Radiestesia e radionica: cosa sono e come usarle

Radiestesia e radionica

Radiestesia e Radionica: perché?

Sono una persona dalla mente fortemente scientifica con, al contempo, una grande propensione alla spiritualità. Questo mi ha portato negli anni a studiare discipline di varia natura nonostante per le credenze popolari alcune di esse siano solo fandonie o cavolate da lunapark.

Quella testa scientifica mi porta a sperimentare nel lungo periodo, a testare e a non farmi condizionare nell’applicare tali tecniche, sebbene sia impossibile non farsi condizionare del tutto (ma questo è umano).

Con la radiestesia è stato un grande amore.

Io amante della fisica e appassionata da anni di frequenze, un giorno mentre sceglievo una pietra da regalare a mia figlia, fui catturata da un pendolo in quarzo rosa, appeso in vetrina. Lo acquistai, andai a casa e, quando, alle mie domande, “qual è il mio sì?”, “qual è il mio no?”, girò prima in senso orario poi in senso antiorario, esclamai: “Oh, ca..o!”.

Ne ebbi paura e lo riposi in un cassetto.

Sì, così è iniziata la mia avventura con la Radiestesia e la Radionica. Ebbi paura della potenza di questo strumento.

Com’era possibile che, a una mia domanda, l’oggetto in questione rispondesse immediatamente e con tale chiarezza? A quel punto, come sempre, mi misi a studiare.

pendolo in quarzo rosa per radiestesia
Il mio primo pendolo in quarzo rosa

Cos’è la Radiestesia?

Capii ben presto come mai fossi affascinata dalla radiestesia. Sicuramente il fatto che i pionieri di questa tecnica sono prevalentemente ingegneri e medici ha fatto la differenza.

In verità la radiestesia ha radici molto antiche. Si ha traccia di questa tecnica persino nel neolitico, oltre che nelle antiche civiltà egizie e cinesi.

La radiestesia è la capacità di rilevare, misurare e valutare le energie o frequenze emesse da tutto ciò che ci circonda a livello fisico e sottile.

A cosa serve la radiestesia? 

La fisica ci insegna che ogni atomo ha un campo elettromagnetico, anche se a occhio nudo non lo vediamo, e che quel campo elettromagnetico ha una frequenza.

Di conseguenza ogni cosa, ogni persona, ogni ambiente emana una frequenza intorno a sé e, ogni volta che il nostro campo elettromagnetico interagisce con persone, cose, ambienti, interagisce anche con le frequenze di quelle persone, cose, ambienti.

La radiestesia permette di misurare queste energie e capire se sono compatibili o meno con il nostro bene.

Con la radiestesia possiamo fare davvero moltissime cose:

  • Indagare se un determinato cibo è adatto a noi o meno
  • Disattivare le nostre credenze limitanti
  • Trovare sorgenti, faglie e corsi d’acqua
  • Cercare oggetti perduti
  • Eliminare blocchi emotivi
  • Riequilibrare il nostro sonno
  • Pulire il nostro campo energetico
  • Trovare il luogo per la casa giusta per noi
  • Cercare rimedi compatibili con noi: terapie, fiori di Bach, oli essenziali, etc.

Strumenti della radiestesia

Gli strumenti della radioestesia sono molteplici. Il più comune e più usato è il pendolo.

Il pendolo può essere fatto in vari materiali e forme. In generale, soprattutto per chi vuole iniziare, i pendoli in quarzo ialino e quarzo rosa vanno bene un po’ per tutti gli usi. C’è da dire che essendo realizzati in pietra, i pendoli in quarzo vanno ripuliti e poi caricati prima dell’utilizzo. E questo va fatto ogni volta che vengono usati.

Altri pendoli, come i pendoli egizi che sono quelli che utilizzo io, sono realizzati in geometria sacra e ognuno ha un utilizzo specifico. Questi pendoli, indipendentemente dal materiale con cui vengono realizzati, non si impregnano quindi non vanno ripuliti e ricaricati ogni volta. Ma sono pendoli che vanno usati solo quando si ha una certa esperienza nella pratica della radiestesia.

Altri strumenti per la radiestesia sono il biotensor, le bacchette a Elle, il pendolo universale, il pendolo Ptha, lo Zed. Insomma l’argomento è davvero vasto e non si può ridurre, come erroneamente si pensa, a una pratica da fattucchieri e cialtroni.

Radiestesia umana

Si può praticare la radiestesia anche semplicemente usando il proprio corpo come strumento.

Il pendolo infatti diventa una sorta di prolungamento del corpo che agisce come un’antenna e il movimento che ne deriva è il risultato di micro-movimenti neuromuscolari, azionati sul piano inconscio, che amplificano il segnale.

Ti basti pensare a quelle volte in cui hai una forte sensazione di non dover fare una cosa o andare da qualche parte e scoprire che c’era un motivo per cui hai fatto bene ad ascoltare quella sensazione.

Al contempo è pur vero che per fare una buona indagine radiestietica, l’operatore deve essere centrato, libero da pensieri intrusivi o di natura soggettiva, perché il suo ruolo è quello di canale ed è fondamentale, prima di iniziare una qualsiasi indagine radiestetica, assicurarsi che questo canale sia libero e pulito. Lo si può fare attraverso una meditazione, un riequilibrio energetico fatto anch’esso con l’uso del pendolo, una respirazione diaframmatica di alcuni minuti. Insomma è fondamentale mettere da parte la propria mente, i propri ricordi, il proprio background perché la persona che abbiamo davanti non siamo noi e non faremmo un buon consulto radiestetico se proiettiamo noi in quell’indagine.

Questa esperienza si forma solo con studi appropriati e un costante allenamento.

Chi può usare il pendolo?

Adesso forse pensi che non tutti possano usare il pendolo. In verità essendo il pendolo uno strumento che amplifica il nostro inconscio, possiamo usarlo tutte e tutti.

Certo, c’è chi ha più sensibilità e chi meno ma con l’allenamento può davvero utilizzarlo chiunque purché mosso, ci tengo a dirlo, da un’intenzione pura.

Anche quando si tratta di noi, è importante usare il pendolo esclusivamente per il nostro bene supremo, non per fini egoistici e soprattutto in armonia con il libero arbitrio e il principio di conservazione dell’essere umano.

Questo vuol dire che non si può usare per fare innamorare qualcuno di noi né per arricchirsi a spese di altri. Noi non agiamo mai sull’altro ma solo su noi stesse/i. Lavoriamo nel qui e ora, non sul futuro. Per il bene, non per il male.

In verità se ci pensi questo è grandioso, perché la radiestesia ti permette di riprenderti in mano il potere della tua vita, di lavorare sui tuoi limiti consci e inconsci, di agire per la tua felicità suprema e soprattutto di avere risposte immediate per farlo concretamente.

Come usare il pendolo?

A questo punto ti dò qualche consiglio pratico su come usare il pendolo.

Innanzitutto appoggia il gomito e cerca di tenere ben ferma tutta la parte che va dal gomito alla mano.

Tieni la catenina del pendolo tra indice e pollice e chiedi: “Qual è il mio sì?”.

Attendi finché il pendolo gira in senso orario, antiorario o avanti e indietro. Non c’è un senso uguale per tutte/i.

Quando il pendolo si ferma o cambia oscillazione, chiedi: “qual è il mio no?”, e attendi anche in questo caso quale movimento assume.

In generale, obbedendo anche all’inconscio collettivo, il sì è in senso orario e il no in senso antiorario.

Il movimento spiraliforme in un senso o nell’altro serve o a disgregare la frequenza che vuoi dissolvere (senso antiorario) o a rinforzarla (senso orario).

Togli e metti. Un po’ il metti la cera/togli la cera di Karate Kid

A questo punto non ti resta che sperimentare, allenarti e far tuo questo strumento potentissimo in modo da verificare da te il funzionamento della tecnica e creare sempre più sintonia con lo strumento.

Cos’è la Radionica

Concludo questo articolo parlandoti della radionica, per me tecnica fondamentale nell’uso della radiestesia.

La radionica è una tecnica di invio a distanza che utilizza macchinari elettronici o circuiti geometrici.

Obbedendo al principio di Entanglement, quello con cui funzionano i laser per intenderci, per cui le azioni subite da due particelle inizialmente unite, quando vengono separate, sono risentite in tutte e due le particelle indipendentemente dalla distanza, la radionica è quella tecnica che ti permette di fare indagini e inviare un trattamento radiestetico a distanza.

Io per esempio faccio i miei consulti sempre online, quindi a distanza, e per farlo utilizzo la radiestesia in sinergia con la radionica attraverso le onde di forma, ovvero l’uso di figure geometriche ben definite e scale di misurazioni come quella di Bovis, che misura il valore delle energie.

Cosa sono le geopatie

Per esempio questo metodo può essere utile nella ricerca di eventuali geopatie, soprattutto nell’ambiente della camera da letto dove dormiamo o della scrivania seduti alla quale lavoriamo per molte ore.

Le geopatie si manifestano in punti di intersezione che somigliano ai meridiani e, se questi punti sono in corrispondenza di faglie o vene d’acqua, si potenziano e creano quelle che si chiamano appunto geopatie, dalle più lievi come insonnia, mal di testa, stanchezza alle più gravi come il cancro.

La ricerca può essere effettuata in loco o, grazie alla radionica appunto, anche a distanza.

E una volta scoperto? Ci sono diverse cose che si possono fare per migliorare la situazione: spostamento del letto o della posizione mentre dormi, uso di pietre protettive, di genesa o di circuiti di protezione.


Insomma come vedi, le potenzialità della radiestesia sono tante. Sì, fa parte delle pseudo-scienze e non della scienza ufficiale, anche se in alcune nazioni europee viene affiancata alla medicina e viene studiata nelle università. Non in Italia, ahimè.

Il mio consiglio è quello di studiare, di affidarsi a operatori esperti, a corsi seri (io ho voluto certificarmi a livello europeo) e soprattutto di praticarla tanto, tanto, tantissimo.

Atelofobia: la paura di essere imperfetti

atelofobia

Non posso perdere il controllo, non qui, non ora”.

Ti è mai capitato di dirti questa frase?

E quel qui e ora sono capitati anche altre volte, altre innumerevoli volte?

Probabilmente se stai continuando a leggere, la tua risposta è: Sì!

Oggi voglio approfondire con te cos’è questa profonda paura di commettere errori per capire insieme se e come liberartene una volta per tutte.

Oggi parliamo di atelofobia, la paura di non essere all’altezza.

Atelofobia: significato ed etimologia

Mi piace sempre partire dal significato delle parole di cui parliamo perché è proprio dalle origini di quelle parole che ne abbiamo spesso chiarezza.

Atelofobia deriva dal greco atelophobia (ateles= imperfezione, incompletezza, phobos= fobia, paura), da cui paura dell’imperfezione o paura delle imperfezioni.

La perfezione che ossessiona

Per anni sono stata ossessionata dal desiderio di essere perfetta, sul lavoro, nelle relazioni, nella società.

E questo non mi faceva bene, non mi faceva vivere bene.

Ero profondamente invasa da un senso di inadeguatezza viscerale, da un’insoddisfazione che non aveva fondo, da aspettative esagerate che neanche avessi voluto scalare l’Everest.

E i risultati?

Un buco nell’acqua.

O meglio, spesso ho raggiunto grandissimi obiettivi, quelli che mi ero prefissa, ma ero felice?

No, assolutamente no. Oltretutto non facevo altro che autosabotarmi.

In questa assurda ricerca della perfezione, mi creavo degli ostacoli da sola, visualizzavo casini su casini che inevitabilmente poi accadevano, e a quel punto mi dicevo: “Ecco, vedi, non ne faccio una giusta!”. Giustificando in questo modo la forte delusione in me stessa.

gabbiano che vola sul mare atelofobia

Cause dell’Atelofobia

Le cause dell’atelofobia, di questo sentirsi di non valere nulla, possono essere di varia natura:

  • Un’educazione troppo rigida,
  • Traumi ed episodi negativi che ci hanno segnate/i nell’infanzia o in adolescenza,
  • Predisposizione Genetica.

Voglio dire una cosa che spesso sottovalutiamo.

Non c’è nulla di male nel desiderio di sentirsi gratificato/a e accettato/a. È un desiderio intrinseco nella natura umana perché noi siamo esseri sociali e ricercare l’approvazione altrui di per sé è un aspetto naturale della nostra umanità.

Perciò finiamola con queste affermazioni che dobbiamo bastare a noi stesse/i e che, se siamo felici noi, chissenefrega degli altri.

Semmai è il contrario: quando noi siamo felici, vogliamo esserlo insieme agli altri, vogliamo che anche gli altri assaporino quella stessa felicità, perché quella felicità ha il suo senso massimo nel condividerla con chi ci sta a fianco, con chi amiamo, con gli altri appunto.

Atelofobia: campanelli d’allarme

Il problema nasce quando questa ansia di perfezionismo diventa una fobia e non ci permette di vivere una vita sana.

Quando limita le relazioni sociali, quando aumenta l’insicurezza personale, quando ci diamo troppo addosso incolpandoci di qualunque fallimento.

Beh, lì, dovremmo fermarci un attimo e invertire la rotta. 

  • Punto primo: fallire nella vita è normale. Ho dedicato alla paura di fallire un articolo intero mostrandoti come qualunque persona che nella vita abbia realizzato qualcosa di considerevole è passata attraverso numerosi fallimenti.
  • Punto due: la perfezione nell’essere umano non esiste. Per cui la corsa a correggere i propri difetti, sempre che si tratti solo di difetti, è assolutamente inutile, anzi è deleteria perché ti fa sprecare solo tanta energia che potresti riporre in altro. Un esercizio utile in tal senso è quello di scrivere nero su bianco due liste: una lista di massimo 10 cose che di te non ti piacciono, e una lista di 10 o più cose di te che ami. E se queste ultime non ti vengono in mente, chiedi alle persone che ti vogliono bene qual è la cosa che più amano di te e scrivila in quella lista. Sono certa che dopo averla letta, ti verrà fuori un bel sorriso.
  • Punto tre: se aspiri davvero alla realizzazione personale, e credo proprio che sia così perché alla fine l’istinto di sopravvivenza e il desiderio di essere felici è più forte di qualunque altra cosa al mondo, l’incapacità di rilassarsi, l’irritabilità, alzare sempre l’asticella delle tue aspettative non ti aiuterà affatto nell’arrivarci. Al contrario il rischio sarà quello di immobilizzarti in preda a un forte senso di impotenza, e farti sprofondare in un senso di vergogna per non essere mai all’altezza di aspettative troppo alte. Aspettative tra l’altro che ti sei posto/a solo tu, nessun altro.

Quando oltre tutto questo, sopraggiungono episodi psicosomatici come mal di testa, respiro affannoso, tensioni muscolari, senso di soffocamento e panico di perdere il controllo, beh, qui è il caso di chiedere aiuto a uno psicoterapeuta. Il nostro corpo è un grande messaggero di ciò che ci accade. Ascoltarlo è un passo importante verso la guarigione.

Come superare l’atelofobia?

Per superare l’atelofobia è fondamentale innanzitutto accettarla, accettare che tutto questo accade in noi e che raggiungere la perfezione non può essere un obiettivo sano per la nostra vita.

L’unica cosa che accadrà mantenendosi dentro questo circolo vizioso sarà una forte tendenza al pessimismo, una costante paura del rifiuto e di non farne una giusta, oltre a rabbia, senso di colpa e uno stato di inadeguatezza che non passerà mai.

A meno che non diciamo: Stop! E prendiamo un’altra strada.

La strada dell’equilibrio della vita.

Un buon inizio è quello di approcciarsi a tecniche di meditazione o di mindfulness che ti aiutano ad ancorarti al momento presente e a lasciar andare le preoccupazioni create nel passato o relative al futuro.

Nella sezione crescita personale, trovi diversi articoli in cui spiego varie tecniche di meditazione e di rilassamento con cui puoi cominciare.

Te ne lascio qui di seguito tre per curiosare:


Se poi ti rendi conto che continui a porti obiettivi irrealistici e che persino fare un gesto semplice e quotidiano diventa un peso insormontabile, chiedi aiuto.

Ché come spesso dico, chiedere aiuto è un grande gesto d’amore e di coraggio verso se stesse/i, non di fragilità emotiva.

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So cosa si prova quando ci si sente inadeguate/i, quando si ha continuamente paura di sbagliare e si è ipercritici verso se stessi/e.

Tutto ciò che ho vissuto nella mia vita mi ha portato prima di tutto a trovare un metodo per uscire da tutto questo e poi offrirlo alle altre persone che sono nella stessa situazione in cui ero io anni fa.

Perciò seppellisci l’irritabilità e la rabbia (che quelle logorano e nient’altro) e invece di aspirare alla perfezione, lascia andare finalmente il controllo e aspira una volta per tutte alla tua felicità.

Buona vita, anima al contrario!

Le tecniche di visualizzazione non funzionano

visualizzazione cervello

Ebbene sì, hai letto proprio bene.

Le tecniche di visualizzazione non funzionano… per lo meno quelle che al 99% dei casi ti propinano sui social e sul web.

Il mio scopo in questo articolo è di fare un po’ di chiarezza dal punto di vista neuroscientifico sul potere della visualizzazione e di darti qualche dritta su visualizzazioni che invece sono efficaci.

Ma partiamo con ordine.

Perché le tecniche di visualizzazione non funzionano sempre

Vediamo prima perché le visualizzazioni non sempre funzionano e, anzi, a volte sono davvero dannose nel processo per raggiungere i tuoi obiettivi.

E lo vediamo proprio dal punto di vista di quella super macchina che io amo tanto e che per fortuna abbiamo tutte e tutti in dotazione. Peccato che la usiamo ancora troppo poco!

Sto parlando del nostro cervello.

Passare il tempo immaginando a occhi chiusi o aperti il nostro obiettivo finale, dà al cervello informazioni solo ed esclusivamente su questa opzione.

Se poi questa opzione non si realizza e il nostro cervello non è stato preparato, quello che succede è che ci ritroviamo terribilmente frustrate e frustrati, in preda a pensieri distruttivi nei nostri confronti tipo: “Ecco vedi, anche questa volta è andata di m….”, “Tutti gli altri con le visualizzazioni riescono a realizzare qualunque cosa e io no”, etc, etc.

Che poi vorrei vedermeli “tutti questi altri” che hanno raggiunto i propri scopi solo con le visualizzazioni.

Ma torniamo alle cose importanti.

Il nostro amato cervello che per millenni si è evoluto per proteggerci, pensando solo che tutto andrà bene (mannaggia a chi ripete ancora quella frase), non è pronto a difenderci dalla situazione che si è creata, una situazione che nel suo linguaggio è traducibile in: “SOS! Pericolo per la nostra sopravvivenza!“.

Risultato? Via di stress, panico, respiro affannoso e tante altre cosette che non ci piacciono molto.

C’è però un metodo che può aiutare il nostro cervello a vivere la cosa nel modo che per lui è corretto, quindi preservando la nostra esistenza, e che ti porta comunque a realizzare i tuoi obiettivi.

visualizzazione sfera durante il tramonto
*

Tecnica di visualizzazione che funziona

Ma quindi esiste un tipo di visualizzazione per raggiungere i propri obiettivi? Una tecnica che sia efficace e che ti porti al risultato tanto agognato?

Tra tutte le tecniche di visualizzazione ce n’è una che trovo davvero efficace e che sperimento ormai da anni con ottimi risultati sia su di me sia sulle mie e sui miei clienti.

Parlo della visualizzazione del processo.

La visualizzazione del processo

In cosa consiste questo esercizio di visualizzazione?

Te lo spiego in modo molto semplice e poi ti faccio un esempio.

Diciamo che tu debba andare da A a Z, dove A è il punto dove ti trovi adesso e Z è il momento in cui realizzi il tuo obiettivo.

Visualizza Z in tutti i suoi dettagli.

Che cosa succede in Z? Cosa provi? Che sensazioni hai nel corpo? Cosa vedi intorno a te?

Insomma tutte le cose che ti dicono di fare in una qualunque visualizzazione positiva, che già chiamarla positiva mi fa venire l’orticaria, ma magari del pensiero positivo ne parliamo un’altra volta.

Ok, torniamo al momento Z.

Hai raggiunto il tuo obiettivo e sei felice e soddisfatto/a.

Adesso come un nastro che molto lentamente si riavvolge torna da Z ad A.

Cosa succede nel punto V, e nel punto U?

Pian piano visualizza come sei arrivato/a da A a Z ripercorrendo tutto il processo.

Facciamo un esempio.

Diciamo che tu voglia pubblicare un libro e che A è il momento in cui sei davanti al Pc a scrivere la prefazione del tuo libro e Z è dove vedi il tuo bel libro sugli scaffali delle librerie. Nel riavvolgere il nastro vedrai il momento in cui il tuo libro è stato stampato, il momento in cui hai firmato il contratto con la casa editrice, il momento in cui hai contattato un editor, e così via finché non torni ad A.

Procedere da Z ad A e viceversa ti permette di decidere quale azione puoi fare subito perché il tuo desiderio diventi realtà.

Pensare di visualizzarlo e poi mettersi sul divano ad aspettare, non ti porterà al raggiungimento del tuo obiettivo.

Bisogna fare azioni ispirate, dettate dal tuo desiderio profondo, e certamente lasciare anche che la vita (universo, dio, come lo vuoi chiamare, va bene in ogni caso) ti supporti nell’arrivare a Z.

Ricordati che queste due cose vanno a braccetto: le tue azioni ispirate e la fiducia che la vita ti porterà esattamente dove devi andare non sono mai separate.

Non ti fissare sul desiderio

E poi c’è una cosa importantissima da fare: dedica al tuo desiderio una o due volte al giorno, non di più.

Non è che visualizzando in continuazione aumenti il potere della tecnica. Anzi il rischio è che passi più tempo a visualizzare che a vivere.

Liberati dal desiderio. Lascialo essere, incarnarsi.

E lascia anche che il processo possa cambiare.

La visualizzazione del processo ti aiuta a mettere in campo azioni concrete e fluide, ma non devi fissarti su quel processo. Può darsi che la vita decida di seguire un’altra strada per farti arrivare al tuo obiettivo finale. Basterà che ogni volta lo accetti e allinei le tue azioni con questi piccoli aggiustamenti che la vita fa per te. Mettici tutta la fiducia possibile. 

C’è un’altra piccola cosa da fare, fastidiosetta, ma che ti aiuta moltissimo.

Visualizza il fallimento

Eh, sì, hai capito bene: visualizzare il fallimento nel raggiungimento di ciò che desideri è fondamentale perché tu possa davvero creare una vita felice e realizzata.

Attenzione, non ti sto dicendo che devi visualizzare il fallimento continuamente. Basta una o due volte.

A cosa serve visualizzare il fallimento? A trovare un piano B.

Cosa intendo?

Visualizza che il tuo obiettivo non venga raggiunto e, durante la tua visualizzazione mentale, prova a immaginare quale alternativa potresti mettere in campo. Pensa a cosa potresti fare se quell’obiettivo non andasse in porto.

In fondo la vita ha tante opzioni, possibilità da vagliare, non solo una.

E in quelle opzioni trova il tuo personalissimo piano B, una sorta di paracadute da mettere in campo solo se il tuo obiettivo non dovesse essere raggiunto.

E dopo averlo visualizzato e preso atto, metti da parte questa immagine. Ora non ti serve più. Ti servirà soltanto in caso di mancata realizzazione.

Se vuoi approfondire l’argomento “fallimento”, puoi leggere anche:

Come superare la paura di fallire.


Visualizzazione creativa

Oltre a immaginarlo, puoi realizzare una versione creativa del tuo obiettivo, con una vision board.

Oggi, grazie all’Intelligenza artificiale, puoi creare immagini davvero realistiche di un/a te che sta vivendo appieno la vita che desideri e del processo con cui ci sei arrivato/a.

Se vuoi qualche dritta su come realizzare questo tipo di board, dai un’occhiata all’articolo:

Moodboard di ispirazione: cos’è e come crearla.


A cosa servono le visualizzazioni

In conclusione il mio approccio è sempre quello di sperimentare su di te cosa funziona e cosa no.

Sono le tecniche che vano messe al nostro servizio, non il contrario. Ecco a cosa servono anche le tecniche di visualizzazione.

Perciò se gli esercizi di visualizzazione ti sono utili per procedere in modo spedito verso i tuoi obiettivi anche così come le raccontano sui social, va benissimo farle in questo modo.

Se invece sperimentando la tecnica che ti ho proposto in questo articolo, partendo dalla visualizzazione del processo e da quella del fallimento, seguita dalle azioni ispirate, vedi che per te funziona meglio, allora segui questo metodo.

Come sempre dico, siamo esseri umani unici e solo rispettando questa unicità possiamo realizzare il meglio dalle nostre vite.

Perciò buona vita, anima al contrario!

*le immagini in questo articolo sono by pexels

Come sviluppare relazioni sane e significative

relazioni sane di coppia

Consigli pratici per creare relazioni sane e migliorare le connessioni personali.

Detta così, sembrerebbe il solito articolo Bullet Point che… anche basta!

Mi piacerebbe in questa sede parlare da me a te come fossimo nella mia cucina a bere un caffè insieme. Ti va?

Allora accomodati mentre preparo la moka e, intanto, se ti fa piacere, raccontiamoci le nostre esperienze sulle relazioni sane o meno che abbiamo vissuto.

Su cosa si basa una relazione sana?

Ma io cosa ne so di come funziona una relazione sana?” – è una domanda che capisco perfettamente.

Sì, perché dal punto di vista professionale, conosco bene le dinamiche che portano o meno a delle relazioni sane e durature e so anche come aiutare le persone a sviluppare quel tipo di relazione, ma non si tratta solo di professionalità.

C’è l’esperienza personale perché, io per prima, mi sono fatta mille volte quella domanda dato che ho avuto solo un modello, quello dei miei genitori che si amano alla follia da sempre, che ancora oggi camminano mano nella mano.

Ma questo, se da un lato è bellissimo, dall’altro ti fa credere che ogni relazione al mondo sia così.

Finché, vivendo, ti accorgi che non è affatto così. O meglio che ci sono vari tipi di relazioni, alcune sane, altre meno e che non sono tutte uguali.

Relazione sana con te stessa/o

Mentre la moka borbotta ricordandomi che il caffè è quasi pronto, ti racconto di quando ho capito chiaramente che non potevo costruire alcuna relazione sana con chiunque se prima non l’avessi creata con me stessa.

Il punto principale di ogni relazione è che ci dimentichiamo che, se per prime/i noi non abbiamo un rapporto armonioso con noi stesse/i, non potremmo mai averne uno positivo con alcun altro/a al mondo.

Perciò partiamo da noi, da me, da te.

Proviamo ad osservarci onestamente. Anche ad ascoltarci. Senza giudicarci possibilmente. Dico “possibilmente” perché la cosa non è semplice. Ma su, proviamoci.

Sono certa che, se guardi te stessa/o con onestà, vedrai le qualità migliori che hai e anche quelle cose che magari vorresti migliorare.

Ecco, il primo passo da fare ora è…. No, non è darti addosso per queste ultime cose a causa delle quali non sei stata/ in grado di costruire relazioni sane.

Il primo passo da fare è accettarle e integrarle.

Può esserti utile in tal senso il mio articolo su come trasformare la propria ombra in luce.

Non cercare l’approvazione degli altri

Il caffè è pronto. Ti chiedo se vuoi dello zucchero mentre tu mi accenni a quanto tempo perdi cercando l’approvazione altrui.

E anche questa cosa la conosco molto bene. Ci sono passata anch’io e, in questa ricerca totalmente inutile, ci sono rimasta per troppo tempo.

Finché non mi è arrivata un’illuminazione, in realtà una craniata sul muro, ma dire “illuminazione” fa più figo.

Sai qual è stata questa illuminazione?

Gli altri ti ameranno quando tu ti amerai!

Ora so che potrebbe sembrare una frase da cioccolatino ma è una verità assoluta.

Dovevo ripartire da me. O meglio potevo, perché qui si tratta sempre di volontà personale. E io di volontà ne avevo tanta. La volontà di cambiare la situazione.

Solo quando inizi ad amarti per chi sei (non per cosa fai), solo quando ti riconosci nella bellezza della tua unicità, allora anche gli altri ti ameranno. Ti riconosceranno. Provato sulla pelle.

Non si tratta solo di belle parole ma di fatti concreti.

All’inizio non è facile, lo so bene, soprattutto se non l’hai mai fatto, se ti manca quel pezzetto perché magari non l’hai imparato da nessuno, perché ti è mancata l’attenzione fin da piccolo/a, lo capisco benissimo, ma sappi che tutto si può allenare, anche l’amore verso te stessa/o.

Arrivo con la tua tazzina.

un caffè per parlare di relazioni sane
*

Come costruire relazioni sane e felici

E adesso che siamo sedute/i comodamente una di fronte all’altra/o, possiamo addentrarci nell’argomento e indagare insieme quali sono gli elementi fondamentali di una relazione sana.

Perché per quanto noi possiamo essere individui solitari o festaiolo, siamo sempre animali sociali e interdipendenti, sempre.

Inoltre è dimostrato dalla scienza, non da me, anche se ho un po’ di esperienza al riguardo, che la vita si allunga quando si hanno relazioni sane e felici.

Perciò per lo meno proviamoci, che ne dici?

Attenzione al giudizio

Ne abbiamo accennato prima: il giudizio è una brutta bestia, sia verso di noi sia verso gli altri.

Stando al fatto che è impossibile non giudicare perché il cervello si è evoluto per migliaia d’anni con lo scopo di farci sopravvivere e giudicare in fretta è una sua prerogativa in tal senso, possiamo limitare quel giudizio.

Prendiamo atto perciò che giudichiamo sempre e, una volta fatto questo, cerchiamo di andare oltre e, obiettivamente, osservare chi abbiamo di fronte dandoci anche del tempo per farlo e, aggiungerei, anche tanta pazienza.

Non puoi cambiare l’altro

E dopo aver osservato con obiettività, mi auguro ci siamo riuscite/i, assumiamo come verità assoluta queste parole che ti invito a ripetere con me:

IO NON POSSO CAMBIARE NESSUNO!

Io non posso cambiare nessuno! Io non posso cambiare nessuno!

Chiaroooooooo?????

L’unica persona che possiamo cambiare siamo noi stessi/e.

Anche perché ti ricordo sempre quel principio della volontà. Io cambio se voglio cambiare, altrimenti resto come sono. Punto e basta!

E questo vale anche per l’altra persona. Cambia se e quando vuole cambiare. E noi non abbiamo alcun potere in questo.

Se vuoi, lo ripeto anche mille volte, ma credo tu abbia afferrato il concetto.

Rispetto della diversità reciproca

Partendo da questo presupposto necessario, che ci fa andare un attimo di traverso il caffè, facciamo un passetto avanti ricordandoci quell’altra parolina magica: Rispetto!

Siamo esseri umani tutti diversi, tutti unici, e ciò che piace a me non è detto che piaccia a te o alla persona con cui ti relazioni.

Il modo migliore per instaurare una relazione di rispetto è conoscere l’altra persona, farle delle domande su cosa ama, su cosa non sopporta, insomma mettersi in ascolto.

E solo a quel punto fare alcune considerazioni:

  • Alla luce di quello che so oggi, voglio davvero costruire una relazione con questa persona?
  • Se la risposta è sì, posso trovare dei compromessi laddove non troviamo punti di incontro?

Perché se la risposta a queste domande è no, allora meglio lasciar perdere altrimenti invece di una relazione sana potremmo iniziare qualcosa che non farà bene né a me né all’altra/o.

Aspettative e dipendenze affettive

Rispondere a queste domande affermativamente apre la porta inoltre a due aspetti fondamentali di una relazione sana:

  • non avere troppe aspettative! Dico troppe perché è nella natura umana avere delle aspettative, ma creare una relazione basata su continue aspettative porta solo a un logorio tuo e della relazione portandola inevitabilmente in un baratro senza via d’uscita.
  • evitare dipendenze affettive. Questo è un altro punto importantissimo. Una relazione sana non può essere creata tra due persone dipendenti. Quando c’è dipendenza, la relazione porta sempre e soltanto a soffrire. In questo caso è fondamentale farsi aiutare.

Fai una selezione

Altra cosa fondamentale è fare una selezione.

Sì, alcune persone lo trovano cinico. Io lo trovo sano.

Un tempo ero una grande attrazione per i vampiri energetici. Sto parlando di quelle persone che ti risucchiano dalla testa ai piedi.

Ti chiamano a mezzanotte per raccontarti delle loro relazioni con altri/e e ti tengono al telefono ore. Ti fanno notare se tu non le ascolti (peccato che dopo un’ora l’orecchio ti si è squagliato). Ti vogliono disponibile per loro h 24.

Potrei fare ancora mille esempi ma quello che mi preme dirti è che, finché non dirai un secco NO a queste persone, il loro vampirismo continuerà in eterno.

Poni dei confini

Con queste persone succhia-energia, ma anche con tutte le altre, è fondamentale mettere dei paletti, dei limiti invalicabili che tu e solo tu puoi stabilire.

Perché se per prima/o tu non incidi questi limiti dentro di te, non potrai mai comunicarli all’esterno. Sembrerai solo affannarti dicendo: “Non chiamarmi più! Non voglio più vederti!” –  etc. 

Invece, e anche qui parlo per esperienza personale, una volta che lo assumi dentro di te, queste persone, guarda caso, non ti chiameranno più perché lo sentiranno chiaramente che non si possono più avvicinare a te, che non sei più disponibile.

Ricordati che tu non sei il loro analista (a meno che tu non lo sia ovviamente)!

Il ruolo della solitudine nelle relazioni sane

Non c’è niente di meglio di un momento per sé per creare relazioni migliori.

Ritagliarsi dei momenti di solitudine, stare nel silenzio, con te e solo con te, nella natura, sul divano a leggere un libro, facendo journaling o meditazione, sono spazi assolutamente sani e fondamentali per costruire una relazione sana prima di tutto con te stessa/o e poi con gli altri.

Personalmente ho imparato ad ascoltarmi proprio ricercando i miei momenti di solitudine. E una volta che lo impari lì, allora sarai in grado di ascoltarti anche in mezzo a una folla.

So che, a volte, la solitudine fa paura.

Alcuni miei clienti, uomini in particolare, mi dicono che non riescono a stare in silenzio, preferiscono ascoltare un po’ di musica. Il ché va assolutamente bene, soprattutto all’inizio, ma allenarsi al silenzio è un’abitudine che porta immensi benefici. 

La paura è stare soli con se stessi.

La capisco naturalmente, ma so anche che, superare quella paura, ti permette di creare un rapporto solido con te stesso/a che porta quella solidità anche nelle relazioni esterne.

Vale la pena provarci.

Fiducia e onestà

Per quanto mi riguarda, la cosa più importante in una relazione sana e duratura è l’onestà, prima con se stesse/i, poi con la persona con cui si vuole costruire una relazione.

Fin dall’inizio è fondamentale instaurare una relazione di fiducia in cui le persone nella relazione si sentano a loro agio ad aprirsi, confrontarsi, dirsi come si sentono in relazione all’altra/o.

A questo proposito, essendo un argomento che mi sta molto a cuore, ho scritto un articolo su: Dire la verità o mentire, tu cosa scegli?

Comunica in modo empatico

Imparare a conoscere se stesse/i, essere sincere/i, porre dei confini sono tutte cose utili anche per ottenere un altro grande successo: saper comunicare.

Sì, perché spesso le relazioni si incrinano per cose fraintese, parole mal interpretate, atteggiamenti confusi.

Quando invece si crea una relazione basata sul rispetto, sull’ascolto, sulla condivisione, allora si crea anche una comunicazione empatica che è fondamentale nella costruzione di relazioni sane e durature.

La comunicazione empatica comporta anche la condivisione delle emozioni e questo non fa altro che avvicinarci all’altra/o, sentirla/o, comprenderla/o.

In questo articolo ho parlato a lungo dei vantaggi della comunicazione assertiva. Se vuoi approfondire l’argomento sulla comunicazione, ti consiglio di leggerlo.

mani intrecciate relazioni sane
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Una relazione di coppia sana come funziona

Mentre ti vedo girare a vuoto il cucchiaino nella tazzina ormai senza caffè, mi guardi timidamente e mi chiedi: “E quando si tratta di una relazione di coppia?”.

Sorrido perché lo so che è un nodo per molte persone.

Perché costruire una relazione di coppia sana e felice è impresa davvero ardua nel nostro tempo dove lasciarsi è tanto semplice e veloce.

Su questo punto, mi sento di dirti innanzitutto che tutte le cose che ci siamo dette/i prima valgono assolutamente, se non di più, per le relazioni di coppia.

L’onestà reciproca, l’empatia, l’ascolto, il rispetto della diversità, tempi per te e l’altro insieme e separatamente sono basi imprescindibili.

Aggiungerei solo una cosa.

Non esiste una relazione di coppia uguale all’altra!

Quindi non fare paragoni, soprattutto con quelle coppie edulcorate che vedi sui social. La vita di coppia è fatta di bacini ma anche di piatti volanti. Non tutte ovviamente, ma si è capito il senso.

Inoltre ogni persona manifesta l’affetto a modo tutto suo: c’è la persona più affettuosa, quella meno fisica, quella che fa gesti piuttosto che dire parole e l’elenco potrebbe proseguire all’infinito.

Il punto è anche in questo caso farsi delle domande, chiedersi se davvero ci va bene stare in quella relazione, se ciò che proviamo è sano così come quello che prova l’altra persona, se nonostante le litigate il rapporto è solido e basato sul sostegno reciproco, se invece ciò che non tolleri supera ciò che ami nell’altra/o, se non fate squadra nei momenti cruciali, se siete entrambe/i felici dei successi reciproci.

Perché è in base a queste risposte che io personalmente ho deciso di investire nella mia relazione, anche se non è sempre stata idilliaca, se è stata ricca di salite impervie, ma mi ha dato modo di crescere, di conoscermi meglio e di conoscere meglio cos’è l’amore, non le aspettative, non il giudizio.

Ricordati: noi non possiamo cambiare l’altro! Noi possiamo agire solo su noi stesse/i.

Da qui devi partire sempre. E in questo dialogo sincero con te stessa/o decidere se iniziare/continuare una relazione o tagliare definitivamente.

Non c’è una decisione giusta o sbagliata di per sé, c’è una decisione giusta per te.

Mi auguro che questa chiacchierata davanti a un caffè ti sia stata utile e, se vuoi parlarne, ricordati che sono qui.

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Come trasformare la propria ombra in luce

come affrontare la propria ombra

Di tanti concetti che ho approfondito negli ultimi anni, quello dell’ombra resta uno dei più affascinanti.

Per questo ne ho studiato i più intimi aspetti in me e nelle persone che lavorano con me, perché ormai ne sono fermamente convinta: è integrando l’ombra in se stesse/i che si spalancano le porte verso una felicità vera e duratura.

Perché dico questo con tale convinzione?

Cerco di raccontarlo in maniera più semplice possibile nelle prossime righe.

Che cosa rappresenta l’ombra?

Partiamo dal cosa rappresenta l’ombra.

L’ombra è ciò che noi, nel corso della vita, abbiamo rifiutato e messo nel cantuccio del: “Ah, no, con me questa cosa non c’entra nulla”.

Noi ci etichettiamo come oneste/i, brave/i, pigre/i, ambiziose/i, fallite/i. L’elenco potrebbe continuare all’infinito.

Ognuna e ognuno di noi si giudica. A volte con un po’ di compassione, altre volte in maniera davvero spietata.

Appiccicandoci addosso quell’etichetta e quelle etichette, gettiamo nel pozzo dell’ombra tutto ciò che è il loro contrario.

Perciò se ci riteniamo oneste/i, penseremo peste e corna dei disonesti; se ci riteniamo puntuali, ci daranno follemente fastidio i ritardatari e le ritardatarie; se siamo persone silenziose e riservate, ci darà fastidio chi alza la voce. E così via.

Ombra mano e porta
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Come si manifesta l’ombra?

Ci sono anche altri aspetti da considerare.

Per esempio uno dei modi in cui l’ombra si manifesta è la malattia.

Sintomi come il mal di testa o il mal di schiena spesso nascondono il rifiuto della propria ombra.

Si dice che “nella malattia si è onesti”. Forse perché quando abbiamo a che fare con le problematiche fisiche, in qualche modo, il corpo ci costringe ad affrontare certi aspetti di noi che non vogliamo vedere, l’ombra per l’appunto.

Cosa sono le nostre ombre?

Cosa sono quindi le nostre ombre?

Sono quegli aspetti di noi che rifiutiamo e che, a volte, la vita ci para davanti anche insistentemente non perché voglia farci i dispetti ma perché lo scopo finale della vita è la nostra evoluzione personale.

E se siamo persone che tendono al proprio miglioramento personale, la vita fa a gara per aiutarci.

Sì, lo so, a volte ci piacerebbe riposare un attimo e non essere sempre sottoposte/i a prove, ma so anche, e credo lo sappia anche tu, che il beneficio che ci torna indietro ogni volta che superiamo uno step della nostra evoluzione è immenso e irrinunciabile.

Perciò adesso mettiamoci all’opera e vediamo come trasformare le nostre ombre in luce per la nostra vita.

Cosa significa integrare l’Ombra?

Integrare l’ombra significa innanzitutto riconoscerla in noi.

Affermare: “Ah io non sarò mai così, non farei mai questa cosa”, ci allontana velocemente da questa integrazione.

C’è una cosa importante che voglio dire a questo punto.

E anche a gran voce:

Non è che integrare e accettare vuol dire che, se noi siamo persone oneste, automaticamente diventiamo persone disoneste!

Aspetta, lo chiarisco meglio.

L’inganno della Legge dello Specchio

Ultimamente mi ritrovo davanti a certi video sui social che parlano della legge dello specchio, secondo il mio personale parere, in maniera errata o per lo meno superficiale.

Questi guru della crescita personale affermano che, se una cosa di una persona ti da fastidio, allora sicuramente quella cosa ce l’hai anche tu dentro.

Hai presente quando fai notare a qualcuno che magari ami (perché altrimenti chi te lo fa fare?!) che quel certo atteggiamento non è proprio carino e, a volte, fa soffrire gli altri e quel qualcuno invece di fare un minimo di auto-osservazione, se ne esce con: “Ma guarda che se ti da così fastidio, anche tu sei un po’ così.”?

Ecco, la legge dello specchio viene spiegata in questo modo.

Cerco allora di fare un po’ di chiarezza.

La legge dello specchio dice che gli altri e il tuo ambiente ti mostrano certe cose di te che altrimenti non vedresti. O come spesso accade (e qui è dove mancano questi video) lo specchio ti indica ciò che tu non desideri essere.

Per cui osservando lo specchio puoi pensare: “Ok, questa cosa ora la vedo bene, so che non è in linea con la persona che voglio essere e, sebbene so che esiste anche in me perché in me c’è tutto, ombra e luce, decido con il mio libero arbitrio di non agirla nella mia vita”.

Il concetto di ombra spiega che più tu lotti contro qualcosa, più quella cosa tu la rifiuti, non che tu debba identificarti con essa, altrimenti faresti la stessa cosa di quando ti identifichi con la tua parte di luce. Quindi di nuovo saresti in una situazione di dualità e non di integrazione.

Ecco, facciamo attenzione a questi dettagli, che fanno la differenza in un’analisi accurata del concetto di ombra.

Come si fa ad accettare l’ombra?

E adesso veniamo alla pratica.

Come facciamo ad accettare le nostre ombre?

Talmente non ci piacciono che, appunto, le rifiutiamo, non riusciamo automaticamente ad accettarle.

Beh, di certo il lavoro sulle ombre non è un lavoro semplice, né veloce. Ci vuole tempo, tanto amore verso se stesse/i e, spesso e volentieri, l’aiuto di un/a professionista che ci accompagni in questo percorso.

Accettare l’ombra vuol dire prima di tutto riconoscerla in noi.

Vuol dire mettere da parte quelle etichette che ci siamo affrancate e avere a che fare con queste strane creature, le ombre, che pensiamo brutte e cattive ma sono solo l’espressione dell’altra polarità, che è sempre nostra.

Si parte da qui.

Un esercizio pratica sull’ombra

Un esercizio che trovo molto efficace è quello di farsi delle domande e scrivere nero su bianco le risposte.

Per esempio potresti chiederti:

  • Cos’è che mi da così fastidio in quella persona o in quella situazione?
  • Cosa accadrebbe se io mi comportassi come quella persona?
  • In tutta onestà c’è un’esperienza personale che mi ha portato a crearmi una convinzione riguardo quell’atteggiamento/persona/situazione?
  • E se quell’atteggiamento trasformandolo in positivo mi portasse dei vantaggi, quali vantaggi sarebbero?

Se c’è una cosa che ho imparato negli anni su me stessa e con il lavoro di coach è che ogni ombra nasconde un dono.

Accettare che dentro di noi ci sono anche aspetti più o meno oscuri, ci permette di portare alla luce nuove qualità che sono già dentro di noi ma che, negandole, non abbiamo l’opportunità di sperimentare.

Cos’è l’ombra per Jung?

Colui che ha approfondito in psicologia meglio di chiunque altro il concetto di ombra è stato certamente Carl Gustav Jung.

Jung considerava l’ombra ciò che l’essere umano non riconosce in sé: l’altro, i difetti, lo sconosciuto. La proiezione all’esterno, negli altri, di ciò che noi rifiutiamo di noi stesse/i e più non la riconosciamo in noi, più la proiettiamo fuori.

Ecco cosa dice Jung stesso del lavoro sull’ombra:

«Se e quando un individuo fa un tentativo di vedere la sua ombra, egli diventa consapevole (e spesso si vergogna di) quelle qualità e impulsi che nega in sé stesso ma può chiaramente vedere negli altri – cose come l’egoismo, la pigrizia mentale e la trascuratezza ; le fantasie, gli schemi e le trame irreali; la negligenza e la codardia; l’amore smodato per il denaro e per i beni – … un lavoro di autoeducazione lungo e doloroso

Nella letteratura l’esempio più conosciuto che mostra come funziona l’ombra è Lo strano caso del Dr Jekyll e Mr Hyde, dove il Dr Jekyll nel tentativo di negare e rifiutare Mr Hyde, alla fine, ne viene completamente inglobato e imprigionato.

Ecco cosa succede se rinneghiamo i nostri aspetti ombra. Più o meno, ovviamente.

Affrontare la propria ombra

Ora, senza arrivare agli estremi del Dr Jekyll che la letteratura, si sa, a volte può essere davvero macabra (ma anche questo ha il suo perché), affrontare e integrare il proprio Lato ombra, ci permette di trovare in noi innanzitutto l’equilibrio, poiché noi siamo duali, non uno.

In noi c’è bene e male, nero e bianco, brutto e bello.

E per prima cosa è necessario accettare questa dualità.

Inoltre i guadagni di affrontare la propria ombra sono numerosi:

  • una profonda conoscenza di noi,
  • maggiori possibilità di esprimere la nostra personalità e le nostre numerose qualità,
  • una vita più sana dal punto di vista fisico oltreché psicologico.

Ricordati che il fatto di relegare l’ombra nel cantuccio del “non la vedo”, non vuol dire che non esista. In tal senso, credo sia meglio sempre fare luce su tutti gli aspetti della nostra vita, perché è solo realizzando l’unità che il percorso verso la nostra felicità si compie.

E qui in queste pagine al contrario puntiamo sulla nostra felicità qui e ora, in questa vita, non altrove, non in un altro momento.

Tu cosa ne pensi? Hai mai affrontato una tua ombra, e com’è andata?

Se questo articolo ha suscitato il tuo interesse, trovi tanti altri spunti di riflessioni sulla mia pagina di Crescita Personale al contrario.

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