Una serata tra Amiche di Fuso

Metti una sera a cena.

Metti un bicchiere di buon vino.

Due chiacchiere e tante risate.

Un tavolo abbastanza grande e un’intrusa: io!

Ebbene sì, perché loro si conoscono tutte, non da tantissimo, ma che sono unite lo si percepisce chiaramente.

Le ho conosciute grazie al loro blog, e il legame che hanno creato mi conferma quello che penso da sempre:

Le donne, insieme, sono una forza incomparabile.

Aspetta, aspetta. Ma non mi avevano insegnato esattamente il contrario?

Sta attenta alle donne. Sono competitive. Se possono tradirti, sono le prime”.

In verità io non so se sono stata fortunata ma le mie amiche, anche quelle non necessariamente d’infanzia, le amicizie costruite da grandi, innaffiate con cura tutti i giorni e affrontate con un’apertura che da ragazzina non conoscevo, sono le migliori sorprese della mia vita.

Torno a questa tavola virtuale, ah, scusami, non te lo avevo detto?

Queste amiche vivono tutte lontane centinaia, migliaia di chilometri.

A questo punto che ne dici di venirti a sedere con noi e passare una piacevole serata in compagnia delle Amiche di fuso?

Amiche di fuso
Sa sx Elena, Mimma, Drusilla, Valentina Houston e Valentina Germania.

Amiche di fuso

N: Allora ragazze, la domanda delle domande: com’è cominciata l’avventura delle Amiche di fuso? – rompo il ghiaccio.

Circa un anno e mezzo fa. Tutto è iniziato dai nostri blog personali, expats, attraverso i quali ci siamo conosciute, leggendoci e commentandoci a vicenda. Da qui l’idea di un gruppo Facebook e di una chat whatsapp grazie alla quale abbiamo iniziato ad avere un contatto in tempo reale. Essere sparse in tutto il mondo ha fatto sì che ci fosse sempre qualcuna connessa nell’arco delle 24 ore. Qualcuna pronta a consigliare, incitare, consolare o anche solo ad “ascoltare”. Questo ha compensato la mancanza del contatto diretto con gli affetti lasciati in Italia da cui, spesso, ci separano diverse ore di fuso. Dalla forte intesa è nata poi l’idea di creare un blog a più voci interamente dedicato al tema espatrio. Il blog di Amiche di Fuso è stato reso pubblico a settembre dell’anno scorso già con ottimi contenuti, ma con un sito molto basico. A Maggio di quest’anno è nato il nuovo Amiche di Fuso in versione Magazine con un logo, una pagina Facebook e una veste tutte nuove di cui siamo molto orgogliose! – Federica (Thailandia)

N: Vi siete mai incontrate fisicamente? E se sì, com’è andata?

Ci siamo incontrate a Giugno, a Milano, ed è stato come rivedere delle amiche di vecchia data. Mi sembrava di conoscerle da sempre! Perché abbiamo vite simili, stessi problemi, gioiamo e ci arrabbiamo per cose simili. Insomma, apparteniamo a uno stesso pianeta! – Drusilla  (Arabia Saudita)

La prima amica di fuso che ho incontrato di persona è stata Valentina (Germania) dopo 5 anni di amicizia via blog, io in un paesello francese, lei in un paesello tedesco, entrambi ai confini con la Svizzera…ci capimmo al volo da subito. Nello stesso periodo iniziai a seguire il blog di Elena (Dubai) che era già una pluri-expat e stava iniziando a lanciarsi nel mondo del diy. Per me era un esempio avendo già cambiato diversi posti e avendo già figli. Quando si avvicinò al nostro gruppo ero emozionatissima perché era la mia blogger “famosa” preferita. Ci ho messo un po’ a realizzare che eravamo diventate amiche e facevamo parte del nostro quotidiano. Quando a Milano mi hanno strillato –Valeeee- dall’altro lato del marciapiede, mi è sembrata la cosa più naturale del mondo girarmi e vedere quattro di loro salutarmi come se ci fossimo viste l’ultima volta ieri– Valentina (Houston)

N: Mi incuriosisce molto che c’è sempre una di voi reperibile per via dei differenti fusi. Questo in qualche modo vi è stato d’aiuto?

Una di noi ha detto che è come avere “la compagnia del muretto”, come da adolescenti. Anche io la vedo così perché quando ci va di dirci qualcosa, non importa che ora sia, lo mettiamo sulla chat e sappiamo che qualcun’altra arriverà a leggerlo e parlarne, ma senza dover stare lì a dirci ci vediamo a quell’ora o no, accidenti sono in ritardo, etc. Siamo le amiche del muretto del terzo millennio e i fusi non li sentiamo neppure! – Anna (Francia)

N: Quindi si può dire che la vostra sia un’amicizia a distanza. E un po’ come gli amori a distanza, funziona? –

Sì. Ci vuole impegno e comprensione da entrambe le parti. Quella nata grazie ad Amiche di Fuso è un’amicizia con un comun denominatore: l’essere expat, che è poi quello che ha cambiato tutta la nostra vita compreso il concetto di amicizia stesso. Volente o nolente si diventa un po’ selettive e le amicizie spesso diventano famiglia – Elena (Dubai)

N: E che ci dite di quest’Italia? Com’è vista da là fuori? –

Beh, tutti appena sentono che siamo italiane, si entusiasmano e non mancano di raccontare di qualche viaggio che hanno fatto in Italia o che vorrebbero fare. Se la guardo da qui, con i loro occhi, vedo tutte le cose che amo del mio paese: la sua cultura dalla radici profonde nella storia, un patrimonio artistico che non ha eguali, paesaggi e cittadine belle da togliere il fiato, una cucina con una ricchezza e una varietà difficile da trovare altrove. Poi però non posso non togliere i filtri e pensare a quello che ho lasciato realmente, cioè un paese dove quasi nulla funziona come dovrebbe, dove non si capisce se sono peggio politici o cittadini (non tutti ovviamente ma una buona – troppo grande – fetta) sempre pronti o a difendere la poltrona conquistata o a lagnarsi. Un popolo che non riesce a essere mai unito in nulla, dove tutti sono sempre meglio dell’allenatore di turno della nazionale o che riescono a fare polemica su una donna eccezionale che compie un’impresa nello spazio. Così cerco di rimettermi i filtri e penso a come sarebbe bello tornare da turista come gli amici americani – Valentina (Texas)

N: C’è un altro aspetto che mi incuriosisce. Da donna e madre, com’è crescere i figli con culture diverse dalla nostra?

Vivere la gravidanza in un’altra cultura ti mostra una strada differente di come procedere e così anche sull’educazione, hai modo di avere più opzioni e strumenti a tua disposizione per scegliere quale direzione seguire. Da neomamma con tanti buoni propositi che spero di portare avanti, pesco da ogni parte: posso fare paragoni tra le due culture e capire cosa voglio. Credo sia assolutamente una ricchezza da sfruttare – Greta (Milwaukee)

Cambia anche il concetto di diversità! Mia figlia non mi ha mai chiesto nulla delle donne in abaya o gli uomini in dishdash. Mi dice che Vince è diverso perché ha le treccine e non la pelle nera, le pare normale che tutti i suoi amici parlino due lingue. Le sembra strano, quando è in Italia, che qualcuno parli solo italiano e vedere i venditori ambulanti sulla spiaggia. Ecco anche cosa vuol dire farli crescere fuori – Mimma (Kuwait)

Per me significa confrontarmi con la cultura americana, diversa dalla mia; significa scontrarsi con e incontrare un modo diverso di vivere e arricchire il mio modo di intendere la vita. Ecco perché vedo nel nostro vivere in California un’opportunità per me – come donna, moglie e madre – e per mio figlio che è un cittadino americano per nascita. Io spero lui riesca a portare sempre con sè il bagaglio multiculturale che stiamo riempiendo giorno per giorno in questa esperienza – Sabina (California)

Non è semplice crescere figli lontani da casa! Io cerco di tenere legami e tradizioni italiane e anche della mia Sardegna in qualunque posto andiamo, dalla lingua alla cucina, cercando di fargli conoscere il più possibile di tutte le culture che incontriamo! –  Nadja (Sydney)

N: Allora è un’esperienza che consigliereste!

Assolutamente sì. Ogni espatrio, facile o difficile che sia, costituisce un’esperienza che apre la mente, aumenta la propria autostima, fortifica i rapporti veri e sinceri, mette alla prova. Costringe a misurarsi con se stessi, facendoci conoscere a volte i nostri limiti ma, a volte, anche una forza che non sapevamo di avere. In poche parole per me espatriare è crescere come persona. Inoltre quando si torna, non si è quasi mai la stessa persona che è partita. Si guarda il mondo con occhi diversi -Federica  (Thailandia)

Se lo consiglierei? Sì, lo consiglierei a tutti! Perché vedersi da fuori, da italiani in un contesto straniero, fa bene!-  Sabina (California)

N: Vi sentite un po’ donne al contrario?– Come potevo non fare questa domanda?

Penso di sì o, perlomeno, mi sono sentita aliena a lungo. Non avere figli subito dopo il matrimonio e lasciare casa e il posto fisso per un salto nell’ignoto, sono scelte che fanno chiacchierare i mediocri ma anche chi ci vuole bene. Ho capito solo di recente che devo fare solo quello che fa star bene me, non quello che fanno tutti o che gli altri vorrebbero per me. Vivere in Australia è stata la mia conquista e il trampolino di lancio per il mio futuroalcontrario! – Serena (Scozia)

Mi sento donnaalcontrario solo quando sono circondata da persone che mi dicono di non capire le mie scelte. Fortunatamente ho sempre trovato amici e conoscenti con cui avevo molte affinità perchè forse anche loro sono alcontrario o semplicemente non giudicano basandosi sullo sterotipo della Stepford Wife. Certo per trovare tutte queste persone e mentalità che adoro, non sono potuta restare nella mia città natale e ho cominciato a viaggiare, sognando di trovare una cultura che mi calzasse a pennello. Adesso che sono cresciuta ho imparato ad accettarmi e ad accettare un po’ di più anche gli altri, quelli che alcontrario non sono e a vivere più serena –  Alessia (Louisiana)

Io mi sento donnaalcontrario da sempre, per questo mi è sembrato molto naturale lasciare l’Italia. Per quanto sia andata in Paesi vicini geograficamente (Svizzera tedesca e Germania) sono molto più differenti di quanto non ci si aspetti. Quando ero a Zurigo ho fatto più amicizia con spagnoli, sudamericane/i o mediorientali che con svizzeri o tedeschi, che appartengono a modelli culturali radicalmente diversi dal nostro, anche per quanto riguarda l’educazione dei figli. Anche se è il lato della loro cultura che apprezzo di più e a cui mi sento più vicina naturalmente, mentre rispetto a molte mamme italiane mi sento un po’ un’aliena. Alla fine si scopre pure che sono una mamma alcontrario! – Valentina (Germania)

La serata è finita.

Le saluto sentendomi un po’ meno intrusa.

Un ultimo brindisi.

Anche oggi chiudo la giornata soddisfatta.

Porto a casa una conferma in più, un segno che la direzione è quella giusta, che non sono sola. Cercare altri “simili” mi dà forza e fiducia.

Sì, la direzione è quella giusta.

Grazie di cuore, Amiche di Fuso!

La famiglia di Unlearning: la mia intervista

Intervista unlearning

Ci sono quei giorni che “per caso” ti ritrovi davanti aduna frase e che quella frase, nelle ore e nei giorni successivi, ti giri e ti rigiri nella testa come un disco rotto.

È quello che mi è accaduto qualche settimana girovagando sul web:

Otto ore di lavoro al giorno a testa, bambina a scuola fino alle quattro del pomeriggio, babysitter… Quando arriva il momento più importante della giornata, la cena, ci ritroviamo sfiniti a parlare di mutuo e bollette, organizzando un’altra giornata di sopravvivenza.”

Ops, sta parlando di me, di casa mia, ho pensato. Incuriosita, continuo a leggere:

Ma se lasciassimo la zona comfort della nostra esistenza, disimparando la religione del comfort per condividere i tempi, gli spazi, le logiche e i meccanismi di relazione con chi ha un concetto diverso di famiglia? Come vedremo la nostra vecchia vita al nostro ritorno? E, soprattutto, la vorremmo ancora?”.


La famiglia di Unlearning

Unlearning’s family

Lucio, Anna e Gaia, rispettivamente padre videomaker, madre insegnante e figlia di 5 anni, sono i protagonisti di questa avventura chiamata Unlearning lunga 5821 km, percorsi in sei mesi dalla Sicilia fino all’Austria, spendendo poco meno di 600 €.

Come hanno fatto?

Utilizzando il famoso e antico metodo del baratto: Blablacar per i passaggi condivisi, Couchsurfing per l’ospitalità, scambio di ore di lavoro con Timerepublik.

Hanno viaggiato in lentezza, sperimentando nuovi modi di cooperare, di comunicare e di fare economia.

Sei settimane in Sicilia ospiti di un Ecovillaggio a Sortino prima, poi di una famiglia che educa i figli seguendo la filosofia dell’homeschooling, risalendo lo stivale, Calabria, Puglia, Basilicata, Umbria, Emilia Romagna, Slovenia e Austria.

Di nuovo Italia, Venezia, Bergamo e, dulcis in fundo, il villaggio degli Elfi nel Pistoiese.

In ognuna di queste tappe hanno conosciuto famiglie, comunità, modi di vivere alternativi.

È davvero un piacere averli ospiti del mio blog:

tutta per te…

Intervista alla famiglia di Unlearning

N: Ciao ragazzi, una curiosità: qual è stato il pensiero X che vi ha fatto scattare la decisione di partire?

U: Più che un pensiero è stato un disegno. Gaia, a 5 anni, ha disegnato un pollo con 4 zampe. Perché? Perché non ne aveva mai visto uno, solo le 4 cosce incellophanate che arrivavano dal supermercato. Invece che portarla in una fattoria per qualche ora abbiamo messo in discussione il nostro modello di vita di città. Il pollo è stato in realtà “la goccia che ha fatto traboccare il vaso” e ci ha messo davanti a un malessere che stavamo attraversando. E allora perché non fare “unlearning”, disimparando il nostro stile di vita provandone altri?

N: Una domanda che vi avranno fatto in molti, immagino sia stata…”E i soldi?”

U: I soldi non c’erano. Ci eravamo prefissati di viaggiare sei mesi e le spese sarebbero state enormi: solo la casa, con il suo mutuo di 750 euro al mese, ci sarebbe costata 5000 euro… Per restare vuota.

Siamo partiti da lì, abbiamo deciso di usare vari siti per poterla affittare in modo che si autopagasse, oppure “scambiarla” durante il nostro viaggio.

Abbiamo pensato di usare tutto il circuito dell’economia di condivisione barattando lavoro per vitto e alloggio, cene per passaggi… E così via.

N: Qual è il “gioiello” che vi portate a casa da questa avventura?

U: Il gioiello è di essersi riscoperti una vera squadra! In viaggio i ruoli di casa decadono. Gli orari, le routine, gli spazi. Ogni tappa era un reset e un modo di mettersi in discussione. Dove ognuno poteva dire la sua. Siamo partiti spaventati e siamo tornati più forti. Come diceva Rumi “Il viaggio riporta viaggio e amore nella tua vita”. Per noi è stato così.

N: La famiglia di Unlearning è una famiglia al contrario?

U: Semplicemente, cerchiamo di fare quello che ci piace ed è una bella avventura!

Brunella Roscetti: la ragazza “in gamba”

Brunella Roscetti monta americana

Quando ero ragazzina, ero una gran tifosa di calcio.

Nella mia cameretta non c’era il poster di un cantante grunge ma quello di Marco Van Basten. E questo dovrebbe dire tutto.

Da qualche anno però mi sono disamorata del calcio: scommesse, scandali, stipendi con troppi zeri, e dove vogliamo mettere le acconciature tamarre?

Poi ci sono discipline che sfornano campioni su campioni e di questi le cronache non parlano quasi mai, sebbene l’Italia ne sia piena.

Brunella Roscetti è una di questi.

Campionessa regionale di reining (equitazione western), campionessa italiana di dressage (equitazione anche questa) e dopo solo quattro mesi di allenamento, campionessa italiana di Para-rowing (canottaggio).

Tu dirai, cosa c’entra l’equitazione con il canottaggio?

La storia di Brunella Roscetti

È qui che entra in gioco la storia personale di Brunella, la storia di una donna innanzitutto, una donna che ama le sfide e non si ferma finché non le vince.

Una sportiva che un brutto giorno del 2006 ha subìto un intervento durissimo: l’amputazione al III medio della gamba sinistra.

E cos’ha fatto lei? Si è fatta scoraggiare o deprimere dalla situazione?

Brunella, insieme a un gruppo di tecnici che l’hanno seguita, ha messo a punto una protesi per montare in sella e ha ricominciato a galoppare e a vincere.

Nel 2013 Peppino Abbagnale (presidente della Federazione Italiana Canotaggio) l’ha voluta nella sua squadra di para-rowing. Ed ecco spiegato il mistero.

Adesso ti lascio alle parole di Brunella che, sì, è una grande atleta, ma innanzitutto, è un essere umano meraviglioso, di quelli di cui ci piace parlare in questo blog. Enjoy!

Brunella Roscetti in sella
Brunella Roscetti

Brunella Roscetti, la ragazza “in gamba”

N: Quello che emerge di te non è solo determinazione, forza e coraggio ma anche tanta allegria. Mi viene da chiederti: come fai?

B: Quando si tocca il fondo, quando vedi che la vita ti viene portata via per un errore medico, capisci che non puoi più stare a guardare. Devi reagire per dimostrare per primo a te stessa di potercela fare. Il sorriso mi viene spontaneo. Io sono una donna che apprezza la vita in ogni sfaccettatura. Sorrido alle piccole cose come alle grandi cose. Credo che sorridere sia molto curativo!

Brunella Roscetti

N: Ci racconti di quel momento in cui volevi mollare tutto ma…?

B: – Ho passato un anno dall’inizio della mia amputazione a pensare che la mia vita fosse finita insieme alla mia gamba. Poi un giorno sono andata a trovare un amico che ha una scuderia di cavalli Arabi. Era il giorno del mio compleanno, l’11 novembre. Mi regalai un viaggio per Parigi per andare a vedere proprio il salone dei cavalli Arabi. Mentre i miei occhi si perdevano a guardare questi esseri favolosi, la mia mente pian piano cominciava a risvegliarsi. Pensai: come faccio? Cosa mi invento per tornare a cavalcare? Da qui partì la scommessa con me stessa. Cominciai ad informarmi, a cercare e soprattutto a credere. Con l’aiuto dell’Inail di Roma, dell’Ing. Gennaro Verni e del Tecnico Franco Mele, iniziammo a costruire la prima protesi. Da quel giorno sono assetata di voglia di fare.

N: Qual è il tuo prossimo obiettivo?

B: Oddio, ne ho molti però, questa volta, per scaramanzia, sto zitta. Prometto che vi informerò dopo i risultati .

N: Ti senti unadonnaalcontrario?

B: Mi sento una donna fortunata e fantastica che ama la vita e si impegna per aiutare gli altri in primis, poi se stessa.

Together, “la casa di tutti”

Confesso. Non ho vizi (quello per le scarpe non conta, vero?).

Non bevo, non mi drogo, non fumo (da parecchio ormai), ma soffro di una forma di dipendenza virale: Internet.

Capirai…una curiosa come me, sempre alla ricerca di cose nuove che mi ispirino e, nei giorni peggiori, mi diano speranza, come può fare a meno di surfare sul web?

È così che un bel giorno di quasi un mese fa, cercando, cercando, mi sono ritrovata sul blog di un cross-inspirational place. What’s that?

Non ci provo neanche a spiegarti di che si tratta ma te lo faccio raccontare dai due tipi (non loschi) che gestiscono Together.

Perché nel frattempo ho partecipato a due eventi della “casa” e ho fatto la loro conoscenza.

Per la cronaca, io già li adoro e dopo aver letto l’intervista, li adorerai anche tu!

Together Trastevere

Chi c’è dietro Together

1- Ciao Ernesto, Ciao Michela, ci raccontate in breve chi siete?

Ciao, io sono Ernesto, un “non-più-giovane” abruzzese, ex speaker radiofonico di un emittente locale. Partito in giro per il mondo con il solo obiettivo di imparare l’inglese, sono tornato a casa carico di idee e di entusiasmo.

Ho fondato la mia prima start-up, un progetto sul quale ho lavorato qualche anno, prima di evolverlo e trasformarlo in Together.

E io sono Michela, studentessa di marketing e comunicazione on-line. Ho conosciuto Ernesto quando ero alla ricerca di uno stage da svolgere per l’università. Ho risposto a un annuncio di una start-up che cercava collaboratori per gestire la comunicazione on-line e ho trovato Ernesto. Avremmo dovuto collaborare per un mese e, dopo tre anni, siamo ancora qui.

Entrambi laureati in Scienze della Comunicazione a La Sapienza, siamo quelli che raccontano cosa succede nelle “case di tutti”.

2 – Cos’è TOGETHER e come vi è venuta in mente?

Together è un’idea di Ernesto, ispirata a realtà conosciute oltreoceano, durante la sua permanenza a San Francisco. Una combinazione di idee ed esperienze differenti che hanno dato vita a una realtà unica.

Together è innanzitutto una casa, nel cuore di Trastevere, a Roma. Una casa, il luogo informale per eccellenza, perché siamo convinti che le conversazioni migliori nascano quando si è rilassati e che, raccontando le proprie storie, ci si può ispirare a vicenda, ci si può incontrare e supportare, lavorando per la realizzazione dei propri progetti.

Un posto dove scambiarsi conoscenze e competenze, per far sì che finalmente venga riscoperto il piacere di osare, mettersi in gioco, inseguire i propri sogni e lavorare su progetti originali basati sulle proprie passioni.

Un posto dove le persone hanno la possibilità di contaminarsi di quella positività che in Italia sembra essere stata sommersa da ondate di radicato pessimismo. Molto spesso, infatti, persone brillanti non riescono a mettere a frutto le proprie passioni e i propri talenti perché scoraggiati da un sistema che impone obiettivi diversi. Together nasce per superare questo pessimismo. Siamo un popolo di artisti, non dobbiamo dimenticarlo mai.

3 – C’è un evento che avete amato di più nella casa?

A Together è possibile realizzare qualsiasi tipo di evento che sia in linea con i principi guida del progetto. È difficile sceglierne uno tra tutti quelli che abbiamo ospitato.

Abbiamo avuto cene preparate da chef, presentazioni di libri, sessioni di meditazione, rappresentazioni teatrali, concerti, mostre fotografiche, proiezioni di documentari auto-prodotti, workshop e corsi di diverso tipo. Ogni serata è stata resa speciale dall’atmosfera che si è respirata tra le mura di “casa” e dalle persone che vi hanno partecipato. Sarebbe ingiusto fare una classifica.

4 – Ci rivelate un progetto futuro?

Together è un progetto aperto, in continua crescita che si arricchisce ogni giorno grazie al contributo di chi decide di collaborare e supportare le nostre iniziative.

Noi stiamo crescendo con lui. Stiamo imparando tante cose da tutte le persone che passano a casa.

Vorremmo riuscire ad estendere questa esperienza in giro per l’Italia. L’idea è sicuramente quella di aprire altre case, con persone che desiderano farlo, volenterose di diffondere questa filosofia positiva.

E tu, conosci una realtàalcontrario che vorresti raccontarci?