Sono una marinaia: intervista a Valentina Meloni

Questa è una di quelle storie che ti si infilano dentro e non riesci più a toglierti dalla testa.

Una storia che ti capita per caso nelle orecchie e non puoi fare a meno di raccontare.

Questa è la storia di Valentina Meloni, una donna che, dopo aver svolto mestieri molto diversi tra loro (segretaria, impiegata in azienda, in banca, ecc..), ha deciso di girare il mondo in maniera avventurosa.

Come?

Su una barca. Proprio così!

Ha imparato il duro mestiere del marinaio, anzi della marinaia, e per mesi ha girato il mondo in barca a vela toccando paesi come Singapore, Malesia, Thailandia, Sri Lanka, Maldive, Yemen, Africa.

Un anno nel bel mezzo dell’oceano Atlantico, l’anno dopo in quello Indiano e, infine, nel Mar Rosso.

Oggi Valentina è tornata in Italia e io sono riuscita a strapparle un’intervista che sono certa sarà per tutte/i noi una boccata d’aria fresca e una spinta in avanti nella realizzazione dei nostri desideri.

giro del mondo in barca Valentina Meloni
Valentina a Kabri – Thailandia *

Intervista a Valentina Meloni

Ciao Valentina e grazie di cuore per aver accolto la mia richiesta di raccontarci la tua storia.

  • N. Posso chiederti innanzitutto chi era Valentina prima di intraprendere questo enorme cambiamento nella vita? Cosa sentivi, provavi quando ti alzavi dal letto la mattina e quando finiva la tua giornata la sera?
  • V. Valentina era molto simile ad ora ma, allo stesso tempo, un po’ diversa. Negli ultimi dieci anni ho viaggiato tanto e mi sono ritrovata a vivere all’estero per svolgere lavori molto diversi tra loro. Le sensazioni che provo quando mi sveglio e vado a dormire sono sempre le stesse. Mi piace l’idea di non sprecare tempo. E se non impiego bene le mie giornate inizio a sentirmi un po’ inquieta. Mi piace avere sempre qualche progetto nuovo da curare o qualche avventura da intraprendere. Questo è ciò che ribolle in me da sempre. Sono comunque un po’ diversa perché ho nuove esperienze nel mio bagaglio e questo mi rende una persona in continua evoluzione.
  • N. E chi è oggi Valentina Meloni?
  • V. Fondamentalmente una persona adulta ma con lo spirito selvaggio di una bambina ribelle.
  • N. Ci racconti qual è stata la molla che ti ha fatto decidere di partire? 
  • V. L’idea di intraprendere un nuovo viaggio imparando un mestiere così affascinante e il desiderio di trovarmi isolata da tutto e tutti in mezzo all’oceano con il cielo incredibilmente stellato sopra di me. Questo è qualcosa di davvero impagabile.
Thailandia Valentina Meloni
L’arcipelago di James Bond Island in Thailandia *

  • N. E adesso? Sei tornata in Italia, alla quotidianità. Come vivi questa nuova dimensione, perché immagino ti sembrerà nuova rispetto a prima?
  • V. Quando torno a casa ci sono degli aspetti che continuano ad appartenermi, altri invece, li riscopro molto lontani. Ma forse è solo il tempo che passa e modifica le cose a prescindere dai miei viaggi. Quando lasci la tua città d’origine per molti mesi e poi torni, i cambiamenti sono sempre più evidenti e li noti con maggior attenzione.
  • N. Ti va di raccontarci tre tuoi obiettivi, uno a breve, uno a medio e uno a lungo termine?
  • V. Il mio obiettivo a breve termine è quello di trovare una nuova dimensione lavorativa il più presto possibile. E questo implica il dover decidere che professione intraprendere nei prossimi mesi. Ho tante idee ma devo decidere quali seguire. L’obiettivo a lungo termine è quello di riuscire a trovare l’ispirazione per scrivere un libro che raccolga le avventure per mare e per terra degli ultimi anni. In tanti, amici e conoscenti, mi hanno chiesto di mettere su carta queste esperienze. Ma ora come ora, non ho ancora trovato la motivazione per riuscirci. In realtà, ho sempre raccontato le mie esperienze nel mio blog e nei diari cartacei che porto sempre con me durante i miei viaggi, ma scrivere un libro è una cosa seria. E non vorrei deludere le aspettative di chi mi leggerà e dell’albero che si sacrificherà per donarmi la carta.
viaggio intorno al mondo Valentina Meloni
Tratto di navigazione tra la Malesia e la Thailandia *
  • N. Cosa diresti a chi si è sentita/o dire da tempo “Questo non è un mestiere per te”? 
  • V. Direi che c’è sempre possibilità per diventare ciò che si vuole essere. Basta impegnarsi molto e non smettere mai di credere nelle proprie capacità. Ci saranno molti no all’inizio forse e anche delusioni, ma nulla ci vieta di diventare persone nuove. Se siete intrappolati in qualcosa che non vi piace, cambiate e lavorate duramente per costruire una persona nuova. Si può fare. C’è vita dopo il cambiamento. Non ascoltate chi vi dice che non ce la farete perché spesso è qualcuno che ve lo dice per paura e perché lui stesso non ha mai rischiato. E soprattutto, prendete in considerazione strade che non avete mai considerato. Magari la prima che sceglierete non sarà la definitiva, magari sarà una strada limitrofa che vi porta alla principale, a quella che fa davvero per voi.
 
*Tutte le foto sono coperte da copyright e appartengono a Valentina Meloni

Rita Cioce: una letterata alla riscossa

Sono sempre stata convinta che sia il cambiamento delle persone comuni a determinare le vere rivoluzioni.

Mi trovo in questo d’accordo con il saggio Gandalf: “Saruman ritiene che soltanto un grande potere riesca a tenere il male sotto scacco. Ma non è ciò che ho scoperto io. Ho scoperto che sono le piccole cose… le azioni quotidiane della gente comune che tengono a bada l’oscurità. Semplici atti di gentilezza e amore.” (da “Lo Hobbit – un viaggio inaspettato”). 

E oggi, nel giorno della festa della donna, il mio riflettore è puntato su una donna, per l’appunto, Rita Cioce.

Lunghi capelli neri, sguardo fiero. Una di quelle persone che, quando le incontri, lo capisci subito che ha una storia interessante alle spalle.

Una di quelle persone che, ad un certo punto della sua vita, ha deciso di ingranare la marcia del cambiamento, lasciando un lavoro “sicuro” in un’università prestigiosa, traslocando da una casa in città che le stava stretta, e puntando tutto sulla sua felicità.

Perciò siediti comoda/o e lasciati ispirare dall’intervista a questa donna meravigliosa: Rita Cioce.

Rita Cioce ritratto
Rita Cioce

Rita Cioce

 N.  Ciao, Rita e grazie per questa occasione. Come scrivevo prima, la mia attenzione va innanzitutto alla persona. Ecco perché ti chiedo: chi è Rita?

R. Una persona in cammino che cerca Dio e che detesta gli organigrammi aziendali. Una donna che aveva un sogno e lo ha realizzato, che ha scommesso su se stessa e ha vinto!

N.  C’è stato un evento nella tua vita che ti ha fatto dire: “No, adesso basta! Adesso cambio”? 

R. C’è una frase nel film “L’attimo fuggente” a me molto cara: “È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.”
Ed è quello che ho fatto, il risultato è stato sorprendente: tutto quello che avevo inseguito e che pensavo di volere con tutte le mie forze d’un tratto è diventato “fuffa”!

Ecco come è andata: estate 2014, e non avevo mai sentito parlare così tanto di felicità come in quell’ultimo anno. Mi chiedevo: sono solo più sensibile all’argomento o qualcosa sta davvero cambiando? La gente che prima correva, adesso si fermava a pensare? Finalmente stavano mettendo in discussione i vecchi sistemi ai quali ci eravamo abituati tutti. A tanta gente lavorare otto ore al giorno non sembrava più tanto normale e il dubbio iniziava ad invadere anche le bacheche virtuali. Di ritorno da una domenica passata al mare con le mie amiche, Didi e Marianna, quest’ultima mi sorprese con una domanda: “ragazze abbiamo sbagliato qualcosa, ci siamo organizzate male, cosa abbiamo sbagliato?” 

La questione era nata spontanea al pensiero del lunedì lavorativo che ci attendeva. Quel malumore ci accompagnava ogni volta che la domenica volgeva al termine. Il motivo sempre lo stesso: il lavoro o meglio tutto il tempo della nostra vita usato per lavorare. Possibile che non ci fosse un modo per sostenersi economicamente senza ingabbiarsi otto ore al giorno? La riflessione a voce alta di Marianna restò sospesa nell’abitacolo del veicolo, ma continuò a ronzarmi in testa senza mai uscirne. Quello era un interrogativo potente a cui sentivo di dover dare una risposta. Il dubbio che la società si fosse organizzata male diventava ogni giorno di più una certezza. Preso atto di questo urgeva una risposta. Ma chi ce l’aveva? Navigando in rete scoprii di non essere sola, migliaia di persone si facevano quella domanda. Un punto interrogativo enorme che metteva in discussione tutto quello su cui avevo costruito la mia vita. Alla fine tutti lavoriamo per poter pagare i conti e concederci magari qualche agio. Ogni volta che strafacevo negli acquisti mi giustificavo dicendo a me stessa e agli altri: “lavoro come una pazza me lo merito uno sfizio ogni tanto”. Ma nella mia testa quel ragionamento non funzionava più, non tacitava i mille dubbi che avevo. Si era spontaneamente invertito: volevo lavorare ma solo per procurarmi il necessario per vivere. Svegliarmi e poter bere il mio caffè con tutta calma, e concedermi una bella passeggiata in tranquillità erano diventate le mie uniche priorità. Ero stanca di correre…
E poi è arrivato Francesco Grandis, ma questa è un’altra storia…

Parliamo di fede

N.  Quanta importanza ha avuto la tua fede cristiana in questo cambiamento?

R. All’apparenza nessuna, ma in realtà tutto! Perché ho capito dopo che quello che mi è successo faceva parte di un disegno divino.  Sognavo di diventare una nomad worker, rivolevo la mia libertà, pensavo e penso che sia ancora il più bel modo di riappropriarsi di se stessi.  Come ho scritto in un articolo per i nomadi digitali, “il nomadismo digitale è un nuovo modo di guardare alla propria vita”, è rompere un cerchio, quello che da tanti anni circoscrive le nostre vite, un cerchio invisibile che pensavo fosse la mia rivincita sul mondo e che, invece, si era trasformato solo in una gabbia.

Bene, in questi ritmi umani recuperati e finalmente con molti momenti di silenzio di cui godere, ho sentito anche la voce di Dio. È arrivata in un pomeriggio qualunque mentre fumavo una sigaretta e ammiravo i gabbiani. Le domande che mi sono arrivate all’improvviso erano due: dov’è finita la tua dimensione spirituale? E dov’è Dio nella tua vita?
Questi interrogativi arrivavano, tra l’altro, dopo tre giorni di vuoto, in cui ancora una volta stavo mettendo tutto in discussione.

Avevo realizzato tutto quello che volevo, ma mi mancava un tassello, quello più grande: il senso della vita stessa! Senso che ho trovato nel vangelo, in particolare nel discorso della montagna di Gesù, consiglio a tutti di leggerlo, vi darà una pace immensa.
Questo nuovo cammino mi ha donato persone ed esperienze meravigliose. Faccio parte, infatti, della Comunità di Sant’Egidio ed insegno italiano digitale in un Istituto Salesiano; credo sia il segno che anche a Dio piace la libertà! L’incarico arrivato davvero grazie alla Provvidenza è per me soprattutto una sfida personale ed una delle esperienze umane più belle, e mi regala l’immenso privilegio di collaborare al progetto di Dio.

Vista da casa di Rita Cioce
La vista dalla nuova casa di Rita

Progetti futuri

N.  Raccontaci com’è nato ioscrivoitaliano.it e quali sono i tuoi obiettivi per il prossimo futuro.

R. Il mio progetto è nato da una nuova consapevolezza: non bisogna guardare a se stessi sempre per difetto. Mi spiego meglio: mi ero sempre crucciata per non essere brava in inglese, trascurando per anni che nella mia lingua, invece, ero più che brava! Con l’avvento dei social network mi sono resa conto che conoscere la lingua italiana è un valore aggiunto, e pare che ultimamente se ne stiano accorgendo anche nelle alte sfere. Occorreva però rendere questa conoscenza spendibile nel mondo del lavoro; da queste due consapevolezze è nato l’italiano digitale dei letterati alla riscossa. Su Ioscrivoitaliano.it condivido le mie conoscenze di blogger e community manager utili a chiunque voglia sfruttare al massimo le potenziali della rete per farsi conoscere.

Da qualche tempo ho creato un corso di self marketing proprio per aiutare chi è stanco del proprio lavoro fra quattro mura, e ha deciso di trasformare la propria passione in un lavoro.
Ho racchiuso in questo corso quello che ho fatto io, basandomi sulla mia esperienza. Non parlo per sentito dire, ma perché ho vissuto e messo in atto una vera strategia di personal branding.

A tutti sento di dire questo: ognuno di noi ha ricevuto un dono e può farlo conoscere al mondo, bisogna studiare e lavorare sodo, ma la ricompensa è altissima.

Il lavoro non può essere una trincea, dove la tensione si taglia con il coltello, e la tristezza fa banchetto con te tutti i giorni.

Prima del salto indossavo sempre un’armatura, ora il mio outfit prevede solo un sorriso.

Ecco, ti lascio con questo augurio di Rita Cioce… che i nostri outfit prevedano, prima di ogni altra cosa, un sorriso.

Intervista a Francesca Di Pietro

Sono giorni che l’autunno bussa alla porta e lo fa con scrosci di pioggia.

Freddo gelido una mattina e caldo umido la mattina dopo. Roba che il cambio di stagione non so ancora se farlo o no.

Questo è il momento per me di mettere nuova legna sul fuoco e di solito la mia legna preferita è progettare un nuovo viaggio.

Forse per questo, forse perché l’ammiro molto, forse perché non riesco a resistere alla sua riccia chioma scarlatta, ho voluto fortemente intervistare la donna che ha fatto del viaggiare da soli la sua strada della vita, passando dal lavoro di psicologa a quella di travel-coach.

Lei si chiama Francesca Di Pietro, ha visitato 66 paesi, ha scritto un libro che risponde a molte domande sul viaggio in solitaria. Il tutto con una gran dose di ironia effervescente che è l’ingrediente magico per la vita di noi, animealcontrario.

Goditi l’intervista, entrate nel mondo di Francesca e tenetevi libere/i per i suoi progetti futuri.

Enjoy!

Francesca Di Pietro

N – Per rompere il ghiaccio, ci racconti chi è Francesca?

F – Wow! Quante ore hai perché ti risponda? Francesca è una ragazza molto riflessiva, o forse dovrei dire che si fa tante “pippe mentali” ed è per questo che sono brava a spezzettare, analizzare, meta leggere tutto! E ne ho fatto un lavoro.

N – Com’è che, ad un certo punto della tua vita, hai deciso di fare un salto quantico trasformando la tua professione di psicologa in travel coach?

F – Ho ascoltato quello che mi dicevano tutti: “devi fare la psicologa dei viaggi”. Ecco l’ho fatto! Prima mi occupavo di formazione comportamentale dell’adulto, diciamo che continuo a farlo. Ma ho cambiato il luogo ed invece che rendere una persona migliore nel lavoro mi piace pensare che la rendo migliore nella vita.

Francesca Di Pietro
Francesca a Broken Sea (Nusa Penida)

La figura del Travel Coach

N – A proposito, cos’è un travel coach e perché può fare la differenza nell’organizzazione di un viaggio in solitaria?

Il travel coaching è una metodologia che trasforma il viaggio in un processo di crescita. Quando viaggiamo da soli è tutto amplificato, ogni sensazione e ogni emozione è più forte. Noi siamo nudi e come tali più propensi al cambiamento perché non abbiamo appigli, porti o alibi ai quali appoggiarci.

F – Se ti fa piacere, raccontaci quella storia di tua nonna che attraversò le Ande nel 1911 e del tuo legame con questo evento.

Certo che te lo racconto, ci ho anche scritto un post! La storia parte dai miei capelli, io sono rossa, la mia famiglia è molto mediterranea. Sono nata a Napoli ed ero diciamo l’unica rossa, il che non ti rende l’adolescenza una cosa facile. Quando da bambina chiesi come mai io non assomigliavo ai miei genitori e a differenza di loro ero molto chiara, mi risposero che avevo preso dalla Nonna Nina, che poi sarebbe la mia bisnonna. Così mi sono appassionata alla storia e ho iniziato a chiedere informazioni a quelli che l’avevano conosciuta. Risulta che io abbia preso di lei tante cose, che ci muoviamo uguale, che abbiamo lo stesso approccio alla vita e le stesse manie. Lei nel 1911 è andata sulle Ande con il marito a cavallo per 4 anni. Così 100 anni dopo ho fatto lo stesso, non a cavallo e senza marito, ma con lei nel cuore.

Progetti futuri

N – Sono curiosa. Cos’hai in progetto per i prossimi mesi?

F – Praticamente devo fare più giri adesso che sono di base a Roma che quando sono in viaggio. Dal 25 al 27 Novembre sarò all’ Eremito per il mio workshop sul travel coaching. È l’8° edizione e ho già tantissime prenotazioni. Poi credo che per capodanno volerò in Sudafrica per la 3° volta consecutiva. Purtroppo ho promesso che avrei voluto vedere il paese in estate e io mantengo sempre le promesse! Lì sto organizzando una cosa davvero nuova per febbraio. Ho disegnato un’esperienza in cui si vede una parte del paese e si fa volontariato, è una mia idea, ho coinvolto persone che ho conosciuto in questi anni, quindi una cosa del tutto unica.

E adesso non ti resta che curiosare sul sito di Francesca Di Pietro.

Chissà che magari non ti venga voglia di partecipare a uno dei suoi workshop, o di progettare il tuo primo viaggio in solitaria.

Favolesvelte di Valeria Bianchi Mian

Psicoterapeuta, alchimista, redattrice, raffinata conoscitrice dei tarocchi.

Scrive sul suo blog… “storie di uomini e donne persi nel caos delle identità, esseri umani che ritrovano se stessi tra le onde anomale di questo tempo. Utopie, distopie, realtà complesse”.

Ti sembra che l’idea di intervistare Valeria Bianchi Mian non mi solleticasse un po’?

Claro que sì.

E così l’ho fatto, l’ho fatto in occasione dell’uscita di Favolesvelte, il suo primo libro di filastrocche.

E non sono filastrocche solo per bambini, perché io mi sono appassionata nel leggerle e ho ritrovato dentro un mondo fatato quanto reale.

Adesso goditi l’intervista e la sua vera protagonista. Vedrai che personcina!

Valeria Bianchi Mian
Valeria Bianchi Mian. Photo by Chiara Liverani

Valeria Bianchi Mian e le sue Favolesvelte

1 – In un mondo che va sempre di corsa, dove ormai si pubblicano i riassunti dei grandi classici, dove non c’è tempo per fermarsi a riflettere… perché un libro di filastrocche?

Favolesvelte è un filastroccare rapido. Nomen omen. Il libro in realtà nasce come progetto successivo al blog. Nel web ho curato uno spazio di immagini e parole che è stato attivo dal 1 gennaio 2014 fino al 31 dicembre dello stesso anno. Nella notte di San Silvestro ho cancellato tutto, ma ormai avevo già il contatto con l’editore. Il blog come progetto quotidiano ha richiesto cura, come un bambino, un giardino, un arazzo da filare. Eppure il tutto si è svolto con una certa leggerezza: scrivevo sul tram, in treno, la sera prima di andare a dormire. C’è stato un momento in cui, dopo qualche mese di esercizio, le storie mi si presentavano in testa senza che potessi fermarle e allora dovevo afferrare una penna o l’IPad e scriverle così, al volo, ovunque mi trovassi. Direi che questo modus operandi seriale s’intona molto alla nostra contemporaneità, tutto sommato. Il risultato credo sia proprio un mondo di storielle ad hoc per questi tempi, appunto. Con un’ombra da scoprire, come una mappa del tesoro.

Essere s-precisi

2 – In Favolesvelte usi il termine “essere s-precisi”. Ci spieghi meglio cosa intendi?

Intanto dico che, come scrive Federico Sirianni nella prefazione al libro, puoi leggerle dappertutto le Favolesvelte ma, se possibile, fallo ad alta voce. Secondo lui, “se non vi pigliano per pazzi, funzionano meglio”. Partecipo spesso a reading poetici e, ultimamente, anche a Slam Poetry. La poesia-filstroccheria del caso nasce dal canticchiare versi tra me e me, prende spunto dalle conversazioni quotidiane, dal mio lavoro come psicoterapeuta e psicodrammatista, dalle memorie di dialoghi e confronti amorosi, bizzarri, assurdi. Nascono quindi velocemente e con un certo “suono”. La voce come accompagnamento alla scrittura.

C’è una parte del libro dedicata alle storie “nere”. Molte di queste scritture emergono da una reale esperienza con le ombre celate nell’animo umano. Agli inizi della mia professione ho fatto volontariato in carcere, ho lavorato con donne senza fissa dimora, prostitute, tossicodipendenti, immigrate. Di storie e di immagini ne ho scaffali sinaptici pieni zeppi. Basta attivare un neurone qua e uno là ed ecco, lo dico così con ironia, esce un mostrillo che vuole raccontare la sua storia. Anche questo livello, direi, ha a che fare con il poter riflettere profondamente senza fermarsi troppo, quando nel mondo di oggi tutto va estremamente veloce.

Se poi, attraverso le mie rime e le favole – più per adulti che per bambini – al lettore venisse voglia di rallentare il ritmo per un po’, direi che questo lettore ha trovato la chiave celata nella sveltezza, il lume nella leggerezza.

Non c’è ombra senza luce, fiamma nasce dalla nerezza; rapidamente andavo cucendo un elogio alla lentezza.

Le tre ere della vita

3 – Favolesvelte è diviso in tre parti, tre ere della vita: l’Amore, l’Evoluzione, la Morte. Io ho scelto una filastrocca per ognuna di esse. Ti va di rivelarmi la tua guida interiore (cosa ti ha spinto, motivato a scriverle, qual è stato il motore interno) per ognuna di esse?

Fanciulla drago da favolesvelte

Equilibrio e Pazzia: Per questa filastrocca i già citati “tempi contemporanei” sono stati di certo calderone e materiale trasformativo insieme. L’essere umano è un connubio di opposti – i quali possono raggiungere un accordo tra loro solo attraverso la coscienza, ma spesso e volentieri restano tali e ciò si vede molto bene nella nostra epoca dall’anima decisamente frammentata.

L’infanzia di mangiafuoco: Il personaggio di Mangiafuoco mi ha sempre affascinata; avevo voglia di fantasticare sulla sua infanzia, sui traumi possibili, sulla storia della sua vita. Avrà sofferto? Che tipo di avventure avrà vissuto? Ed ecco, ne è nata una filastrocca.

La ragazza drago: Questa storia nasce da un mio disegno, l’illustrazione che accompagna il testo. C’è questa fanciulla con le spine sulla schiena, u
n piccolo drago che abita il cuore di ogni regina. Se noi donne rifiutiamo di scendere a patti con questo aspetto “rettiliano” di noi stesse non possiamo che perdere il contatto con la natura dell’essere, con le profondità della psiche. La ragazza con la pelle di scaglie, istinto primordiale, ombrosa voce del principio femminile (la Lilith, la nerezza) va ascoltata e redenta attraverso la coscienza, pena la morte – sua e della nostra stessa anima. Nella fiaba che ho scritto, meno attenzione viene data alla piccola creatura, più gli aculei che lei porta sulla schiena crescono, mettendo a rischio la vita stessa della regina.

Non ti resta che leggere Favolesvelte

E adesso non ti resta che leggere Favole svelte, non ti resta che entrare nel magico mondo di Valeria, non ti resta che collegarti con la parte interiore, pura e incontaminata, e ricordarti il tuo essere bambina/o.

Non ti resta che fare un viaggio dentro te stessa/o con la leggerezza delle sue filastrocche.

E naturalmente se lo leggerai, fammi sapere che ne pensi: sono molto curiosa!

Francesco Grandis: un uomo sulla strada giusta

immagine libro Francesco Grandis

La prima volta che mi sono imbattuta in Francesco Wil Grandis,  il mio libro era finito già da un po’ e mi stavo chiedendo cosa farne.

Surfa di qua, surfa di là, mi ritrovo tra le pagine degli eventi di Together.

Mmm” – ho pensato – “Questa storia sembra interessante“.

Ho passato le successive due ore sul blog di Wil e, a ogni articolo, continuavo a esclamare “Ma guarda che coincidenza”, “Nooooo, incredibile!”.

Come non andare a conoscerlo alle presentazioni romane del suo libro “Sulla strada giusta” (all’epoca 5000 copie vendute senza uno straccio di editore)?

Ho ascoltato la sua storia dal vivo, ho comprato e regalato il suo libro e ho continuato a dire: “Certe volte il caso fa proprio strani scherzi”.

La storia di Francesco Grandis

Francesco, un bel giorno del 2009 si ritrova in macchina a piangere, una disperazione che viene da un modo di vivere che non riconosce più come suo.

Laureato in ingegneria elettronica, lavora nel campo della robotica ma… non è felice.

Quella sofferenza lo porta a licenziarsi contro il parere di tutti e a fare un viaggio in giro per il mondo, a contatto con la natura, alla ricerca della sua personale strada per la felicità.

Incredibile” – mi dico – “il punto di partenza di Lisa in Safari è lo stesso“.

Certo, quella di Francesco è una storia vera, la mia un racconto ma nascono entrambe dalla stessa disperazione. Quella di sentirsi in gabbia in una realtà che non ti appartiene più.

Ho realizzato che non ero l’unica a pensare che quel che ci hanno insegnato fin da piccoli (tipo: studia, lavora, sposati, fai figli) non è esattamente la ricetta perfetta per la felicità, o almeno non per tutte/i.

Il gruppo Facebook di Francesco Grandis

Francesco fece un’altra azione “balorda”!

Creò un gruppo Facebook dove riunì certa “strana gente”, lettori del suo libro che, pensa che roba folle, si confrontano tutti i giorni sulle loro trasformazioni personali, si incoraggiano a vicenda e, posso dire per mia esperienza personale, finalmente non si sentono più sole/i e matte/i, soprattutto quando fanno azioni che per molti altri sono al limite dell’assurdo.

Di questo a Francesco Grandis voglio dire pubblicamente: Grazie!

A lui piace incontrare la gente in posti semplici, magari in un bar in compagnia di una buona birra e di quella “strana” gente e, quando ho preparato questa intervista, me la sono immaginata proprio così. Un gruppo di amici, in un pub a passare una serata piacevole, poi pian piano alcuni vanno via e si rimane in pochi, abbastanza sobri per chiacchierare di cose un po’ più profonde… o almeno credo.

Sulla strada giusta di Francesco Grandis

Intervista a Francesco Grandis

N: Certo che hai messo su un bel casino. 5000 persone che hanno scelto di acquistare e leggere il tuo libro? Te lo saresti mai immaginato quando la tua avventura è cominciata?

F: No. Ho aperto il blog Wandering Wil nell’autunno del 2013 senza un vero progetto. Non avevo idea di cosa sarebbe stato di me nell’immediato futuro, sapevo solo che per proseguire dovevo mettermi al centro di un vortice di energie, persone, idee. Il blog, per me, sarebbe stato il mio pentolone magico che avrebbe fatto “accadere cose”. Quando un giorno decisi che era arrivato il momento di scrivere la mia storia, qualcuno commentò: “Era ora, cosa aspettavi?”. Mi resi conto di aver avuto i lettori prima ancora di aver immaginato il libro. A quel punto ho fatto tutto quello che era in mio potere per non deluderli. So di essere arrivato al giorno della pubblicazione pensando “Non avrei potuto dare più di così”. Era un pensiero rassicurante, non avrei avuto rimorsi se le cose fossero andate male. Ma le cose non sono andate male: nemmeno otto mesi dopo ho festeggiato le 5000 copie vendute. Per un esordiente autoprodotto in Italia sono numeri immensi.

N: Ma dentro di te, quando sei solo con te stesso, ci credi davvero in un cambiamento reale, concreto della nostra società?

F: Se devo essere sincero, sono un po’ pessimista. I poteri che lavorano giorno e notte alla distruzione del nostro pianeta e a mantenere le ingiustizie sono molto forti e molto esperti, ma anche nel suo piccolo l’uomo tende troppo spesso a essere egoista e ottuso. Mi viene il nervoso se penso a quanto l’umanità potrebbe essere più avanzata se avessimo speso meglio le nostre risorse e la nostra intelligenza, se sapessimo cooperare e vedere al di là del nostro naso. Cosa può fare una persona come me per cambiare questo stato di cose? O anche mille persone come me? Possiamo iniziare a diffondere una consapevolezza di tipo diverso, cercare di svegliare le coscienze. Dicono che anche la goccia rompe la pietra se ha abbastanza tempo, ma noi abbiamo abbastanza tempo? Spesso penso di no. Questo, però, non è un motivo sufficiente per non provarci lo stesso, non credi? Potrei sempre sbagliarmi, ed è quello che spero.

N: Nolente o volente, sei diventato un punto di riferimento per un bel po’ di gente. Come te la vivi questa cosa? Ti senti addosso la responsabilità?

F: All’inizio la sentivo di più. Prendevo a cuore ogni singola persona che mi scriveva per raccontarmi i suoi problemi e per chiedermi un’opinione o un consiglio. Ora sono più distaccato. Credo sia una reazione normale all’aumento di interesse che è stato rivolto verso di me. Arrivato a un certo punto non ero più in grado di partecipare alla storia di tutti, erano troppi, anche volendo non ne avrei avuto il tempo o le energie. In fondo non mi sono mai presentato al pubblico come guru o coach: io racconto solo la mia storia e condivido le mie riflessioni, ma lascio all’intelligenza delle persone trovare quel che c’è di buono, se c’è, e farlo proprio.

N: E domani? Cosa stai progettando per il futuro?

F: Seguirò due progetti allo stesso tempo. Da una parte lavorerò ancora sul blog e sul libro, in particolare traducendoli e aprendoli al mondo di lingua inglese. Dall’altra inizierò qualcosa di nuovo: al momento sto preparando due piccole “guide”, una editoriale e l’altra più filosofica, poi spero di iniziare –finalmente!- quella che sarebbe la mia vera passione: scrivere romanzi. Sul fronte familiare intanto stiamo valutando anche un’esperienza all’estero. Insomma, un po’ di movimento. A stare fermi non si va da nessuna parte, no?