Together, “la casa di tutti”

Confesso. Non ho vizi (quello per le scarpe non conta, vero?).

Non bevo, non mi drogo, non fumo (da parecchio ormai), ma soffro di una forma di dipendenza virale: Internet.

Capirai…una curiosa come me, sempre alla ricerca di cose nuove che mi ispirino e, nei giorni peggiori, mi diano speranza, come può fare a meno di surfare sul web?

È così che un bel giorno di quasi un mese fa, cercando, cercando, mi sono ritrovata sul blog di un cross-inspirational place. What’s that?

Non ci provo neanche a spiegarti di che si tratta ma te lo faccio raccontare dai due tipi (non loschi) che gestiscono Together.

Perché nel frattempo ho partecipato a due eventi della “casa” e ho fatto la loro conoscenza.

Per la cronaca, io già li adoro e dopo aver letto l’intervista, li adorerai anche tu!

Together Trastevere

Chi c’è dietro Together

1- Ciao Ernesto, Ciao Michela, ci raccontate in breve chi siete?

Ciao, io sono Ernesto, un “non-più-giovane” abruzzese, ex speaker radiofonico di un emittente locale. Partito in giro per il mondo con il solo obiettivo di imparare l’inglese, sono tornato a casa carico di idee e di entusiasmo.

Ho fondato la mia prima start-up, un progetto sul quale ho lavorato qualche anno, prima di evolverlo e trasformarlo in Together.

E io sono Michela, studentessa di marketing e comunicazione on-line. Ho conosciuto Ernesto quando ero alla ricerca di uno stage da svolgere per l’università. Ho risposto a un annuncio di una start-up che cercava collaboratori per gestire la comunicazione on-line e ho trovato Ernesto. Avremmo dovuto collaborare per un mese e, dopo tre anni, siamo ancora qui.

Entrambi laureati in Scienze della Comunicazione a La Sapienza, siamo quelli che raccontano cosa succede nelle “case di tutti”.

2 – Cos’è TOGETHER e come vi è venuta in mente?

Together è un’idea di Ernesto, ispirata a realtà conosciute oltreoceano, durante la sua permanenza a San Francisco. Una combinazione di idee ed esperienze differenti che hanno dato vita a una realtà unica.

Together è innanzitutto una casa, nel cuore di Trastevere, a Roma. Una casa, il luogo informale per eccellenza, perché siamo convinti che le conversazioni migliori nascano quando si è rilassati e che, raccontando le proprie storie, ci si può ispirare a vicenda, ci si può incontrare e supportare, lavorando per la realizzazione dei propri progetti.

Un posto dove scambiarsi conoscenze e competenze, per far sì che finalmente venga riscoperto il piacere di osare, mettersi in gioco, inseguire i propri sogni e lavorare su progetti originali basati sulle proprie passioni.

Un posto dove le persone hanno la possibilità di contaminarsi di quella positività che in Italia sembra essere stata sommersa da ondate di radicato pessimismo. Molto spesso, infatti, persone brillanti non riescono a mettere a frutto le proprie passioni e i propri talenti perché scoraggiati da un sistema che impone obiettivi diversi. Together nasce per superare questo pessimismo. Siamo un popolo di artisti, non dobbiamo dimenticarlo mai.

3 – C’è un evento che avete amato di più nella casa?

A Together è possibile realizzare qualsiasi tipo di evento che sia in linea con i principi guida del progetto. È difficile sceglierne uno tra tutti quelli che abbiamo ospitato.

Abbiamo avuto cene preparate da chef, presentazioni di libri, sessioni di meditazione, rappresentazioni teatrali, concerti, mostre fotografiche, proiezioni di documentari auto-prodotti, workshop e corsi di diverso tipo. Ogni serata è stata resa speciale dall’atmosfera che si è respirata tra le mura di “casa” e dalle persone che vi hanno partecipato. Sarebbe ingiusto fare una classifica.

4 – Ci rivelate un progetto futuro?

Together è un progetto aperto, in continua crescita che si arricchisce ogni giorno grazie al contributo di chi decide di collaborare e supportare le nostre iniziative.

Noi stiamo crescendo con lui. Stiamo imparando tante cose da tutte le persone che passano a casa.

Vorremmo riuscire ad estendere questa esperienza in giro per l’Italia. L’idea è sicuramente quella di aprire altre case, con persone che desiderano farlo, volenterose di diffondere questa filosofia positiva.

E tu, conosci una realtàalcontrario che vorresti raccontarci?

Tatuaggio? Ma che sei matta?

Qualche anno fa, e con “qualche” sto mentendo spudoratamente perché intendo parecchie stagioni or sono, incontrai sulla mia strada, o meglio su un set, un interessante esemplare di maschio adulto.

Ne ho incontrati tanti di esemplari, ma questo era davvero carino, dolce, un pò orsacchiotto.

Che te lo dico a fare, mi ero presa una bella cotta!

Il tal ragazzo, un discreto artista, si offrì con grande entusiasmo di disegnare per me un tatuaggio.

E ne parlò a lungo, per tutta la durata del lavoro, ma il lavoro finì. Di lavori ce ne furono altri, e altri di set ma del disegno nessuna traccia.

Non nego che sul momento ‘sta cosa mi fece rosicare’.

In fondo era stato lui a proporsi, mica gliel’avevo chiesto io… e giù con i discorsoni sulla coerenza, sulle parole dette e non mantenute, una vera e propria pippa mentale… ma si sa a vent’anni di pippe se ne hanno molte (seeeeee, perché adesso no, eh?!).

Un tatuaggio che solo io avrei potuto disegnare

Gli anni, come dicevo, sono passati ma l’idea del tatuaggio ogni tanto riemergeva.

Finché l’anno scorso mi ronzava per la mente un disegno che sarebbe stato perfetto per me e che solo io avrei potuto disegnare.

Te l’ho detto che non credo al caso, vero?

Beh, un bel giorno di Novembre in una delle chat di whatsapp (da cui di solito scappo per via di quei bip ripetuti all’infinito, ma quella è una delle mie preferite) mi arriva questo messaggio:

“Ragazzi approfitto di questo canale di comunicazione per fare un piccolo un annuncio… sono finalmente pronta, prontissima per tatuare!!! Chiunque volesse farsi scarabocchiare un po’ mi contatti…”.

Io ho questa qualità, e me la riconosco, che quando sento di potermi fidare di qualcuno, non lascio che il dubbio mi offuschi questa certezza.

Elena, la ragazza che aveva scritto il messaggio, non la conoscevo benissimo.

Per la verità l’avevo vista qualche volta e non ci avevo scambiato molte parole. Ma ero certa che fosse lei quella giusta.

C’erano tutte le condizioni: avevo chiaro il disegno, avevo la tatuatrice e, cosa non da poco, mi sentivo pronta per questo passo (capirai…mica mi dovevo sposare…).

Un solo incontro per conoscerci e per mostrarmi l’attrezzatura (confesso, volevo controllare l’igiene, ma il mio istinto non si era sbagliato: Elena è superattentaprecisapulita) e l’8 Gennaio, qualche giorno dopo il mio compleanno, avevo il tatuaggio sulla mia spalla destra.

Nessun dolore da cui in tanti mi avevano messo in guardia.

Veloce rimarginamento grazie anche alla mia bio-vasellina (vedi post sullo spignatto).

E soprattutto la sensazione chiarissima che adesso il mio corpo fosse completo.

Era così che doveva essere da sempre.

Insomma una gran figata.

Il mio tatuaggio

E cosa c’è di “al contrario”?

Tu dirai, vabbè, ma i tatuaggi se li fanno in tanti. Che c’è di davvero al contrario?

Ed è qui che entra in gioco il tormentone della mia vita.

Ladies and gentlemen, ecco a voi… le critiche gratuite.

E non parlo di quelle più comuni come “il tatuaggio non lo cancelli più”, “è volgare”, “non è femminile” che ovviamente ci sono state e che tra l’altro non condivido affatto. A me il tatuaggio sembra così sexy!

Parlo di una in particolare, la più bella. Ringrazio ancora la persona che me l’ha rivolta.

“Alla tua età vuoi fare la pischella, con la frangia e il tatuaggio!”.

Ringrazio non perché mi ha già messo un piede nella tomba con quel “alla tua età”, ma perché mi ha fatto ripensare a quel ragazzo e al fatto che, se avessi accettato di farmi tatuare il suo disegno, avrei sul mio corpo un marchio indelebile del suo modo di vedermi, quello di un uomo che ho incontrato nella mia vita in non più di 3 o 4 occasioni, che ha detto di voler fare una cosa e poi non l’ha fatta (la categoria di persone che più non sopporto) e che non ho più rivisto da allora.

Il disegno che ho sulla spalla destra non avrei potuto disegnarlo a 23 anni perché non c’era ancora stata l’esperienza più eccitante della mia vita che adesso porto sulla mia pelle, non c’era stata quell’emozione e non c’era stata la rinascita dovuta a quel momento, grazie ai cavalli.

E soprattutto non lo avrei disegnato io, ma avrei permesso a un’altra persona di decidere per me.

Ancora una volta.

È questo che quelle critiche pensavano di fare: decidere per me. Ancora una volta.

E tu? C’è una critica che hai ricevuto e in qualche modo ti ha ostacolato nel realizzare un tuo desiderio? Se ti va, scrivimelo in un commento.

C’è chi il Cake design… e chi lo Spignatto

Sì, spignatto, perché io di mettermi il grembiule e starmene tra i fornelli non ne ho mai avuto voglia.

Ci ho provato a guardare le migliaia di trasmissioni con chef titolati che insegnano a fare piatti gourmet o quelle bellissime torte che, però, dai, diciamocelo, quelle all’italiana con la crema pasticcera e le fragole non le batte nessuno.

In verità, quando sono diventata mamma al contrario (alzino la mano le mammealcontrario al di là dello schermo), non mi sono preoccupata di cosa dare da mangiare a mia figlia, perché quell’esserino di 108 cm trangugiava cibo quanto un camionista di 180 (e non specifico se parlo d’altezza o di larghezza).

Piuttosto per la prima volta nella mia vita ho avuto a che fare con la pelle più delicata, secca e disidrata mai vista, quella della mia bambina africana.

Nelle mie ricerche notturne… perché il giorno era dedicato a prestarle attenzione altrimenti mi distruggeva casa… ho scoperto che l’olio per bambini più famoso in commercio era pura paraffina, petrolio insomma.

Aiutoooooooooooooooooooooooo!

E io che la facevo facile.

Andare al supermercato, comprare la fatidica confezione di tal olio e cospargere la mia bambina di… petrolio!?!

Crema Q10 fatta in casa
Cosmesi naturale spignatto: La mia crema al Q10

Spignatto’s girls

È qui che per la prima volta mi sono imbattuta nei canale youtube di cosmesi naturale, per la prima volta ho sentito parlare di creme fai da te e materie prime cosmetiche, per la prima volta ho capito cos’era un’ INCI, e per la prima volta ho sentito il termine Spignatto.

Da quel giorno sono passati più di due anni. Due anni di shampoo, balsami, impacchi, maschere, creme viso anti rughe e burri corpo realizzati in casa con una bilancina di precisione e ampolle e ampolline che mi facevano sembrare un’alchimista d’altri tempi.

Sarà che quando mi dicevano che nella vita passata ero una strega non si sbagliavano?

E questa prima infarinatura non mi bastava più.

Non riuscivo più solo a copiare ricette, sentivo il bisogno di informarmi, di sapere cosa fosse una cascata di grassi, di come formulare una crema adatta alla mia pelle e da lì mi sono catapultata nel fantastico mondo dei forum e dei gruppi Facebook di spignatto.

Adesso sì che le streghe alchimiste erano in tante e una più brillante dell’altra.

Spignatto girl
Spignattare cosmetici: Alcuni dei miei spignatti

Conclusioni sullo spignatto

Ho scoperto in questi anni quanto siamo disinformati riguardo alla cosmesi, soprattutto a causa dei falsi messaggi pubblicitari (ma va?!).

Ho scoperto che, quando studi un po’, senza essere necessariamente un chimico o un farmacista, puoi aver cura della tua pelle e di quella delle persone che ami con poco, ma soprattutto con l’attenzione che merita.

Parliamo tanto di mangiare biologico o diventare vegani ma poi compriamo creme costosissime senza sapere cosa ci spalmiamo addosso.

Io ora lo so. E tu che ne pensi? Scrivimelo in un commento.

Una romantica a Milano

Titolo rubato a una canzone dei Baustelle per raccontare Milano, il mio luogoalcontrario.

Un lento disamore dovuto agli anni di lontananza dalla mia prima città adottiva.

La nascita spietata di grattacieli nella metropoli che è il simbolo del design e di una certa architettura forse poco amata ma pur sempre antica.

Il loro intersecarsi sfrontato tra i palazzi storici.

Milano Castello Sforzesco

Ricordi di Milano

Il ricordo delle passeggiate da studentessa per le strade di Brera

… poco più in là, quella cartoleria in Corso Garibaldi dove acquistavo la tanto amata carta di riso… e sempre lì, la chiesetta dove andavo a rilassare i pensieri.

Quel grigino costante che, finché ci vivi, quasi lo indossi, ti appartiene…

… ma che quando ti allontani e, suo malgrado, approdi a Roma, viene pienamente colmato da una luce brillante, gioiosa, accecante.

E rieccomi qui, immersa in quel grigino, nel weekend dell’evento milanese che è sempre stato il mio preferito: il salone del mobile.

Persino quando doveva essere la moda a interessarmi di più, mi piaceva perdermi tra gli happenings sofisticati del fuorisalone.

Il ricordo di uno stage capitato per caso – ma quando mai ho creduto al caso? – in un famoso studio di design. A capo una donna – un caso anche questo? – una vera mecenate, col talento di pochi, che aveva l’ardire di invitarmi ad aperitivi tra una giovane soprano ombrosa e uno scultore emergente – ma mi ha visto bene? -.

Milano è…

Milano alla vigilia dell’expo.

Milano che, ogni volta che la guardo, cade sempre in piedi.

Milano che la tua migliore amica ti porta in quel locale super trendy all’Isola.

Milano che mostra di nuovo quel fermento, quell’essere italiani che tutto il mondo cerca invano di imitare.

Milano che mi ricorda che non siamo poi proprio come ci dipingono, nolenti e pesanti.

Al contrario, siamo meravigliosamente italiani, tutti dalla Sicilia alle Alpi, talentuosi e creativi, pronti a risorgere sempre e comunque.

E tu ce l’hai un luogo al contrario nel cuore?

Una città, uno scorcio che a nessuno piace ma di cui tu riesci a trovare le bellezze nascoste?

Se ti fa piacere, raccontamelo in un commento qui sotto. Grazie!

Eccomi qua!

Eh, già! Eccomi qua!

Alcontrario è come mi sento da che ne ho un ricordo.

Finalmente lo accetto. Sì!

Non è servito lottare tanti anni e sono tanti, credimi, per essere come le altre.

Normale

Ma che vorrà dire poi normale?

Beh, dai, mi capisci, no?

Quella che sta al suo posto, caruccia, che sorride, sempre disponibile, quella che crescendo vuole a tutti i costi diventare mamma, che è quello lì il sogno della sua vita, farsi una famiglia, una bella casa, magari col giardino e il cane.

Ne conosco così, si svegliano all’alba la domenica mattina per cucinare il pranzo, tradizionale.

Hanno sempre la piega a posto e il SUV compatto.

Niente da fare

Ci ho provato e riprovato ma niente da fare.

Mica come me che volevo viaggiare, conoscere il mondo, la gente diversa da me, che volevo sentire il profumo di luoghi nuovi, il sapore di cibi mai gustati.

Proprio no, non ce l’ho fatta.

Ti prego, non usare quella parola… “sbagliata”… una sentenza!

Non è pesante solo pronunciarla?

E poi “sbagliata” perché?

Perché non ragionavo come le altre, non mi vestivo come le altre, non stavo zitta quando “avrei dovuto”?

Eccomi qui in questo blog

Sia chiaro, qui non si fa polemica.

Quando bazzico su blog dove c’è una sfilza di commenti al limite del litigio cronico, chiudo subito la finestra e non ci torno più.

Qui ci si confronta, si sorride sulle proprie debolezze, si scoprono realtà interessanti e si apprezzano le diversità.

Le amo troppo e, a questa età, adesso parla la donna saggia, ho capito chiaramente che nella vita (che discorsone!) tutto serve a qualcosa, anche le persone che ti mettono i bastoni tra le ruote.

Oggi ho fatto pace con quell’essere diversa e, anziché sbagliata, preferisco definirmi al contrario.

E sai qual è la meraviglia di accettarsi?

Che ne ho trovate tantissime di donnealcontrario come me.

Che leggerezza!

Poter condividere tanta robaalcontrario, tante parolealcontrario, tante risatealcontrario.

E tu? Ti senti un essere al contrario?


Per approfondire, ti consiglio di visitare la pagina Chi Sono in cui ti racconto di più di me e di quello che sento come mia missione.

In quella stessa pagina troverai anche tanti altri articoli che spiegano meglio il mio essere al contrario.

Se anche tu ti senti al contrario come me, sono certa che ritroverai parti di te in quelle parole.

Mi auguro in questo modo di farti sentire parte di una comunità più grande di quel che pensi, perché, ebbene sì, siamo in parecchi/e.

Un abbraccio grande e benvenuta/o tra noi, anime al contrario.