0 virgola 6 sfumature di Maddalena Capra

Ci sono persone con cui senti un’affinità profonda, al di là della conoscenza fisica.

Con Maddalena è stato così, fin dal primo giorno, fin da quando, poco dopo aver aperto questo Blog, sono capitata tra le sue pagine virtuali.

Sarà che amiamo entrambe la letteratura, sarà che dai suoi tasti nascono sempre poesie, sarà che è una persona schietta, di quelle che una parolaccia, qua e là, ci sta bene.

E le persone schiette mi piacciono a prescindere.

Perché di ipocrisia in giro ce n’è anche troppa e qui, almeno qui, in questo nostro luogo al contrario, non vorrei entrasse mai.

Quando Maddalena Capra mi ha annunciato l’uscita del suo libro “0 virgola 6”, ho pensato subito: è arrivato il momento di intervistarla!

E non mi sono lasciata sfuggire questa occasione.

Il motivo? Sapevo che le sue risposte avrebbero inondato di poesia queste pagine.

O virgola 6 Maddalena Capra
«Siamo quello che diventiamo quando la vita ci dà il LA e noi eravamo in silenzio. Quando ci toglie la voce, e noi cantavamo». Maddalena Capra

Intervista a Maddalena Capra

N: Maddalena, grazie per aver accettato il mio invito tra queste interviste alcontrario. Per prima cosa, vorrei fare un gioco con te, il gioco dei “Se fosse…”. Te lo ricordi? E allora ti chiedo: se Maddalena fosse una poesia, quale poesia sarebbe? E Perché?

M: Accipicchia, parti tosta! Ce ne sono tante, mi ritraggono per aspetti diversi. Evitando quelle più pesanti (i poeti amano condensare in versi la disperazione umana…), direi L’albatro di Baudelaire. Senz’altro. Mi sento spesso fuori posto, caricata (o «catturata»?) dalla vita ordinaria, dalle navi che solcano i mari apparentemente senza intralcio, mentre io inciampo nelle mie ali, in una sensibilità e un animo ingombranti che mi fanno sentire goffa. Il confine tra qualità e difetto è così labile! Quello che più contraddistingue ognuno di noi è anche ciò che – malauguratamente – lo fa sentire diverso e inadeguato: solo.

N: Te lo ricordi quel momento in cui la scrittura è diventata parte di te? Quel momento in cui hai sentito che era la tua strada?

M: Sono due domande e, in effetti, corrispondono anche a due momenti diversi. Scrivo da che ho memoria: da bambina, avevo sette anni, una grave malattia al cuore mi costrinse in ospedale per ventisette giorni. Ricordo che alternavano il braccio per le flebo: quando capitava al destro, allora cercavo di scrivere con la sinistra. Cosa scrivevo? Poesie: le ho ancora, stanno in un quaderno con la copertina rigida di tela rossa e un riquadro con un Cappuccetto Rosso. C’è su un adesivo con scritto «6», perché quel quaderno l’avevo cominciato già a sei anni.

La prima svolta arriva otto anni più tardi: una lite coi nonni, in montagna. In balcone, da sola, mi cantai in testa una canzone di Baglioni sostituendo le sue parole con le mie: cercavo, nelle mie strofe, un’espressione al disagio. Cominciai anche a fare lunghe camminate serali in solitaria, ad apprezzare quella chiusura privata e intima che forse tutti sperimentano nell’adolescenza. Nel mio caso con me usciva sempre anche la parola, portavo ogni volta un foglio di carta ripiegato in tasca. E una penna.

La decisione di investire sulla scrittura con obiettivi «professionali» è tardiva, arriva durante la maternità: nel frattempo avevo sempre scritto, ma quaderni privati, più paranoie che narrazioni. Invece apro un blog e scopro che posso raccontare: ma raccontare in modo narrativo. Non per niente il claim del blog è «Non do consigli, non faccio informazione. Narro. Di maternità e di vita». Scrivo anche un romanzo, e così comincio a intuire cosa sia il mondo editoriale: lo intuisco nel senso che è serrato ed esigente ben oltre ogni mia ingenua previsione. Tanto da interrogarmi se sia davvero quello che voglio. Una cosa che mi infastidisce molto è che la scrittura, quando si fa pubblica, diventa la parte minore della scrittura: tutto il resto, il grosso dell’iceberg, è progettazione, prima, e promozione, poi. Chi è blogger sa cosa intendo: be’, quando si tratta di un romanzo – e tu, Noemi, lo sai – questa sproporzione cresce esponenzialmente. Come ho scritto un giorno: «Il vero rischio di investire in una passione non è la paura di non farcela. Il vero rischio è inquinare quella passione». Eppure quel sentimento di poter dare qualcosa con le mie righe, quel grande potere che ha la parola, sono un propellente che ancora mi spinge forte. Basterà? Non lo so: a volte sento di voler contribuire di più, al mondo.

N: Come ben sai, ho scelto appositamente di non leggere il tuo libro, perché volevo pormi nella stessa condizione di chi sta leggendo questa intervista. Volevo sentirmi “alla scoperta” del tuo racconto. Nella presentazione del libro, scrivi “La storia di una maternità «stretta» e poi improvvisamente sorpresa dagli eventi, una storia di scoperta, conflitto e dolore”. Allora ti chiedo, quanto c’è di te in “0 virgola 6”?

M: Tutto. Sono stata protagonista di una serie di eventi terribilmente forti e conflittuali, in una faglia temporale minuscola: come dico nella prefazione al libro «questa è una storia che non avrei mai creduto di scrivere. […] L’ho tracciata giorno per giorno, me la mettevo accanto sui sedili. Sapevo di doverlo fare». Ha la particolarità di essere scritta in tempo reale. Non sapevo cosa ne avrei fatto. Poi è stato chiaro.

N: “0 virgola 6” è un’auto-pubblicazione. Mi ricordo i sentimenti contrastanti che avevo io quando stavo per auto-pubblicare il mio Safari. Tu come hai vissuto questo momento?

M: È buffo. Per uno scrittore esordiente i punti cardine sono due: la paura di annoiare il lettore, essendo inesperto (ma questa, in fondo, è una costante di chiunque scriva), e la ricerca forsennata di un Editore, che dia fiducia al proprio talento e alla storia, ma anche credito. Perché il lettore se vede un marchio crede automaticamente che la storia sia più «valida». È la ragione per la quale, io stessa, non ho mai considerato il self-publish per un romanzo. Invece qui ha scelto la vita. Questa volta il valore e il senso del narrato sono così totali che il mondo editoriale non l’ho nemmeno preso in considerazione, avevo urgenza di trovare il calore di chi legge, inizialmente, e adesso di dare una testimonianza col mio racconto. Ora spingo per diffonderlo perché è la sola vittoria che posso, in questa storia difficile. E perché so che molte donne hanno bisogno di ascoltarla. E, paradossalmente, pur non avendo pianificato nulla nella narrazione, il commento unanime è: «L’ho letto d’un fiato, era impossibile fermarmi».

N: Quest’ultima domanda non è in realtà una domanda. Fai finta di avere un microfono aperto, di poter dire tutto quello che vuoi, senza filtri, senza pensare a chi ti sta ascoltando davvero, senza limiti o giudizi. E adesso, butta fuori…..

M: C’è sempre una parte di vanità, inutile prendersi in giro: abbiamo bisogno di essere riconosciuti. Ma è piccola. Se ami quello che fai, il motore più forte è il desiderio, come dicevo, di dare un contributo al mondo. Di «dare qualcosa». Sono brava con le parole, so di avere un potere evocativo, di emozionare e commuovere il lettore. Non lo dico con presunzione, non è nemmeno tutto merito mio: è la vita, la natura. Ognuno ha il suo talento e il suo modo di contribuire: c’è chi sforna pane, chi cura i malati, chi spazza le strade. Io scrivo.


E siccome Maddalena Capra scrive bene, eccome se scrive bene, ti consiglio di leggere il suo “0 virgola 6” “d’un fiato”, come hanno fatto già in molte/i.

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Qualche settimana dopo…

È passata qualche settimana da questa intervista e solo adesso comprendo come mai avessi scelto di non leggere il libro di Maddalena Capra prima di intervistarla.

A volte si fanno cose che non hanno un senso logico nella propria testa. A me ultimamente capita sempre più spesso. E ho imparato a fidarmi.

Ho cominciato a leggere “0 virgola 6” non appena messa online questa intervista. Ma mi sono fermata quasi subito. Sì, non sono una di quelle lettrici che lo ha letto “tutta d’un fiato”. Vuoi sapere il perché?

Quando ho capito di cosa il libro parlasse, ho sentito che dovevo avere rispetto, un rispetto che si tramutasse nella scelta di momenti dedicati a questa lettura.

Non volevo leggerlo trafelata, tra la consegna di un lavoro e la preparazione del pranzo per mia figlia. Volevo che avesse tutta la mia attenzione.

Oggi ovviamente non farò spoiler sull’argomento, non metterò l’accento nemmeno sul fatto che mi abbia commossa profondamente (che forse potrà sembrarti scontato).

Ti dirò soltanto che, indipendentemente dalle proprie esperienze di vita, 0 virgola 6 di Maddalena Capra è un libro che va assaporato nelle mille emozioni di cui siamo contenitori.

Con il sorriso, con l’ansia, con la fragilità, con la serenità, con il dolore.

Di nuovo, buona lettura!

2 risposte a “0 virgola 6 sfumature di Maddalena Capra”

  1. Si intuisce già da questa intervista quanto di unico ci possa essere nel libro. Al momento ne ho troppi già in lista d’attesa ma non me lo dimentico, anzi prendo nota. Grazie come sempre per le tue storie non scontate ma ricche di emozioni e significato!

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