Sicurezza in auto per viaggiatori e non solo

immagine in evidenza sicurezza in auto photo by Pixabay

La sicurezza in auto è una cosa di cui sento parlare spesso ma sempre con termini troppo tecnici, lontani dalla mia quotidianità.

Non so se è un percepito solo mio ma ho pensato di raccontarti cos’è per me questa benedetta sicurezza in auto e come l’affronto, visto che viaggio spesso in macchina da sola e con la mia famiglia.

Quest’anno più di altri anni ho optato per viaggi on the road a breve e media distanza, in particolar modo nella mia regione, facendo fare ciclicamente alla mia auto dei check dal meccanico.

Non è un’abitudine che ho da sempre. Quando ero fresca di patente, ho avuto qualche piccolo problema proprio perché tralasciavo la manutenzione e i controlli frequenti.

Eh, già! L’esperienza aiuta sempre.

E ora che sono diventata mamma, cerco di trasmetterlo anche a mia figlia perché, onestamente, a quell’età l’ultimo dei pensieri è la sicurezza.

Ci sta ovviamente, ma nel gioco delle parti tocca a noi genitori mettere in campo il senso di responsabilità.

In verità quando si parla di sicurezza in auto non dobbiamo pensare solo ai viaggi lunghi.

In città metropolitane come Roma e Milano, l’attenzione viene sollecitata parecchio.

Le statistiche infatti dicono che la maggior parte degli incidenti stradali avviene sulle strade urbane. Non ne conosco i dettagli ma immagino che il traffico e i cellulari siano le principali cause.

Come tutte le cose però cerco di affrontare anche la sicurezza in auto in modo razionale, senza andare in panico, perché per nostra fortuna oggi ci sono molti mezzi, soprattutto tecnologici, che ci permettono di viaggiare in sicurezza.

Sicurezza in auto

Sicurezza dei bambini in auto

Partiamo dalla prole.

Una delle cose di cui mi accorgo è che spesso i genitori in città non stanno molto attenti alle misure di sicurezza per i bambini, e questo nonostante siano obbligatorie ormai per legge da tempo.

Alcuni già, quando i loro piccoli cominciano a crescere, non usano più i seggiolini idonei e spesso mi capita di vedere bambini e bambine sedute comodamente davanti, a volte ahimè senza nemmeno la cintura.

Sinceramente non me ne capacito visto che si tratta di salvaguardare la salute dei nostri figli e delle nostre figlie.

Sicurezza in auto per cani

E questo vale anche per i nostri amici a quattro zampe perché la legge prevede che anche loro debbano viaggiare con una cintura di sicurezza per cani e mai in braccio o liberi sui sedili.

Purtroppo mi capita spesso di vedere anche queste scene. In verità basterebbe davvero poco per tutelare la nostra salute e quella di chi amiamo.

Sicurezza in auto e tecnologia

*in collaborazione con UnipolSai

Per fortuna oggi ci sono molti strumenti che ci aiutano a viaggiare in auto in modo sicuro.

L’ABS e l’Airbag sono due di questi per esempio.

E nelle automobili di ultima generazione ci sono anche sistemi più avanzati come i sensori per la pioggia, la frenata d’emergenza, etc.

Quando UnipolSai mi ha contattata per presentarmi la sua Unibox, non sapeva che i miei genitori sono suoi clienti da oltre quarant’anni.

Amo collaborare con aziende di cui mi fido e con cui condivido certi valori. Diciamo che in questo caso la fiducia me l’hanno trasmessa i miei perché non hanno mai cambiato compagnia assicurativa praticamente da quando hanno l’auto.

La scatola nera che garantisce la tua sicurezza

Unibox è una scatola nera che si installa all’interno dell’auto, per l’esattezza nel cofano (puoi farlo tu o farlo fare al carrozziere convenzionato a te più vicino), ed è pensata soprattutto per la protezione e la sicurezza nostra e quella dei nostri figli.

Unibox contiene un modulo GPM per comunicare con la centrale operativa, il GPS, un accelerometro e un microprocessore. I dati rilevati dalla scatola nera sono disponibili su un’app dedicata, sempre consultabile dal tuo smartphone.

La cosa interessante sono proprio i servizi forniti da Unibox grazie a questi dati rilevati.

Se vuoi scoprire tutti i servizi inclusi in Unibox, ti consiglio di dare un occhio alla pagina dedicata sul sito di UnipolSai.

In questo modo potrai fare anche un preventivo con soli due click.

Intanto ti racconto i servizi di Unibox che mi hanno colpito di più.

I servizi di Unibox per la sicurezza dei figli

Considerando che la mia girl tra qualche anno prenderà la patente (e gli anni passano in fretta quando si è genitori), i servizi di Unibox che hanno attirato subito la mia attenzione sono proprio quelli di Parental Control.

Non sono una mamma con la mania del controllo, e ho sempre preferito basare il rapporto con mia figlia sulla fiducia, ma lei, credimi, di secondo nome fa “sbadata”, perciò sulla questione sicurezza cerco di informarmi bene.

Unibox in questo caso può essere davvero d’aiuto.

Per esempio il servizio Speed limit ti consente di impostare una velocità massima e, se questa velocità viene superata, ti invia subito una notifica sull’app.

Inoltre se malauguratamente incappi in un incidente, il servizio Protezione Sinistri ti permette di dimostrare come sono andati i fatti e quindi, se necessario, di far valere le tue ragioni.

Ma il mio preferito resta il servizio Bodyguard. Se viaggi da sola/o, questo servizio ti permette di contattare la Centrale Operativa che rimane a tua disposizione finché non rientri in casa.

Beh, questo mi fa davvero sentire al sicuro, sia per me sia per la mia girl.

Sicurezza in auto in caso di incidente

Se poi l’incidente necessita di un intervento di assistenza, il servizio Allarme Urto ti consente h24 di richiedere i soccorsi e controllare grazie all’app il loro arrivo.

E infine se l’impatto è più importante, il servizio Incidente Grave fa scattare subito una chiamata dalla centrale operativa che, in caso non dovessi rispondere, invia subito i soccorsi. Insomma è come avere qualcuno sempre al tuo fianco che, in qualche caso, può salvarti la vita.

Gli altri servizi di Unibox

Tra gli altri servizi inclusi in Unibox ci sono:

  • Protezione multe, che ti consente di far valere le tue ragioni in caso di multe ingiuste
  • Ritrovamento veicolo per furto, che sempre grazie al GPS ti aiuta a ritrovare l’auto rubata
  • Raccolta dati, per richiedere l’accesso ai dati che riguardano il tuo veicolo
  • Alert accensione e spostamento, che ti permette di ricevere una notifica sul tuo smartphone in caso di accensione o spostamento della tua automobile
  • Car Finder, che ti permette di rintracciare la tua auto grazie al GPS
  • Target area, con cui ricevi una notifica se la tua auto esce dalla zona precedentemente impostata

In generale basta davvero poco per viaggiare sicuri nelle nostre automobile: controllare lo stato e la pressione delle gomme, i livelli dell’olio e dell’acqua, fare dei controlli regolari dal meccanico.

E per fortuna, come vedi, oggi vengono in nostro aiuto dei sistemi tecnologici che ci tutelano per piccole e grandi cose.

Non c’è nulla di solamente positivo o solamente negativo nella vita. Il punto è come sempre come utilizziamo quel qualcosa.

In un’epoca come la nostra dove spesso la tecnologia ci allontana dal nostro essere più profondo, questo è senz’altro l’uso migliore che possiamo farne.

O almeno io la penso così. Tu che ne dici?

E venne chiamata due cuori di Marlo Morgan

E venne chiamata due cuori immagine evidenza unadonnaalcontrario

L’incontro tra E venne chiamata due cuori e me ha davvero del mistico.


Era una di quelle sere di luglio che: “Andiamo a far l’aperitivo?”.

Davanti al mio spritz, probabilmente complice l’alcol, dalla mia bocca emergono queste parole: “Quando potremo riprendere a viaggiare, mi piacerebbe fare un’esperienza sciamanica, a contatto con persone che vivono la natura a 360 gradi”.

Lui mi deve aver guardato strano ma ormai è abituato alle mie pazze idee.

Qualche giorno dopo una mia amica mi parla di un libro che devo assolutamente leggere perché sa che io amo follemente l’Australia e perché questo libro parla di una donna che si trasferisce lì per un po’.

Non so altro di questo libro ma lo compro sulla fiducia.

Del resto la mia amica ha ragione: il mio amore per l’Australia bastava per metterlo nel carrello di Amazon.

24 ore dopo avevo in mano E venne chiamata due cuori.

E venne chiamata due cuori recensione unadonnaalcontrario

Recensione del libro E venne chiamata due cuori

Inizio la mia recensione di E venne chiamata due cuori con un riassunto breve del contenuto, per poi addentrarmi nelle controversie che avvolgono questo libro e soprattutto su quello che definisco “il nostro incontro mistico”.

E venne chiamata due cuori: trama

Comincio a leggere e scopro che questo libro racconta la storia vera di una dottoressa americana che, in un momento particolare della sua vita, accoglie una proposta di lavoro in Australia (detto tra noi, lo farei anch’io all’istante).

Durante il suo soggiorno aussie, osserva che la popolazione indigena è pressoché inesistente nella vita sociale e non trova risposte ai suoi perché tra amici e conoscenti.

Inizia un progetto di integrazione con un gruppo di giovani mezzosangue e, poco tempo dopo, viene invitata da una vera tribù aborigena nell’entroterra australiano.

Entusiasta dell’idea, parte inconsapevole di quello che le accadrà nei successivi quattro mesi. Abbandonerà tutto, abiti, gioielli, carte di credito e inizierà un viaggio incredibile attraverso il deserto rosso.

Pian, piano diventerà parte della tribù della Vera Gente in un percorso iniziatico che le permetterà di vivere dei pochi frutti del deserto, acquisendo conoscenze primordiali persino dal punto di vista medico, cambiando profondamente il suo modo di pensare alla vita stessa.

E venne chiamata due cuori: controversie

Prima di raccontarti cosa di mistico c’è nel mio incontro con E venne chiamata due cuori volevo fare un passo avanti nel tempo.

Quando ho finito di leggere questo libro meraviglioso, perché ti assicuro che è meraviglioso, ho fatto delle ricerche esattamente come faccio sempre prima di scrivere un articolo.

Non ti nego che sono rimasta davvero sorpresa dalla quantità di controversie, critiche, parole cariche di sentimenti negativi che ho trovato su questo libro di Marlo Morgan.

Non mi era mai capitato prima con i libri che ho recensito anche quando non sono stati libri “facili”.

Marlo Morgan storia vera o falsa?

Si dice che Marlo Morgan si sia inventata tutto, che nel suo racconto ci siano delle contraddizioni, incongruenze sul modo di vivere degli aborigeni.

E pare che lei stessa abbia affermato che alcune parti del libro siano romanzate.

Ora partendo dal fatto che per me l’etica è davvero importante per cui se lei si è inventata qualcosa o tutto, è corretto dichiararlo, dall’altro lato posso dirti che quello che dà questo libro in termini di crescita personale è di gran lunga superiore a qualunque di queste critiche.

E venne chiamata due cuori frasi incise dentro di me

Come ho detto prima, tra me e questo libro di Marlo Morgan c’è stato un incontro mistico.

Desidero mostrarti il perché citando fedelmente alcune frasi di E venne chiamata due cuori.

Noi e ciò che ci circonda

Lo scopo del regno vegetale è di nutrire animali e uomini, consolidare il terreno, accrescere la bellezza e mantenere l’equilibrio nell’atmosfera… le piante e gli alberi cantano silenziosamente per noi e… tutto ciò che chiedono in cambio è di cantare per loro. Lo scopo principale dell’animale non è quello di nutrire l’uomo, e tuttavia quando è necessario, acconsente a svolgere tale funzione. Il suo scopo è quello di contribuire all’equilibrio atmosferico, di essere compagno dell’uomo e di istruirlo con l’esempio”… “La tribù incomincia sempre la giornata ringraziando il Tutto per la luce, per se stessi, per gli amici e per il mondo. Talvolta fanno richieste specifiche, ma sempre accompagnate dalla frase: se è per il mio bene e per il bene di tutte le forme di vita che mi circondano”.*

Da tempo ormai sono convinta che noi esseri umani occidentali abbiamo dimenticato la nostra parte animale. I nostri sensi sono assuefatti e mi pare che il distacco tra mente e corpo si faccia ogni giorno più ampio.

Ho parlato spesso di non dualità tra materia e spirito e, negli ultimi anni, nonostante sia difficile farlo in una grande città, ho cercato di ritrovare il rapporto con il mio corpo e con ciò che mi circonda.

Che non ci sia differenza tra noi e il cielo, tra noi e gli esseri senzienti e insenzienti non lo dico io ma la scienza. Solo che percepirlo è nostra responsabilità.

Ho sperimentato più volte, e in questo blog l’ho scritto ripetutamente, che quando i tuoi desideri sono in direzione della tua felicità, la vita ti sostiene e ti permette di realizzarli velocemente, senza sforzo.

Dopo la lettura di E venne chiamata due cuori, che non ha fatto altro che confermare questa mia idea, ho imparato a ringraziare le piante e gli animali che incontro, anche quelli che sono nel mio piatto e, quando esprimo un desiderio, a dire: “Se è per il mio bene e per il bene di tutte le forme di vita che mi circondano”.

Essere al di là del corpo

… ciò che conta è il modo in cui ci rapportiamo emotivamente alle cose. Esso si imprime in ogni cellula del corpo, nella mente e nel nostro io eterno. Mentre alcune religioni sottolineano la necessità di dar da mangiare agli affamati e dar da bere agli assetati, questa tribù sostiene che il cibo e l’acqua offerti, e la persona che li riceve, non sono essenziali. Quel che conta è il sentimento che si sperimenta nell’offrire con amore e senza riserve… Ogni uomo lascia questo piano di esistenza con, per così dire, un cartoncino segnapunti su cui è riportato momento per momento il modo in cui ha padroneggiato le proprie emozioni. Sono i sentimenti invisibili extrafisici che riempiono la parte eterna di noi a fare la differenza tra ciò che è buono e ciò che non lo è. L’azione non è altro che il canale attraverso cui il sentimento, lo scopo, trova la sua espressione”.*

Altra cosa su cui rifletto da tempo.

Non è il corpo fisico che è importante. O meglio è importante in quanto mezzo con cui compiamo le azioni, con cui manifestiamo il nostro essere più profondo. Anche se non parliamo, è l’imprinting che conta, quel che c’è dietro la nostra azione, anzi sarebbe meglio dire “dentro”.

Possiamo anche mentire dal punto di vista verbale ma alla vita, quella profonda, non si può mentire. Forse in un altro modo si direbbe “Karma”. A me piace pensare che, al di là di come vogliamo chiamarlo, dovremmo far in modo di essere/fare ciò che pensiamo, in piena coerenza.

Certo, non è sempre facile. Non siamo mica perfette/i e non è la perfezione a cui dovremmo mirare. Ma anche se si sbaglia, possiamo rideterminare: “Ok, questa volta è andata così. Se posso, faccio di tutto per rimediare. Se non posso, comunque decido che la prossima volta farò meglio”.

I messaggi del corpo

La tribù della Vera gente non crede che noi siamo vittime casuali, ed è convinta che il corpo fisico sia l’unico mezzo che il nostro più elevato livello di consapevolezza eterna ha per comunicare con la nostra consapevolezza individuale. Un rallentamento nelle funzioni del corpo ci permette di esaminarci a fondo, e di analizzare le ferite davvero importanti che bisogna medicare: rapporti interpersonali falsati, mancanza di un credo, tumori da paura, dubbi sul nostro creatore, perdita della capacità di perdonare e così via.”*

Sposo in pieno questo argomento.

Non c’è nulla di più chiaro dei segnali che invia il corpo. La mente può confonderci ma il corpo no.

Ed è importante ascoltare i segnali che ci invia il corpo perché a volte ci dice quando è il momento di cambiare rotta. Personalmente, ho imparato che è meglio ascoltarlo ai primi segnali prima di peggiorare drasticamente le cose.

Fede nel Tutto

I Mutanti hanno molte fedi, e dicono che la tua vita è diversa dalla mia, che il tuo salvatore è diverso dal mio salvatore, che la tua eternità non è la mia eternità. La verità è che ogni vita è unica. C’è solo un gioco in corso. C’è una sola razza, ma molte sfumature diverse. I Mutanti discutono sul nome di Dio, sull’edificio da erigere in suo nome, sui giorni in cui celebrarlo e rituali da compiere. Come è venuto sulla terra? Che cosa significano le sue parabole? La verità è la verità. Se tu fai del male a qualcuno, fai del male a te stesso. Se aiuti qualcuno, aiuti te stesso. Tutti hanno sangue e ossa; ciò che ci differenzia sono il cuore e il fine. I Mutanti pensano che tutto questo valga solo per la durata di una vita, e lo pensano in termini di individualità e distinzione. La Vera gente lo pensa in funzione dell’eternità. Tutto è uno: i nostri antenati, i nostri nipoti che devono ancora nascere, la vita che è ovunque”.*

Come non essere d’accordo con queste parole.

La religione è valida solo se porta al benessere e alla felicità di tutti gli esseri umani. Questo è il motivo per cui vent’anni fa mi sono avvicinata al Buddismo. E questo è anche il motivo per cui ho studiato dall’adolescenza ad oggi le religioni di tutto il mondo.

E sai cosa ho imparato? Che le religioni valide, nelle loro origini, sto parlando di secoli fa, dicono tutte la stessa cosa. Tutte le grandi filosofie religiose sono accomunate dallo stesso messaggio.

Sono stati gli uomini, nei secoli successivi, e principalmente per questioni di potere, a modificare il messaggio iniziale e a trarre vantaggio da queste manipolazioni. E ti dirò di più: dicono anche le stesse cose che la scienza conferma.

Trai tu le tue conclusioni.

“E venne chiamata due cuori”: il mio viaggio

Volevo fare un viaggio sciamanico “quando avremmo potuto riprendere a viaggiare” e l’ho fatto prima.

Accompagnata dall’anziano Cigno Reale Nero e dai membri della tribù della Vera Gente.

L’ho fatto nei passi della protagonista, nella sua sofferenza per la mancanza di acqua, per le piaghe ai piedi. L’ho fatto a livello profondo, confermando alcune idee che ho da tempo, sventrandone altre, acquisendone ancora delle altre.

Certe volte mi sembra che basti solo ricordare, che noi in verità sappiamo già tutto, ma che ce lo siamo dimenticato.

Queste letture, questi incontri, ci permettono di ricordare. E come vedi, basta imprimere un desiderio per ricevere il mezzo per ricordare.

In fondo è facile, non trovi?

*Tutte le citazioni sono riportate dal libro “E venne chiamata due cuori” di Marlo Morgan.

La forza della fragilità, un libro di Brené Brown

Qualche tempo fa ti parlai di un’ironica ricercatrice texana e del suo meraviglioso TED sulla vulnerabilità.

Sapevo che, prima o poi, sarei stata pronta ad approfondire.

Così nella mia ultima tornata di book shopping senza se e senza ma, ho messo nel carrello La forza della fragilità di Brené Brown.

Nell’istante subito successivo averlo ricevuto, l’ho incastrato nella libreria senza neanche aprirlo.

Non perché non fossi pronta a leggerlo.

Volevo un tempo giusto da dedicargli, un tempo suo.

E ho scelto l’estate.

Ho volutamente deciso che non avrei portato in vacanza il computer perché, dopo un luglio altamente digitale, volevo fare un po’ di detox e dedicarmi alla buona e vecchia carta.

Era arrivato il momento giusto.

E gli ho dedicato il tempo giusto.

I primi giorni di Settembre lo avevo finito ma ero consapevole che una lettura non fosse abbastanza. Volevo scolpire ogni parola e argomento nel mio cuore prima che nella mia mente.

Ancora adesso è sul mio comodino per ribadire a me stessa in maniera continuativa alcune sfumature con il desiderio profondo di renderle mie.

Ma andiamo per ordine.

La forza della fragilità recensione

La forza della fragilità di Brené Brown è un libro pregnante, intenso, che parla di amore, di empatia, di perdono.

Per la vastità di questi argomenti, ho scelto appositamente di raccontarti solo alcuni passaggi del libro e di riportarti un numero adeguato di citazioni con il preciso intento di rimanere fedele al messaggio della Brown.

Mi auguro che tu decida di leggerlo, sia che ti senta fragile sia che non ti sia mai permessa/o di esserlo.

La forza della fragilità: 4 punti su cui riflettere

1 – Le persone fanno del loro meglio

Sii sincera/o e rispondi di getto a questa domanda:

Per te ogni persona al mondo fa del suo meglio?

Non so cosa tu abbia risposto ma a me questo punto ha mandato letteralmente in crisi.

Come primissima risposta, ho sinceramente pensato: “Beh, dai, non facciamo i buonisti. Forse non proprio tutti fanno del loro meglio”.

Ma poi ho continuato a leggere e ho scoperto altro.

Brené Brown, mentre cerca di rispondere a questa domanda in prima persona, la rivolge in un momento di forte emotività alla sua analista.

Risultato? Spiazzata!

Sì, spiazzata da una risposta che, immagino, avrebbe spiazzato la maggior parte di noi:

Non sono in grado di risponderti. So solo che vivo meglio quando do per scontato che gli altri ce la mettano tutta. Mi permette di non giudicare e mi aiuta a pensare al presente, senza perdermi in inutili supposizioni”.*

Essendo una ricercatrice e avendo fatto della vulnerabilità la sua materia di studio più importante, Brené Brown approfondisce e raccoglie dati sull’argomento arrivando a dire che:

Le persone comprensive e indulgenti manifestano sempre i propri bisogni, dicono di no quando è necessario e di sì quando sono convinte. Sono indulgenti perché i loro paletti le salvano dai risentimenti”.*

Per paletti la Brown intende elenchi di ciò che per noi è corretto e di ciò che non lo è.

Io, per esempio, sono una di quelle persone a cui non è mai stato insegnato a proteggersi o a mettere paletti. Un grandissimo disastro, te lo assicuro. Perciò ho dovuto imparare da grande e poi, grazie al mio lavoro di Counselor, a insegnarlo agli altri.

La Brown prosegue:

La benevolenza e la nobiltà d’animo non autorizza gli altri ad approfittare di noi, a trattarci scorrettamente, a mancarci di rispetto di proposito, o a farci del male… dare il beneficio del dubbio, ma senza mettere dei paletti, è la ricetta giusta per creare risentimenti, incomprensioni e giudizi.”*

Insomma viene fuori che chi è veramente indulgente e benevolente crede che ogni persona fa del suo meglio ed è proprio stabilendo bene quali e quanti paletti mettere che si diventa consapevoli, responsabili e sicure/i di sé.

La chiave del suo discorso sta in questa frase:

Nel momento in cui al coraggio di manifestare ciò che per noi va bene e ciò che non va bene uniamo la nobile supposizione che gli altri facciano del loro meglio, la nostra vita cambia.”*

Lo so che, a prima lettura, può sembrare una contraddizione ma pensaci bene, pensa alla storia e alle persone che veramente sono state e sono compassionevoli: non si fanno mettere i piedi in faccia, sono coraggiose, dichiarano con forza i loro valori e sono inequivocabilmente accoglienti.

Alla fine anche io ero d’accordo con l’analista di Brené Brown ma soprattutto mi sono ricordata una cosa che il Buddismo mi ha insegnato tanti anni fa e che tendo quotidianamente a dimenticare: le altre persone, il nostro ambiente, sono lo specchio di come noi percepiamo e trattiamo noi stesse/i.

Sono io per prima che devo rispettare e dare valore al mio tempo, al mio lavoro, alla mia persona.

E forse sono proprio questi paletti che, spesso mi dimentico di porre, che mi possono aiutare ad amarmi e rispettarmi.

Adesso ti rifaccio la domanda: per te ogni persona al mondo fa del suo meglio?

2- Fallimento

Altro argomentino niente male. Vero?

Al di là del concetto di “perdente” che, sia chiaro, è bandito tra queste pagine, c’è una grande differenza che spesso non valutiamo e che, da brava ricercatrice, la Brown analizza nel significato e nell’impatto su di noi: la differenza tra “Io ho fallito” e “Sono un fallito”.

Il pericolo più grande del fallimento è sentirsi impotenti perché questo ci rende dannose/i per noi stesse/i e per le persone che vivono intorno a noi.

Ma il punto è che noi diamo alla parola “potere” una connotazione quasi esclusivamente negativa.

Se, come dice Brené, valutassimo il potere secondo le parole di Martin Luther King che lo equipara a “La capacità di raggiungere degli scopi e di effettuare dei cambiamenti”*, capisci bene che quel potere va ricercato ed alimentato, anziché denigrato, perché, utilizzandolo in questa forma, non saremmo fallite/i anche se qualche volta avremo fallito.

Quello che davvero conta, secondo Brené Brown, è quanto ci abbiamo messo impegno, quanto siamo rimaste/i fedeli ai nostri paletti perché non è la perfezione che va ricercata, anzi bisogna “autorizzarsi a essere imperfette e al contempo a sentirsi adeguate!”.*

La forza della fragilità libro di Brené Brown

3- Senso di identità

Chi siamo? Ma chi siamo davvero, intendo?

Quella parte di noi che non dipende dai nostri genitori, dalle nostre esperienze, quella parte di noi che era alla nascita e che c’è, lì dentro, anche se noi o i traumi l’hanno sepolta.

Un punto che mi è molto caro.

Del resto questo blog non avrebbe il nome che ha altrimenti.

Ho passato anni a lottare tra quella parte di me, quella autentica, e quella che gli altri volevano che io fossi.

Ho passato anni, tra l’altro senza riuscirci, a cercare di identificarmi, di incasellarmi in qualche data base solo perché in questo modo “si lavora di più”, “ti amano di più”, “ti accettano di più”.

Finché non ho scoperto che non c’era niente da definire, che io sono una multipotenziale, che come dice la Brown citando Walt Whitman: “Sono vasto, contengo moltitudini”.* E non potrei essere altro che questo.

Per accettarci e volerci bene per come siamo, dobbiamo rivendicare la maternità di quelle parti di noi stessi che abbiamo reso orfane nel corso degli anni e rientrare in comunione con esse”.*

Ogni giorno mi rendo conto che in un mondo che tende a uniformare e rendere tutte/i uguali, fare questo è davvero complicato.

Ma tempo fa mi sono fatta una promessa, quella di rimanere sempre fedele a me stessa e, se anche non ci riesco tutte le volte perché “fallisco” e “non sono perfetta”, faccio davvero del mio meglio per andare in quella direzione, per essere la persona che sono destinata ad essere.

E credimi, è un altro vivere!

4- Rivoluzione

Questo è un altro concetto che ho ritrovato nella Brown e che è una pietra miliare del Buddismo: la rivoluzione.

Che non è una rivoluzione armata, violenta, ma è la rivoluzione dell’essere umano.

Una rivoluzione che parte da ogni singola persona e si propaga proprio perché siamo e saremo sempre collegati: ti ricordi quando ti parlai della rete di Indra?

Dice Brené Brown: “È un movimento silenzioso, che parte dal basso basandosi sul concetto che la storia di ciascuno di noi conta perché ciascuno di noi è importante… un movimento alimentato dalla libertà di non dover più fingere che sia tutto a posto anche se non lo è”.*

La forza della fragilità: le mie conclusioni

Da anni sono convinta che noi possiamo creare il cambiamento che vogliamo, che abbiamo il potere di rendere questo cambiamento reale.

Ci viene inculcato che non è così e i media non fanno che ricordarcelo, ma se siamo oneste/i con noi stesse/i, sappiamo benissimo che hanno torto.

Sappiamo che abbiamo in noi un potere incommensurabile e che questo potere si moltiplica se creiamo e alimentiamo il collegamento tra noi, tra esseri che credono, che vogliono usare questo potere.

Non parlo di magia o di strane energie impalpabili. Parlo di fatti concreti.

Sono certa che anche solo una volta nella vita hai percepito questo potere e tutte le mie parole in questo blog, i libri che ti propongo, il mio modo di viaggiare, le interviste, persino i prodotti approvati per voi (visto che non credo nella separazione tra materia e spirito), vanno nella direzione di alimentare quel potere.

Dobbiamo amare il prossimo non per ciò che potrebbe essere ma per ciò che è. E questo vale anche per noi stessi quando ci autodemoliamo, dobbiamo ricordare a quell’insolente vocina che ce la stiamo mettendo tutta.”*

*tutte le citazioni sono tratte dal libro “La forza della fragilità”, Brené Brown, Vallardi Editore.

Aperitivo a Roma: i miei locali al contrario

Eh, già! Io sono una ragazza da aperitivo.

Ops, “ragazza” forse non più. “Da aperitivo” senz’altro e per sempre.

Forse perché il momento dell’aperitivo si sposa con l’ora del giorno che amo di più, la golden hour.

La mattina sembro un’ameba che si muove senza direzione. Di giorno ho troppe cose da fare (lavoro, casa, famiglia come, del resto, tutte/i noi). E di notte sono troppo stanca persino per divertirmi.

Aò, ormai c’ho una certa!

Ma arriva quel momento, di solito tra le 18,30 e le 21, che è esattamente il mio momento: il migliore in cui scattare foto, in cui la luce del giorno si fa meno bianca, in cui tutto si colora di caldo e diventa più accogliente.

Una buona birra artigianale o il classico spritz, un’amica che dopo i figli vedi poco, due chiacchiere stuzzicando cose sfiziose.

Dove fare aperitivo a Roma

Se però la parola “Milano” si declina in maniera direttamente proporzionale con la gemella “aperitivo”, quando dalla città meneghina mi sono trasferita a Roma, ho decisamente patito la mancanza di locali dove poter aperitivizzare.

Nella capitale c’era un altro modo di socializzare a tavola, più a pranzo e a cena, che più se magna meglio è, ma nel tempo, per mia fortuna, le cose sono cambiate.

Sono cominciate a comparire lavagnette fuori dai bar con la scritta happy hour e apericena (perché dobbiamo inventarci sempre qualcosa di nuovo?!?).

E io che ho fatto? Mi sono messa alla ricerca di posti dove fare l’aperitivo a Roma come piace a me, al contrario.

Oggi ti porto a conoscere 7 locali per l’aperitivo a Roma che amo.


8 locali al contrario dove fare l’aperitivo a Roma

1 – Saudade newyorkese a Roma Ostiense

Era da un po’ che lo vedevo passando in via del porto Fluviale, di fronte a uno dei simboli della street art a Roma, ma non ero mai entrata. Era uno di quei posti che mi ispirava e io so sempre che, se qualcosa mi ispira, devo seguire il mio istinto.

Mai sottovalutare l’istinto perché anche stavolta aveva ragione.

Appena ho messo piede da Angelina a Ostiense, mi è sembrato di catapultarmi in uno dei miei locali preferiti di New York e mi sono sentita subito a mio agio.

Qui non aspettarti l’aperitivo classico, a buffet per intenderci. Ordinerai da bere e, mentre attenderai spiluccando olive e lupini, lo chef ti preparerà al momento degli appetizers caldi come le panelle, gli spiedini croccanti di pollo e le chips fatte in casa.

La cosa che più ho amato del Ristorante Angelina a Ostiense è l’atmosfera, rilassata, naif e contemporaneamente sofisticata.

Uno di quei luoghi dove poter stare ore ascoltando buona musica ed anche lavorando con il proprio laptop, visto che è aperto dalla colazione al dopo cena.

Ristorante Angelina Ostiense
Ristorante Angelina Ostiense. Porto Fluviale aperitivo

2 – Aperitivo jazz a Testaccio

Ci spostiamo in un quartiere limitrofo, a Testaccio, e il luogo di cui ti parlo adesso ha un forte legame con Angelina di Ostiense.

Sto parlando di Angelineria in via Galvani 24.

Atmosfera da grande Gatsby, cocktail bar di qualità, un menu fusion che puoi degustare per l’aperitivo oppure per la cena.

Questo è il sito di Angelineria per dare un’occhiata al menu.


3 – Aperitivo a Roma centro in un forno storico

E qui ti porto nel centro della capitale, a due passi da via Giulia e da Corso Vittorio Emanuele, esattamente in Via del pellegrino 129.

Sentirai il profumo del forno Monteforte per la strada, ne apprezzerai la bellezza entrando con i suoi scaffali ricchi di prodotti di primissima qualità, il pavimento a scacchi bianco e nero e il bel bancone.

E l’aperitivo è tutto un programma.

Si chiama Vino e Panino e con un bicchiere di bianco o rosso, o delle bollicine, arriveranno dei panini fatti con pasta madre e farciti con ingredienti sempre diversi e che, ti assicuro, divorerai con tutti e 5 sensi.

Aperitivo a Roma Forno Monteforte
L’aperitivo al Forno Monteforte

4 – Aperitivo a Roma senza glutine

Esatto, perché l’aperitivo è democratico e io ci tenevo a darti un’opzione di aperitivo a Roma senza glutine, scoperto proprio grazie ad un’amica intollerante al glutine.

Devo dire che di proposte aperitivo gluten free a Roma ce ne sono ancora troppo poche. Ecco perché mi è sembrato giusto raccontartene una che tra l’altro ho trovato davvero gustosa.

Sto parlando de Le Altre Farine Del Mulino a via di Porta Cavalleggeri.

Tra l’altro un aperitivo con vista mozzafiato, visto che proprio dalle sue vetrate godrai di tutta la bellezza del Cupolone che, al tramonto, raggiunge la sua massima maestà.

Ma c’è una cosa molto importante: Le Altre Farine Del Mulino è siculo perciò nel suo buonissimo aperitivo rinforzato troverai, tra le altre cose, anche la caponata e gli arancini.

Un motivo assolutamente valido per sperimentarlo, che tu sia intollerante al glutine o meno.

aperitivo a Roma gluten free
Le Altre Farine del Mulino: aperitivo senza glutine Roma

5 – Aperitivo a Roma con vista

Mica potevo esentarmi dalla proposta con super vista? Giammai!

Ecco a te il 47 Circus Roof garden con vista sulla Bocca della Verità, Tempio di Ercole vincitore, Fontana dei Tritoni e Tempio di Portuno.

Si trova in via Pietroselli 47 e dalla terrazza del 6° piano potrai assaggiare taglieri con prodotti tipici italiani di massima qualità o sfiziosità dello chef adagiati in una mini-ruota panoramica di assaggini godendoti questa vista incantevole sulla città eterna.

Meta decisamente romantica!

Aperitivo a Roma con vista 47 circus roof
L’aperitivo al 47 Circus Roof Garden

6 – Aperitivo a Trastevere in latteria

Se vuoi immergerti nel vero clima romano ma lontano dalla folla trasteverina, ti consiglio assolutamente la Latteria Trastevere, che si trova a vicolo della Scala 1, vicinissimo alla piazza omonima, ma più riservato.

Alla Latteria puoi trovare il turista e la vecchietta da sempre residente qui al tavolo a fianco. Se poi ti capita che ha voglia di raccontare, beh, ascoltarla è davvero un piacere.

Di aneddotti sul quartiere più iconico di Roma ne ha a non finire e, nel frattempo, potrai assaggiare specialità sarde, compreso il Gin, alici liguri o, se preferisci sapori lontani, il salmone selvaggio. Che voglia di tornarci!

Latteria Trastevere in Vicolo della Scala
La latteria Trastevere

7 – Aperitivo a Roma Marconi: per chi ama la birra artigianale

Questo è uno di quei locali in cui non si va per l’aperitivo. Si va se si ama la birra, quella artigianale e se si ama lo sport (ma questo ve lo racconto tra un po’).

Il Birrificio Marconi, in Via Enrico Fermi, anche questo scoperto per caso (ma quante belle scoperte ci fa fare il caso!) è uno dei migliori locali di Roma dove poter assaggiare birre artigianali. Dalle più classiche Lager e Ale, alle Weiss, alle Ipa, italiane ed internazionali.

Per l’aperitivo non troverai il buffet ma ti serviranno al tavolo un tagliere di salumi ricercati con alcuni dei loro fritti. Considera che la cucina qui è davvero interessante, ci sono proposte della cucina italiana ma anche americana, tedesca e irlandese e c’è un’ottima scelta anche per chi è vegetariana/o o vegana/o.

Devo dire che sono stata al Birrificio Marconi diverse volte, non solo per l’aperitivo, perché, pur non essendo un’esperta, amo la birra artigianale e mi piace sperimentarne ogni volta una nuova.

Ah, mi ero dimenticata. È il posto ideale per vedere lo sport! I loro schermi infatti sono sempre sintonizzati sulle partite di calcio, tennis e sugli sport di squadra in generale. Lo so, sembrerebbe solo per uomini, ma io, si sa, sono al contrario e la birra qui è proprio eccezionale.

aperitivo a Roma marconi
Birrificio Marconi

8 – Bistrot 139: aperitivo glamour in periferia a Roma

Il Bistrot 139 l’ho scoperto davvero per caso, su consiglio della mia istruttrice di Pilates.

Si trova in via dell’Imbrecciato, al 139 per l’appunto ed è decisamente stata una bella scoperta non lontana da casa. I cocktail sono super e la qualità del cibo è da veri gourmet addicted.

Tra l’altro se ti vuoi fermare per la cena, il menu è aperto ad ogni possibilità: vegetariani e non, vegan, gluten free. C’è un bello spazio sotto il pergolato all’esterno per le belle giornate, altrimenti un grande salone interno che vedi nella foto qui sotto.

Aperitivo a Roma periferia
La sala interna del Bistrot 139

Non si ferma qui la mia ricerca sui migliori aperitivi a Roma, perciò segui questo post perché lo aggiornerò ogni volta che troverò qualcosa di interessante (è aggiornato al 28 marzo 2024).

E naturalmente, se hai voglia di darmi i tuoi consigli, scrivimeli in un commento qui sotto!

Enjoy!

Philippe Petit: il funambolo dal Crimine Perfetto

Ebbene sì. Ho avuto bisogno di tempo.

Perché il bel libro di Philippe Petit che, a una prima lettura, può sembrare “semplice”, leggero, va invece sorseggiato, metabolizzato.

Almeno nel mio caso è stato così.

Ho acquistato Creatività, il crimine perfetto mesi fa in preda a uno dei miei raptus da book-shopping sfrenato e l’ho letto anche abbastanza velocemente.

La scrittura è scorrevole, il tono decisamente invogliante, il messaggio catturante.

Ma poi, quando ho deciso di scriverne un articolo, il mio atteggiamento così immediato e veloce ha subìto uno stop.

E quando la mia mente (come il mio corpo) invia questo genere di messaggi, ho imparato ad ascoltarli e a fermarmi.

Ma andiamo per ordine.

Iniziamo dall’autore, anche se non credo abbia bisogno di presentazioni.

Philippe Petit funambolo doc

Francese di nascita, newyorkese d’adozione, Philippe Petit è cresciuto tra un gioco di prestigio e una fune appesa a… qualcosa.

È la strada il luogo in cui si sente a suo agio e dove inizia il suo percorso di artista.

“Criminale” per sua stessa definizione, fu espulso da ben cinque scuole, e forse fu in quella sua adolescenza anti-scolastica che germogliarono le idee per quelli che sono diventati i suoi “colpi” più famosi: la traversata dei campanili di Notre-Dame a Parigi, l’Harbour Bridge a Sydney, le cascate del Niagara.

Ma senza ogni ombra di dubbio il suo “crimine perfetto” rimane la traversata delle torri gemelle del World Trade Center a New York (con un’altezza che superava i 415 metri da terra).

Era la mattina del 7 agosto 1974 e Philippe Petit realizzava un “colpo” che aveva studiato meticolosamente da anni.

Se non l’hai visto, ti consiglio il film The Walk scritto insieme a Robert Zemeckis. Racconta molto bene questa impresa.

Oggi è Artist-in-Residence nella Cattedrale di Saint John the Divine, la mia chiesa newyorkese del cuore, e continua a organizzare colpi per la sua attività di “fuorilegge”.

Interno creatività Philippe Petit
Petit Philippe – il suo libro

Creatività il crimine perfetto

È Philippe Petit stesso a definirsi “fuorilegge”.

Nella bellissima “Riflessione preliminare” di Creatività, il crimine perfetto, che per quanto mi riguarda vale da sola tutto il libro, racconta di come… “Il creatore deve essere un fuorilegge, non nel senso del criminale ma piuttosto un poeta che esercita la ribellione intellettuale.”*.

Petit considera questo libro come un vero e proprio “complotto” e chiede a chi legge di divenirne complice.

Sono assolutamente certa che abbia già catturato il tuo interesse, vero?

Niente è a caso

Essendo un artista, ci si potrebbe aspettare un libro scritto di getto, ricco di creatività allo stato puro.

Senza dubbio c’è anche questo in Creatività, il crimine perfetto, ma Philippe Petit è un artista che ha metodo.

È scrupoloso.

È minuzioso.

È un artista che studia nel dettaglio e persino in questo suo libro nulla è scelto a caso.

Per esempio…

Blu libro Philippe Petit Creatività

Il blu

L’azzurro è il mio colore preferito, da sempre. In tutte le sue sfumature dall’azzurro cielo al blu notte. Mi restituisce un senso di leggerezza, di apertura che nessun altro colore mi dà.

Perciò ho visto come un segno mistico la pagina che vedete nella foto qui in alto.

Il Blu è il colore che Petit sceglie per “sottolineare” delle parole chiave.

Di ognuna di esse, che troverai in ogni capitolo del libro, c’è un rimando al termine del capitolo che approfondisce quella parola in un modo tutto alla Petit e naturalmente blu.

Il formato

Sì, persino il formato non è stato scelto a caso.

Se lo apri, vedrai che forma un rettangolo. Non certamente il formato classico di un libro.

Posso immaginare quanto abbia fatto storcere il naso all’editore la richiesta di Petit di realizzare il suo libro in questo formato.

Adesso tu ti chiederai il perché di questa insolita richiesta. Credimi, non è per niente strana per il funambolo più famoso del secolo e mi concederò di non rivelartela.

Troverai la risposta a questa “stranezza” alle pagine 48/51 del libro, anche stavolta in blu.

Pillole da “Creatività il crimine perfetto”

Descrivere questo libro sarebbe un’ingiustizia, per lo meno per il messaggio che a me è arrivato.

Mi limiterò a “sfrogoliare” la tua curiosità con delle brevi pillole che hanno il potere di risuonare dentro e, come immagino l’autore spera, di spingere a sperimentare la nostra creatività.

Come per esempio quando si accenna alla paura e al suo essere “l’immagine speculare di un contrattempo… un trampolino progettato al contrario”*(parola decisamente a me cara).

O quando Philippe Petit ci racconta di una forza dentro di noi, della cui esistenza non ha prove e che… “Non ho che da svegliarla!”*

Quella forza che, se lasciata emergere, ci porta a realizzare i nostri sogni com’è accaduto a me con il giro del mondo.

Non ho potuto non rimanere affascinata da questo suo interesse (che condivido) per la ribellione, per le contraddizioni, per le cose che apparentemente possono dare noia, soprattutto a noi stesse/i:

Ribellati alle tue inclinazioni. Mettiti scomodo.”*

Che nello stare “scomode/i”, nel tentare di trovare una nuova comodità, scoveremo forse qualità che non credevamo di avere?

Così come mi ha toccata profondamente quando Petit parla dell’importanza di onorarsi e festeggiarsi anche se nessuno al mondo lo fa: “Fatti i complimenti da solo. Scriviti un attestato e incornicialo.”*

Perché non dobbiamo aspettare che siano gli altri a riconoscerci, ma noi per prime/i siamo responsabili di questo riconoscimento.

Se come dice Petit stesso ogni tanto (o forse un po’ di più di ogni tanto) dessimo “fiducia all’improbabile”*, chissà quante sorprese la nostra vita sarebbe in grado di mostrarci che quel senso di impotenza di cui siamo intrise/i è solo una triste illusione che arriva da chissà cosa o da chissà chi e certamente non ci è utile nella strada verso la nostra felicità.

Lasciamo che la nostra creatività prenda forma

Se forse un augurio posso fare a te, come a me, è quello di imparare da Petit l’arte di creare partendo da uno studio preciso ed efficace, a volte anche lungo anni, per poi lasciare che la creatività prenda forma nel suo naturale modo di essere, in maniera folle, o forse saggia.

Chissà!

Buona lettura!

*tutte le citazioni sono riportate fedelmente dal libro Creatività il crimine perfetto, di Philippe Petit, Ed. Ponte alle Grazie.