Il web umano: la mia esperienza

Che ci faccio qui?“, è la domanda che mi son fatta venerdì scorso non appena entrata nella sede della DoLab School.

Ora che questa domanda mi corrisponda perfettamente non è una novità.

Praticamente ovunque mi ritrovi, mi chiedo: «Ma come cavolo posso pensare che io c’entri qualcosa con ‘sta roba qua?». E niente, la curiosità è sempre più forte.

Facciamo un passo indietro.

Qualche settimana fa sul gruppo Facebook #adotta1blogger, leggevo di un evento che si sarebbe tenuto a Roma: #websucarta, i cui relatori erano alcuni dei blogger del gruppo.

Ho pensato che mi sarebbe piaciuto andare per vedere le loro belle facce dal vivo e perché sicuramente avrei imparato qualcosa, visto che le mie competenze di web sono pari allo 0,1% (correva l’anno 2016).

Perciò, organizzato il babysitteraggio, ovvero mamma paziente di un’amica della gnoma, e inviato Lui dalla veterinaria perché chiaramente quel giorno anche la gatta si è ammalata (che quando vuoi fare qualcosa per te, gli ostacoli non se contano), prendo la mia bella metro e arrivo nella sede della LuissLab.

Dolabschool stazione termini
(Pensiero a parte: non avrei mai avuto l’occasione di vedere una parte di Roma tanto bella quanto nascosta se non fosse stato per quest’evento. Perciò già ringrazio)

Il web umano: Che ci faccio qui?

Vado per registrarmi ed ecco che sorge spontanea quella domanda, la prima del paragrafo: “Che ci faccio io qui?”.

Tralasciamo l’aspetto “età” che erano quasi tutti più giovani di me ma soprattutto con competenze evidentemente maggiori delle mie. Io che la parola SEO, fino a qualche tempo fa, stava per Sappi Essere Onesta… che non ce capisci ‘na mazza.

Va beh, alla fine sono entrata nella sala (pienissima), mi sono seduta e ho ascoltato pensando: “Speriamo di arrivare alla fine di queste tre ore senza mal di testa”.

Il mal di testa non mi è venuto perché l’evento ha avuto un ritmo serrato, 15 minuti a relatore. Nessuno aveva il tempo di essere noioso ed era consapevole di doversi far capire. E cavolo: ho capito persino io.

Mi è piaciuto il sottolineare la necessità di lavorare in team, valorizzando le competenze di ognuno. Cosa in cui molte aziende italiane ancora latitano, aziende dove ancora c’è il capo padrone che sa tutto di tutto e meglio di tutti, accentratore di potere, opinioni, valori, capacità.

Ludovica De Luca e gli opposti

Ludovica De Luca, poi, ha detto la frase magica:“Gli opposti si conciliano”.

Capirai, io ci vado a nozze con queste parole:

  • Strategia/Resilienza
  • Pianificazione/Istinto
  • Studio/Esperienza
  • Conoscenza di sé/Conoscenza dell’altro
  • Concretezza/Cuore

Roberto Gerosa e il “cuggino”

Con Roberto Gerosa poi non sono mancate le risate, soprattutto quando ha parlato del grandissimo errore delle aziende italiane di affidare la comunicazione al “cuggino”. Cioè il parente di turno, senza affidarsi ad un professionista serio che porta valore aggiunto all’azienda, oltre che fatturato.

Valentina Sala e gli obiettivi

Quando è arrivato il momento di Valentina Sala, ho pensato: “Ecco, questo è il momento del mal di testa”. E invece Valentina, nonostante abbia parlato di numeri e di KPI (non mi chiedere che sono che ancora devo approfondire), è stata molto chiara, concreta, come piace a me, e soprattutto, visto che l’argomento “obiettivi” mi è molto caro, ho apprezzato particolarmente quando ha parlato proprio di questo dicendo che l’obiettivo deve essere:

  • Misurabile
  • Confrontabile
  • Monitorabile
  • Specifico

“La pace del mondo non è un obiettivo a meno che non ti metti lo zaino in spalla e vai paese per paese a verificarlo di persona”. Grandissima, Vale (scusa la confidenza!).

Matteo Pogliani e gli influencer

Infine Matteo Pogliani ci ha illuminato sulla figura dell’Influencer, parola che, devo dire, da sempre mi sta sulle balle. Lui invece ne ha parlato con serietà nonostante i toni divertenti (per fortuna!) e ci ha mostrato l’utilità di questa figura.

Ma soprattutto quello che mi porto a casa è stato il sottolineare da parte di tutti l’elemento umano, persino lo stringersi le mani, incontrarsi, prendere il telefono e parlarsi.

Si pensa sempre che chi lavora nel web sia restio ai rapporti umani, beh, la foto qui di seguito, spiega bene quello che ne pensa la gente del web.

Web umano Matteo Pogliani

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