se avessi reagito avresti fatto un gran bene a quelli che ti frustravano […] Li hai amati poco, rinunciando a reagire. E di questo hai rimorso.
  • Rancore […] che risulta dall’aver covato a lungo rabbia, rimorso e rimpianto, tanto da lasciarli irrancidire, e da far diventare irrespirabile l’atmosfera in certe profondità del tuo animo […] .” *

Confesso. Io “celo” tutte!

Desiderare

“De-siderare”, detto con le parole di Igor, “viene dalla parola Sidera, Stelle, e significa: accorgersi che nel tuo cuore c’è qualcosa di più di quel che, per ora, le stelle stanno concedendo all’umanità.” *

De-siderare è scoprire, scoprirci, conoscere quello che ancora non sappiamo di noi. Ma non si tratta di bisogni. Aver bisogno è già uno sforzo di volontà e spesso si cela nella nostra incapacità di ricevere.

Desiderare è senza sforzo.

De-siderare è semplice. Solo che non ci hanno insegnato la semplicità. Ci hanno insegnato che per ottenere le cose nella vita bisogna sforzarsi, bisogna affrontare grandi ostacoli. Scalare ardue montagne.

‘Na fatica, vero?

E invece de-siderare è semplice.

Basta lasciarsi andare, come quando dormi, come quando sei tu ma non sei più tu.

Sei tu perché respiri, il tuo cuore batte, il sangue fluisce ma non sei tu perché hai messo a riposo la mente.

E con mente intendo quella razionale, perché per fortuna la nostra mente, anche lei, è di più. Ha più possibilità.

L’unica domanda da farsi

L’unica regola nella formulazione dei 101 desideri è rispondere a questa domanda:

“Mi dà gioia questo mio de-siderio? Mi suscita un sorriso che non riesco a trattenere? Mi fa battere il cuore in un modo diverso dal solito?” *

Io ci sto provando. Ho un bel taccuino con i miei 101 progetti di libertà (a dire il vero a 101 non ci sono ancora arrivata ma ce la farò). Qualche volta cancello, qualche volta riscrivo.

Ma la cosa che più mi entusiasma è scorgere quella bambina di tre/quattro anni che era rimasta lì, dentro di me, e con lei i suoi desideri. E quello che sta accadendo è che mi sto permettendo di desiderarli ancora quei desideri, proprio qui, proprio adesso.

“… formulare de-sideri è riformulare la vita”. Igor Sibaldi 

Sì, credo sia proprio così.

In fondo ogni volta che andiamo verso un nuovo desiderio, ricambiamo tutte le carte in tavola. Tutte le nostre esperienze passate non valgono più perché andiamo verso qualcosa di nuovo, e nel nuovo sperimentiamo nuove capacità, nuove emozioni e nuove esperienze.

La vita è divertente“, dice Daisaku Ikeda ed è proprio con questo spirito che i nostri desideri più grandi si realizzano, quelli importanti per te indipendentemente da tutto e da tutti.

Che ne dici? Ci proviamo insieme? In fondo non abbiamo nulla da perdere.

*  tutte le citazioni sono di Igor Sibaldi, tratte dal libro “Il mondo dei desideri” – 101 progetti di libertà – Ed. Tlon

Il potere di adesso: il libro sacro del Qui e Ora

Ma chi me l’ha fatto fare“, è stata la prima cosa che ho pensato quando ho finito di leggere “Il potere di Adesso. Una guida all’illuminazione spirituale.” di Eckhart Tolle.

Come potevo immaginare che questo libro fosse tanto difficile da raccontare eppure così rivoluzionario da non perdere questa occasione?

L’ho letto, sottolineato, riletto quello che avevo sottolineato e l’unica cosa che percepivo è: non ci capisco nulla ma sento che ha ragione!

In effetti non è con la mente razionale che Eckhart Tolle chiede di approcciarsi alla sua esperienza.

Ma andiamo con ordine.


Recensione del libro Il potere di adesso. Una guida all’illuminazione spirituale.

Ho cercato di riassumere nei prossimi quattro paragrafi le parti de “Il Potere di Adesso. Una guida all’illuminazione” che più mi hanno colpito.

Non è un riassunto o il racconto della trama del libro, anche perché non si tratta di un romanzo ma di un vero proprio manuale del sé interiore.

Una guida all’apertura di quella parte profonda di noi che è necessario aprire.

Per noi, per la nostra felicità e per quella delle persone che ci circondano.


Prima di lasciarti a questi quattro punti ci tengo a dirti che, nonostante siano passati anni da quando ho letto questo libro la prima volta e ne ho scritto qui sul blog, ancora oggi “Il potere di Adesso” è sempre sul mio comodino. È diventato la mia bibbia, la guida che mi riporta sempre al presente, l’unica cosa che ho, che abbiamo.

*Articolo aggiornato il 6 giugno 2023.

Cosa dice Eckart Tolle

1 – Il presente è tutto quello che hai

Eckhart Tolle viene considerato un maestro spirituale.

Questo dopo aver vissuto lui per primo un’esperienza di “illuminazione” e aver approfondito successivamente l’esperienza della pace profonda con altri maestri spirituali.

Ti dico subito che questo inizio non mi ha conquistata per niente, forse perché mi ricorda un linguaggio new-age che non fa molta presa su di me.

Però mi sono fidata. Ho deciso di continuare a leggere.

E ho fatto bene.

In tutto il libro c’è una frase ricorrente: «Il presente è tutto ciò che hai

Tolle spiega che l’unica salvezza possibile, l’unica libertà, l’unica occasione per essere veramente se stessi è nell’Adesso, nel qui e ora.

Ritorna il concetto dell’inesistenza del tempo (ti ricordi quando parlammo di fisica quantistica?), di un tempo che in realtà distoglie dalla vera potenzialità dell’individuo.

il potere di adesso
Il Potere di Adesso recensione

2 – Come mettere in pratica il potere di adesso

Facendo caso alla mia mente (perché poi per me quello che conta è la vita reale, non le belle parole e quindi devo sperimentare), ho notato che i pensieri passavano da ricordi passati a proiezioni future in un fluttuare continuo.

Difficilmente stavano qui e ora. Prova a farci caso.

L’ultimo mese mi ha “regalato” situazioni in cui ho potuto sperimentare questo meccanismo.

Troppi problemi, uno dietro l’altro, impossibili da risolvere nell’immediato e faticosi da gestire tutti insieme. Anni luce dalla pace profonda.

Ho voluto provare a seguire i consigli di Eckhart Tolle e ho tentato di rimanere nel qui e ora in ogni occasione, cercando di fare solo quello che potevo fare in quel momento, pensando che quel momento è adesso.

Mi sono liberata dalle elucubrazioni su cosa sarebbe accaduto in futuro o cercato di trattare i problemi secondo le esperienze passate, ho soltanto fatto appello alle mie risorse in quell’istante.

Adesso, appunto.

«“Che ore sono? Che giorno è oggi?” [… ] La quercia e l’aquila sarebbero sconcertate da una simile domanda. “Quali ore” chiederebbero? “Be’, ovviamente è adesso. L’ora è il presente. Che altro esiste”?»*

Facendo il passo che avevo da fare in quell’istante, sono riuscita ad affrontare ogni momento per quello che c’era da fare.

Una cosa alla volta.

Non giudicando, ma soltanto osservando e lasciando fluire le cose.

È più complicato a dirsi che a farsi. Credimi.


3 – I bianchi cercano sempre qualcosa

«Carl Jung racconta di una conversazione con un capo indiano d’America, nella quale costui gli fece notare che […] la maggior parte dei bianchi aveva un volto teso, lo sguardo fisso e un aspetto crudele. Disse: “Cercano sempre qualcosa. Che cosa cercano? Ai bianchi manca sempre qualcosa. Sono sempre a disagio e inquieti. Non sappiamo cosa vogliono. Pensiamo che siano folli.»*

Ti ritrovi?

Io sì, o perlomeno in passato più che Adesso.

Sempre alla ricerca di qualcosa, insoddisfatta, mai contenta, perché mi hanno inculcato la corsa al miglioramento della mia vita secondo valori che, a guardarli oggi, non condivido più.

Certo, è un bene mirare al miglioramento della nostra vita e agire in quella direzione, ma su cosa si basa questo miglioramento? Sull’avidità, sull’insoddisfazione o su una modalità di vivere differente, sulla nostra felicità?

E su questo cerca di far riflettere Tolle: “quel differente, ripete ancora, si trova solo nell’Adesso.”*

4 – Eliminare la negatività

«“Come possiamo eliminare la negatività?”.

Lasciandola cadere[…] Come fai a lasciar cadere un bagaglio pesante e inutile che ti stai portando dietro? Riconoscendo che non vuoi più patire quella pena né portare oltre quel peso e quindi lasciandolo andare.»*

Il tema del “lasciar andare” per me è davvero una spada di Damocle.

Faccio una fatica enorme a lasciar andare.

Ci provo, so che mi fa bene farlo, ma l’abitudine a controllare, la “paura” che mi sfugga qualcosa, spesso prevale.

Invece poi mi accorgo che, trattenendo, mi blocco.

E non solo metaforicamente ma proprio nel fisico. E trattenere è deleterio e mi fa male.

Pensa quanto è più forte l’abitudine a stare male, a quello che conosco, anche se so che non mi fa bene, piuttosto che dare fiducia alla vita, a quella parte pura della vita, dentro di te, quella che soffia in ogni essere vivente, in ogni forma della natura, nell’aria stessa?

Non ci fidiamo perché non la conosciamo, è un mistero e ci fa paura.

Eppure nella mia esperienza, sono proprio i momenti in cui mi sono lasciata andare completamente all’ignoto, in cui mi sono fidata totalmente della vita, quelli che mi hanno regalato emozioni più forti e hanno cambiato quello che sembrava non poter cambiare, quella sofferenza umana e profonda che avevo dentro.

Ci sarebbe tanto altro da scrivere su questo libro.

Ma mi piaceva chiudere qui per riflettere, per approfondire, ma soprattutto per sperimentare… sempre se ne hai voglia.

Perché mi incuriosisce sapere anche da te che idea hai di questo argomento.

Ti lascio con un’ultima frase:

«Il tuo viaggio esteriore può contenere milioni di passi; quello interiore ne ha solo uno, ed è il passo che stai facendo ora. Se ne diventi profondamente consapevole, ti renderai conto che contiene dentro di sé tutti gli altri passi e anche la destinazione.»*

*tutte le citazioni provengono da “Il Potere di Adesso. Una guida all’illuminazione spirituale” di Eckhart Tolle


Qui di seguito ti lascio qualche risorsa utile che trovi in rete su “Il Potere di Adesso”.

Il Potere di Adesso pdf gratis

In rete trovi varie versioni scaricabili de Il Potere di Adesso in pdf ma io ti consiglio di acquistare la tua copia in versione cartacea nelle librerie online e fisiche.

Avere questo libro sempre con te, come nel mio caso sul comodino, è una bussola che ti permetterà di tornare al presente ogni volta che avrai bisogno di farlo.

Basterà anche solo guardarlo, a volte sfogliarlo, ritrovare le sottolineauture della prima lettura per ritrovare quel presente che è l’unica strada che abbiamo per essere felici.

Il Potere di Adesso film completo

Su YouTube puoi vedere un video utile a comprendere al meglio questo libro così potente. Ti lasci qui di seguito il link: