Un anno di Safari

Un anno esatto fa usciva Safari.

Non scrivo questo post per celebrarmi, sebbene qualche volta sia utile un po’ di auto-celebrazione, ma perché questa esperienza è la prova che ognuna/o di noi, dentro di sé, ha un potenziale illimitato.

Un potenziale che possiamo tirare fuori anche se non ci crediamo del tutto. E che, con quel potenziale, possiamo realizzare grandi cose.

Seguimi fino in fondo perché alla fine ti chiederò di…

Safari in spiaggia

Essere protagonisti

Se ci penso, mi sembra ancora più incredibile di quando tutto questo è cominciato. Una mattina di Settembre del 2013. Io davanti al mio Mac e la storia di un viaggio intorno al mondo.

Quel giorno mai avrei pensato che oggi 18 Novembre 2016 Lisa avrebbe viaggiato con centinaia di persone, persone a me sconosciute, persone che hanno riempito le mie email e questo blog di messaggi, di recensioni, di supporto.

Ed è proprio questo il grande guadagno del viaggio di Lisa, il guadagno che è arrivato a me: tutte le persone che ho conosciuto fisicamente e virtualmente da quel giorno di un anno fa.

La vita qualche volta fa degli strani scherzi. Una stylist che si mette a scrivere, e non scrive di moda o di costume, ma scrive di un viaggio.

Una donna insieme a una donna. Lisa e me.

Sì, perché è questo che è stato per noi: un confronto costante, quotidiano. Io alla mia scrivania, tra una lavatrice e i compiti della gnoma. Lisa col suo zaino in spalla da un paese all’altro.

Ma Lisa non è l’unica a cui devo tanto

Ci sei tu. Al di là dello schermo. Ci sono le tue recensioni.

Le blogger che hanno fatto piangere me che ho la scorza dura e fredda.

Le lettrici che mi hanno incoraggiata a sentirmi una scrittrice (“Chi, io? Ma dai!“).

I lettori, la vera sorpresa, uomini che hanno colto la grande opportunità del “maschile” in questo mio piccolo libro.

So che il percorso del suo messaggio è solo all’inizio. Che la sua strada è un po’ più lenta dei pubblicizzati best sellers nei banconi delle librerie. Ma non demordo.

Lisa è forte e io cerco di esserlo con lei. Andiamo avanti, passetto per passetto, grazie soprattutto a te.

Oggi festeggio il primo anno di Safari con una novità che mi riempie di gioia:

SAFARI è ora disponibile in lingua inglese.

E la persona che devo ringraziare di più è la mia traduttrice che è troppo modesta e non vuole essere citata, ma per me lei è stata l’ennesima scoperta di questo meraviglioso viaggio.


Qui torno al messaggio in calce all’articolo. E lo faccio perché (l’ho già detto, vero?) spinta da un’immensa gratitudine.

Oggi ti chiedo…

Un anno di Safari

Grazie!

E siccome questo blog è nato per darti la luce che meriti, voglio chiederti di raccontarmi come hai usato il vostro potenziale illimitato. In quale occasione e come è venuto fuori.

Perché è vero che ho vissuto questo tipo di esperienza ma è anche vero che me lo dimentico in fretta.

A te capita? A me spesso.

Magari faccio un bel percorso, raggiungo dei bei risultati ma poi non gli dò l’attenzione che meritano e torno alla mediocrità.

E niente mi fa paura più della mediocrità. Ahimè!

So che sei una persona incredibile, magari nascosta da altre più “ingombranti”, magari solo un po’ timida.

Ecco: io voglio darti la luce che meriti.

Non importa in che campo, non importa se è una cosa che ti ha dato notorietà o no.

Importa soltanto che abbia utilizzato il potere dentro di te Quella cosa che non ha niente di trascendentale o di mistico ma che esiste in ognuna/o di noi.

Tutto qua! “Seeeee”, sento dall’altra parte dello schermo.

In verità io sono sicura che se scruti dentro di te, ti ricorderai di quella volta che sei riuscita/o a parlare finalmente con qualcuno. Ti verrà in mente quella volta che hai fatto una cosa che non era da te e ti ha reso euforica/o. Ti tornerà alla memoria di quando hai fatto sorridere una persona con una storia molto triste e che nessuno era riuscito a farlo.

So che là fuori c’è questo potenziale, lo so per certo.

Lo ripeto: voglio darti la luce che meriti.

Scrivimi in un commento qui sotto o, se preferisci, in privato.

Non vedo l’ora di leggere la tua incredibile storia.

Festeggiamo insieme!

Mamme nel deserto: che scoperta!

Nella mia vita Mimma e Drusilla, le mamme nel deserto, sono arrivate un po’ per caso, come del resto molte delle cose migliori.

Le ho conosciute “virtualmente” perché ospiti di questo blog insieme alle altre Amichedifuso.

Sarà che sono una persona felice quando metto il piedino su un aereo, sarà che sono sempre alla ricerca di storie che mi incuriosiscano, sta di fatto che mi sono ritrovata a fare una chiacchierata tra il Wisconsis e il Kuwait, passando per l’Australia e la Thailandia. Quanto mi sono divertita!

Nei mesi successivi i loro blog erano tra i miei preferiti, ho letto alcuni dei libri da loro consigliati e, a un certo punto, ho deciso che era arrivato il momento di conoscere meglio un altro paese arabo.

Cerco di parlarne ogni tanto perché non amo i pregiudizi e, soprattutto, non mi piace fermarmi a quello che i media ci raccontano di questi paesi così lontani, non tanto fisicamente quanto culturalmente.

E anche in questo caso, sono le donne a raccontarmeli.

Sono le donne a spiegarmi bene il concetto di femminilità in quei luoghi.

Sono le donne ad amare quei posti e a valorizzarli, innanzitutto come una grande risorsa per sé (cosa alla quale io stessa faccio ancora fatica a credere).

Unadonnaalcontrario e Mamme nel deserto
Mamme nel deserto libro

Il libro di Mamme nel deserto

Ho letto “Mamme nel deserto: ma come ci siamo finite in Kuwait con un bicchiere di vino in mano mentre mescolavo il risotto della cena (con una sola mano, certo! Siamo o non siamo multi-tasking?); sul divano con a fianco LUI che mi vedeva ridere a crepapelle e, due secondi dopo, commuovermi; sugli spalti del campo dove la gnoma si allena (lo dice lei) per diventare la prossima campionessa dei 100 mt.

Se prima c’eravamo incontrate per una cena virtuale, questa volta ero immersa nell’Hammam con Mimma e Drusilla. Soffrivo per le loro amicizie lontane. Ridevo delle gaffes di Mimma con l’inglese (le avrei fatte anch’io). Tifavo per ogni loro nuova iniziativa.

Perché la cosa che più ho amato di questo libro e, soprattutto, di queste due donne è stata la capacità, l’intenzione e poi la decisione di trasformare la loro condizione di donne expat per amore, in un’occasione per loro stesse. Di non essere passive, solo mogli e madri che accettano il trasferimento lavorativo del marito, ma di diventare parte attiva di questo cambiamento di vita. Di fare di questo paese sconosciuto la loro grande occasione.

Ché la fortuna se la sono creata da sole e, laddove non la vedevano, se la sono andata a cercare.

Non hanno mollato e, soprattutto, non sono “ripartite da zero” come spesso ci viene detto. Perché noi non siamo zero. Noi abbiamo un bagaglio, abbiamo lavorato, abbiamo fatto tante esperienze, sia lavorativamente sia umanamente.

Non si riparte da zero

Si riparte da quelle che siamo, qui e ora.

Sarà che anche io ho vissuto una vita milanese, tutta aperitivo, carriera e “se c’è un party, mi ci fiondo”.

Sarà che anche io sono passata dalla fase: non ho “il coraggio di spendere nulla perché quelli” non sono soldi miei, non guadagnati da me.

Sarà che anche io mi sono “sentita inferiore per aver mollato il lavoro”.

Sarà che anche io poi ho capito che quella “situazione è una manna dal cielo, perché hai il privilegio di goderti totalmente i tuoi figli ma anche perché ti fa rimanere attiva mentalmente, perché non c’è una routine e sta solo a te reinventarti ogni giorno”.

Perché da questo essere costretta a non lavorare è nato Safari. Da questo sentirmi economicamente dipendente ho costruito il rapporto che ho adesso con mia figlia. Da questo non sentirmi socialmente utile è nato il blog e tutto quello che è venuto di conseguenza.

Come dicono Mimma e Drusilla: “Ci piace pensare di essere riuscite a fare quello che cerchiamo di insegnare ai nostri figli: tutto può essere un’opportunità. Tutto si può trasformare. Basta volerlo”.

Non c’è solo quello che vediamo, quello che la realtà ci mostra oggi. Tutto è sempre in cambiamento.

Che tutto rimanga così è solo un’illusione della mente, a volte subdola e meschina. Ma quella stessa mente ci offre la possibilità di vedere nuove cose, aspirare a nuove realtà, darci la molla per attivare il cambiamento. E non ci serve altro. Solo noi stesse.

Se poi hai un’amica a fianco che ti sostiene, è pure meglio e più divertente.

Che ne dici?

Big Magic: quella strana magia

Visto che siamo in procinto della pausa estiva, questa settimana ti voglio consigliare un libro.

Un libro, Big Magic è il titolo, che ho acquistato dopo aver letto un recente articolo di Assunta Corbo perché poi, si sa, una bella lettura te la consiglia sempre una persona di cui hai fiducia e che apprezzi.

E succede che capisci subito che quel libro doveva finire tra le tue mani, perché ritrovi nelle sue parole, pensieri che ti circolano già nella testa.

Durante le presentazioni di Safari racconto di come Lisa (la protagonista del mio libro) sia venuta da me e che premeva perché raccontassi la sua storia.

Spesso a queste parole le persone strabuzzano gli occhi e, qualche volta, mi chiedono se mi sentissi come “posseduta” o quasi “in trance”.

Buffo, vero? Ma credo sia una domanda comprensibile.

In verità la sensazione che avevo è che la sua storia mi scorresse dentro, che mi portasse con sé nei suoi viaggi.

In qualche modo Lisa mi chiedeva di seguirla nel suo giro del mondo. E fortunatamente io l’ho fatto.

La magia di Big Magic

Big Magic, Vinci la paura e scopri il miracolo di una vita creativa di Elizabeth Gilbert

Ora nel libro in questione, Big Magic, l’autrice Elizabeth Gilbert, più famosa per il suo Mangia Prega Ama, racconta di come, a suo parere, un’idea viaggi continuamente alla ricerca di una persona che si impegni a realizzarla.

E se tu sei brava/o ad accoglierla e a lavorare per lei, si innesca una magia che ti fa sentire come su un tapis roulant. Ti trasporta molto velocemente: “In quei casi, scrivo come se non fossi più io. Smarrisco il senso del tempo, dello spazio e di me stessa”.*

Ecco, io mi sentivo così.

Ed è bello che, lontano da me, dall’altra parte dell’oceano ci sia qualcuno che non solo sperimenta le stesse cose ma le scrive anche in un libro.

Sarà forse parte di questa magia?

La Gilbert fa una serie di esempi in cui dimostra come la stessa idea possa migrare da una persona all’altra, come a volte sia fondamentale essere pronte/i ad accoglierla oppure, altre volte, a lasciarla andare.

Hai presente quando ti accorgi che qualcuno ha diretto il film che avevi nella mente da anni, cantato la canzone che avresti voluto scrivere, pubblicato il libro che hai lasciato ammuffire dentro il cassetto?

Secondo lei, in questi casi: “Non vi siete mostrati abbastanza pronti, veloci o aperti perché quell’idea potesse crescervi dentro e compiersi. Con il risultato che l’idea è andata a cercarsi un altro socio o qualcun altro le ha trovato un posto nel mondo”.*

Come darle torto?

Racconta ancora di Ruth Stone, poetessa americana che, quando le passava per la mente un verso nuovo, “doveva correre a casa a perdifiato, più veloce della poesia, trovare un pezzo di carta e una matita e scriverla subito per fermarla […] scriveva come sotto dettatura, lasciando che le parole si riversassero sulla pagina. Ma a volte era troppo lenta, e non riusciva a trovare la carta e la matita in tempo. In quei casi, sentiva la poesia attraversarle il corpo di corsa e passare dall’altra parte”.

La qual cosa, non so a te, a me capita spesso di notte, tra un sogno e un altro e, mannaggia a me, se non ho messo il moleskine e la biro sul comodino, racconto a me stessa la grandissima balla che l’indomani mattina me ne ricorderò.

Brutta bestia la fiducia cieca della notte. Ti frega sempre!

La mattina dopo ricordo qualche parola ma la sequenza nella frase, l’emozione, l’intenzione sono perse del tutto. Insomma, è vero, passa proprio da un’altra parte.

Poi naturalmente c’è anche l’impegno costante, le correzioni, lo studio, l’approfondimento, ma è un lavoro che accetti di compiere in nome di una magia così speciale.

È il tuo metterti al suo servizio.

Quello che mi conforta è che in questa storia della magia, noi siamo esseri attivi, non passivi.

Siamo noi ad attivare l’idea.

Siamo noi a decidere più o meno inconsciamente se accoglierla o meno.

Siamo noi a lavorarci sopra, a metterci del nostro e a credere che, visto che è accaduto una volta, non c’è alcun dubbio che la cosa possa verificarsi ancora… e ancora… e ancora.

Sta solamente a noi!

Confesso che non ho ancora terminato la lettura di Big Magic perché mi sono concessa di assaporare ogni capitolo con una pazienza quasi gustativa, proprio in questo periodo, quello estivo che, sebbene sembri un periodo morto, è il momento in cui sviluppo le idee per i mesi che verranno.

Nella mia esperienza sono accadute più cose quando stavo ferma, mi centravo su me stessa, avevo cura di me e mi godevo quel tempo dilatato, anziché nei momenti in cui mi agitavo facendo mille cose, correndo di qua e di là, con un atteggiamento quasi bulimico.

E a te capita lo stesso? Sarebbe bello confrontarsi su questo argomento.

*citazioni da Big Magic, Vinci la paura e scopri il miracolo di una vita creativa, Elizabeth Gilbert.

Favolesvelte di Valeria Bianchi Mian

Psicoterapeuta, alchimista, redattrice, raffinata conoscitrice dei tarocchi.

Scrive sul suo blog… “storie di uomini e donne persi nel caos delle identità, esseri umani che ritrovano se stessi tra le onde anomale di questo tempo. Utopie, distopie, realtà complesse”.

Ti sembra che l’idea di intervistare Valeria Bianchi Mian non mi solleticasse un po’?

Claro que sì.

E così l’ho fatto, l’ho fatto in occasione dell’uscita di Favolesvelte, il suo primo libro di filastrocche.

E non sono filastrocche solo per bambini, perché io mi sono appassionata nel leggerle e ho ritrovato dentro un mondo fatato quanto reale.

Adesso goditi l’intervista e la sua vera protagonista. Vedrai che personcina!

Valeria Bianchi Mian
Valeria Bianchi Mian. Photo by Chiara Liverani

Valeria Bianchi Mian e le sue Favolesvelte

1 – In un mondo che va sempre di corsa, dove ormai si pubblicano i riassunti dei grandi classici, dove non c’è tempo per fermarsi a riflettere… perché un libro di filastrocche?

Favolesvelte è un filastroccare rapido. Nomen omen. Il libro in realtà nasce come progetto successivo al blog. Nel web ho curato uno spazio di immagini e parole che è stato attivo dal 1 gennaio 2014 fino al 31 dicembre dello stesso anno. Nella notte di San Silvestro ho cancellato tutto, ma ormai avevo già il contatto con l’editore. Il blog come progetto quotidiano ha richiesto cura, come un bambino, un giardino, un arazzo da filare. Eppure il tutto si è svolto con una certa leggerezza: scrivevo sul tram, in treno, la sera prima di andare a dormire. C’è stato un momento in cui, dopo qualche mese di esercizio, le storie mi si presentavano in testa senza che potessi fermarle e allora dovevo afferrare una penna o l’IPad e scriverle così, al volo, ovunque mi trovassi. Direi che questo modus operandi seriale s’intona molto alla nostra contemporaneità, tutto sommato. Il risultato credo sia proprio un mondo di storielle ad hoc per questi tempi, appunto. Con un’ombra da scoprire, come una mappa del tesoro.

Essere s-precisi

2 – In Favolesvelte usi il termine “essere s-precisi”. Ci spieghi meglio cosa intendi?

Intanto dico che, come scrive Federico Sirianni nella prefazione al libro, puoi leggerle dappertutto le Favolesvelte ma, se possibile, fallo ad alta voce. Secondo lui, “se non vi pigliano per pazzi, funzionano meglio”. Partecipo spesso a reading poetici e, ultimamente, anche a Slam Poetry. La poesia-filstroccheria del caso nasce dal canticchiare versi tra me e me, prende spunto dalle conversazioni quotidiane, dal mio lavoro come psicoterapeuta e psicodrammatista, dalle memorie di dialoghi e confronti amorosi, bizzarri, assurdi. Nascono quindi velocemente e con un certo “suono”. La voce come accompagnamento alla scrittura.

C’è una parte del libro dedicata alle storie “nere”. Molte di queste scritture emergono da una reale esperienza con le ombre celate nell’animo umano. Agli inizi della mia professione ho fatto volontariato in carcere, ho lavorato con donne senza fissa dimora, prostitute, tossicodipendenti, immigrate. Di storie e di immagini ne ho scaffali sinaptici pieni zeppi. Basta attivare un neurone qua e uno là ed ecco, lo dico così con ironia, esce un mostrillo che vuole raccontare la sua storia. Anche questo livello, direi, ha a che fare con il poter riflettere profondamente senza fermarsi troppo, quando nel mondo di oggi tutto va estremamente veloce.

Se poi, attraverso le mie rime e le favole – più per adulti che per bambini – al lettore venisse voglia di rallentare il ritmo per un po’, direi che questo lettore ha trovato la chiave celata nella sveltezza, il lume nella leggerezza.

Non c’è ombra senza luce, fiamma nasce dalla nerezza; rapidamente andavo cucendo un elogio alla lentezza.

Le tre ere della vita

3 – Favolesvelte è diviso in tre parti, tre ere della vita: l’Amore, l’Evoluzione, la Morte. Io ho scelto una filastrocca per ognuna di esse. Ti va di rivelarmi la tua guida interiore (cosa ti ha spinto, motivato a scriverle, qual è stato il motore interno) per ognuna di esse?

Fanciulla drago da favolesvelte

Equilibrio e Pazzia: Per questa filastrocca i già citati “tempi contemporanei” sono stati di certo calderone e materiale trasformativo insieme. L’essere umano è un connubio di opposti – i quali possono raggiungere un accordo tra loro solo attraverso la coscienza, ma spesso e volentieri restano tali e ciò si vede molto bene nella nostra epoca dall’anima decisamente frammentata.

L’infanzia di mangiafuoco: Il personaggio di Mangiafuoco mi ha sempre affascinata; avevo voglia di fantasticare sulla sua infanzia, sui traumi possibili, sulla storia della sua vita. Avrà sofferto? Che tipo di avventure avrà vissuto? Ed ecco, ne è nata una filastrocca.

La ragazza drago: Questa storia nasce da un mio disegno, l’illustrazione che accompagna il testo. C’è questa fanciulla con le spine sulla schiena, u
n piccolo drago che abita il cuore di ogni regina. Se noi donne rifiutiamo di scendere a patti con questo aspetto “rettiliano” di noi stesse non possiamo che perdere il contatto con la natura dell’essere, con le profondità della psiche. La ragazza con la pelle di scaglie, istinto primordiale, ombrosa voce del principio femminile (la Lilith, la nerezza) va ascoltata e redenta attraverso la coscienza, pena la morte – sua e della nostra stessa anima. Nella fiaba che ho scritto, meno attenzione viene data alla piccola creatura, più gli aculei che lei porta sulla schiena crescono, mettendo a rischio la vita stessa della regina.

Non ti resta che leggere Favolesvelte

E adesso non ti resta che leggere Favole svelte, non ti resta che entrare nel magico mondo di Valeria, non ti resta che collegarti con la parte interiore, pura e incontaminata, e ricordarti il tuo essere bambina/o.

Non ti resta che fare un viaggio dentro te stessa/o con la leggerezza delle sue filastrocche.

E naturalmente se lo leggerai, fammi sapere che ne pensi: sono molto curiosa!

Liberi di credere di Mariantonietta Nania

Era da tempo che volevo scrivere un post sul mondo arabo, un post naturalmente “alcontrario”.

E mi è venuto in aiuto un libro: Liberi di credere.

Non perché voglia necessariamente essere al contrario in tutto ma perché, nel modo in cui i media negli ultimi anni ci raccontano l’Islam, sento una strana interferenza, una di quelle vibrazioni negative che mi spinge a cercare risposte altrove.

Poi accade che nei meandri del web incroci una donna con cui senti subito affinità.

Questa donna, Mariantonietta Nania, ha scritto un libro, una storia che è il racconto di un grande amore tra due persone e nella quale io ho letto prevalentemente il racconto dell’amore infinito per i luoghi in cui la storia è ambientata, per la gente che li popola, per gli odori, per i colori di quei luoghi.

Liberi di credere di Mariantonietta Nania

Ho acquistato subito il suo libro “Liberi di credere”.

Mi sono immersa in quei luoghi e ho lasciato che tutte le informazioni ricevute fino ad allora dall’esterno scomparissero, perlomeno finché stavo tra quelle pagine.

Così e solo così ho trovato le risposte che cercavo.

Ed è a questo punto che ho capito che non potevo essere io a raccontarti di questo mondo a me sconosciuto.

Ho chiesto a Mariantonietta Nania di farlo per me e per te che stai leggendo.

Perciò adesso ti lascio alle sue parole e al mondo magico in cui sarai catapultata/o.

Mariantonietta Nania
Mariantonietta Nania

Mariantonietta Nania

“Sono felice ogni volta che posso parlare di Egitto perché ho la sensazione che le mie parole siano in grado di evocarlo e di renderlo reale per come l’ho conosciuto e amato.

Purtroppo recentemente se ne sente parlare spesso, come di un paese in balia del suo destino, da evitare, da condannare, un mostro. Il mondo arabo islamico incute timore.

E io, che l’Egitto lo amo, soffro.

Ci arrivai una ventina di anni fa con una borsa di studio offerta dal Governo egiziano tramite il Ministero degli Affari Esteri. Dopo la laurea in pedagogia a indirizzo psicosociologico richiesi e ottenni la borsa per portare avanti la ricerca del dipartimento di Psicologia Sociale sulle fiabe. Più precisamente sul parallelo tra le fiabe arabe e quelle europee.

Appena misi piede a terra, dopo il volo, capii che nella fiaba ci stavo entrando io. Nonostante lo smog, nonostante il traffico, nonostante l’abisso che c’era tra la cittadina da cui arrivavo (tra Umbria e Toscana, in una verdissima valle circondata da verdissime colline) e il dorato deserto che tutto avvolgeva.

Il Cairo: una bolgia

Traffico disordinato, rumorosissimo a ogni ora del giorno e della notte. Milioni di abitanti ammassati e mal distribuiti tra palazzi lussuosissimi, e polverose aiuole spartitraffico. Limousine e macchinoni con autista a fianco di carretti trainati da asinelli. Asfalti quasi liquefatti dal sole e strade sterrate tra i grattacieli, percorse da greggi di pecore. La monumentale Città dei Morti, popolata dai vivi come un qualsiasi pullulante quartiere, la montagna di spazzatura su cui vivono e creano gli zabbali. Le moschee dagli altissimi minareti, i clacson feroci, le migliaia di voci, il moezin che chiama alla preghiera. Quante contraddizioni in questa città, quanti campioni della nostra variegata umanità. Ci vuole un po’ prima di adattarsi ai ritmi degli egiziani. Ritmi lenti, lentissimi, nonostante il caos frenetico, e incerti. I negozi, gli uffici pubblici, non hanno un orario fisso di apertura e chiusura. Gli appuntamenti non hanno valore, non sono impegni, nemmeno se sono di lavoro. I tempi degli spostamenti in città non sono calcolabili né prevedibili. L’intero cosmo ruota e scorre intorno all’eternità che trasudano le piramidi di Giza, lentamente, schiamazzando ma senza la fretta che attanaglia noi. La metropoli si espande, morde il deserto che la circonda, colora il cielo delle sue luci arancio e viola e la notte non arriva mai. I coffe shop profumano di tabacco alla mela e il lieve fumo bianco dei narghilè rende l’atmosfera fatua, mentre il Nilo scorre lento e scuro sotto enormi ponti lambendo le case-barca, i battelli e le feluche”.

Mariantonietta Nania duna
Foto di Mariantonietta alle sue dune

Mai così libera

Non mi sono mai sentita così libera come al Cairo. Libera di uscire diretta in un posto e di non arrivarci mai, catturata da mille altre strade sconosciute e piene di colore; libera di vestirmi senza abbinare colori e accessori, libera dalle mode, libera di fare rumore, di vivere con pochi spiccioli in tasca, libera di sorridere a donne e bambini pur senza parlare la loro lingua, di bere tè con loro per strada, libera di professare la mia Fede (cristiana cattolica) e sentire la complicità di chi con coerenza professava la propria, quella islamica. Mi sono sentita libera di uscire a qualsiasi ora, anche di notte, sapendo che ovunque avrei trovato un taxi pronto a portarmi dove volevo e persone gentili, ospitali e accoglienti che hanno sempre fatto di tutto per offrirmi il meglio che il loro paese possiede.

Sì, amo l’Egitto, e non lo amo perché è perfetto o senza difetti, no, l’amore non funziona così. L’Egitto di difetti ne ha tanti perché non è solo dorato deserto, piramidi, oasi e acque cristalline: è fatto di persone, e le persone sono imperfette, come siamo noi, che ci sentiamo spesso superiori e migliori degli altri. Siamo solo diversi. Noi (e per “noi” intendo quelle come me e Noemi) amiamo viaggiare perché per camminare sulle strade del mondo non si può stare sul piedistallo, si deve scendere e alzare la polvere. Solo così si impara che le differenze ci arricchiscono e che la varietà ci fa crescere”.

Viaggiare con la fantasia

E quando non possono viaggiare con le gambe, quelle come noi, viaggiano con la fantasia, tengono vivi i ricordi e combattono la nostalgia impastando parole e sentimenti. Dai miei impasti è nato “Liberi di credere. Storia di acqua e deserto”, un romanzo che ha dato nuova vita all’amore per l’Egitto e per me stessa e ha addolcito la nostalgia perché mi ha permesso di condividerla. Quelle come noi scrivono per condividere e sono felice che Noemi mi abbia dato la possibilità di farlo in questo spazio. Grazie a chi, giunto a questo punto, avrà sulle labbra un sorriso e negli occhi un’impalpabile duna addormentata sotto la luna.

Mariantonietta Nania”


Se sei un po’ come noi che “amiamo scendere per strada e alzare la polvere”, che amiamo viaggiare con le nostre imperfezioni, se ami l’Egitto e i suoi profumi di mela e narghilè, ti consiglio vivamente di leggere il suo libro.