Bellezza… ieri, oggi, domani

Al primo maschietto che etichetterà l’argomento Bellezza come da femminucce, risponderò che la mia estetista mi ha confessato di avere ormai più clienti uomini che donne. Eterosessuali, grandi e grossi, che si sottopongono a depilazione di sopracciglia e pettorali per essere più belli.

Del resto Narciso non era mica femmina.

Gli stessi faraoni, uomini virili e potenti, si sottoponevano alla cura e alla pulizia del loro corpo perché collegate alla purezza dello spirito.

Nell’antica Grecia non ne parliamo… altro che le nostre SPA moderne. Maschere per il viso, peeling esfolianti, rituali lunghi e sofisticati perché nella loro cultura era fondamentale prendersi cura di se stessi.

E gli antichi romani? Si dice che Ovidio consigliasse alle donne di avere cura del proprio viso perché “la cura conferirà bellezza al tuo volto”.

trattamento di bellezza

Dentro e fuori

Tra le varie sfaccettature del mio lavoro, c’è anche la cura della propria immagine. Una delle prime cose che dico alle mie clienti (anche ai maschietti), è che non basta un bell’abito. Bisogna partire dal nostro corpo. Dentro e fuori.

Cerco sempre di portare l’attenzione a quello che siamo veramente, perché l’abito non mente. In fondo non siamo manichini. Siamo esseri umani, con le nostre emozioni, le nostre difficoltà, i nostri limiti e tutti i nostri punti di forza.

Avere cura del nostro involucro, della nostra pelle ma anche di quello che sta dentro la nostra pelle, è il primo passo per poter mostrare poi con la nostra immagine esteriore chi siamo e quali sono i nostri obiettivi.

Ecco perché, quando Panasonic Italia mi ha invitata alla Limoni Beauty Accademy per dedicare del tempo alla cura e alla pulizia del mio viso, sono stata molto felice di partecipare.

Primo… perché incontrare altre persone, nello specifico altre blogger che non avevo mai visto dal vivo, è sempre un’occasione di scambio importante per me. Viviamo un’epoca di relazioni virtuali ma continuo a credere che, se condite da incontri live, queste relazioni diventano più forti e rigogliose.

Secondo… perché ho una vera passione per la tecnologia, figuriamoci se si occupa del nostro benessere!

spazzola panasonic
Spazzola detergente

La spazzola detergente

Panasonic Italia mi ha invitato a provare due dei loro prodotti di ultima generazione per la bellezza del viso.

Il primo apparecchio è la Spazzola detergente che, grazie a una piastra riscaldante (arriva a 48° C), rimuove efficacemente il make-up della giornata. Inoltre ha in uso diverse testine, con spazzole dalla più delicata a quella esfoliante, che permettono una pulizia sempre più profonda.

Il secondo apparecchio ha un nome che è tutto un programma.

spazzola detergente panasonic
Da questa fessurina, inserisci il gel detergente. Una vera comodità!

L’ “attivatore di giovinezza”

Certo, facile parlarne quando hai la pelle giovane ma sulla mia pelle che ormai ha superato i 40, stai tranquilla che i risultati o li vedi o non li vedi.

Innanzitutto proprio per il mio amore per gli oggetti tecnologici, ti dico che l’attivatore utilizza le micro-correnti. E funziona in 3 step:

  1. Purifica, grazie ad una corrente alternata di ioni positivi e negativi, uniti al calore che la piastra in titanio genera. In questo primo step si utilizza il tonico.
  2. Idrata. Dopo aver applicato la crema sul viso (ricordati sempre di leggere l’INCI dei prodotti che utilizzi, altrimenti è tutto inutile), l’adattatore genera un flusso elettro-osmotico che apre meglio i pori della pelle e permette l’assorbimento della crema.
  3. Rivitalizza. Questa è la vera chicca, credimi. La piastra raggiunge i 10° e non soltanto chiude i pori della pelle ma, se applicata sul contorno occhi, riduce borse e occhiaie. Ma la cosa più bella è che ti regala una sensazione così piacevole che, quando sono finiti i minuti del trattamento, vorresti ricominciare subito.
attivatore di bellezza panasonic
L’attivatore di giovinezza

E il tempo?

Ora tu mi dirai: “Noemi, ma io mica ce l’ho tutto questo tempo la sera da dedicare ad una pulizia professionale. Quando metto a letto la prole, l’unica cosa che voglio fare è buttarmi sul divano a guardare la mia serie tv preferita”.

E io ti rispondo: “È proprio così che io la faccio, comodamente seduta sul divano, davanti alla mia serie tv preferita, in nemmeno 10 minuti”.

L’attivatore è davvero comodo da usare e la sensazione piacevole che avrai, non ti farà dimenticare di usarlo la sera successiva.

Ecco tutto.

Mi auguro come sempre che tu abbia cura di te, del tuo corpo e della tua mente perché, che credi alla vita eterna, alla reincarnazione o a questa vita soltanto, il corpo che abbiamo qui e ora è l’unico di cui ci possiamo occupare ed è davvero un peccato e un’ingiustizia verso noi stesse/i, trascurarlo.

Pensieri sparsi sulla memoria: le pietre d’inciampo

Chi mi segue sui social, sa molto bene che amo scoprire piccoli angoli nascosti della città in cui vivo, sebbene si tratti della città più famosa al mondo.

In realtà Roma è così “ricca” da consentire ripetutamente nuove scoperte per mia fortuna!

Ed è così che un giorno camminavo tra i sampietrini, notoriamente amici dei tacchi a spillo… altro che il pavè di Milano. Qui si rischia una slogatura al giorno!

E mentre cercavo di non capovolgermi in triplo salto mortale sul pavimento storico, mi accorgevo di una piastrina dorata incastonata proprio tra i sampietrini.

La curiosità, si sa, è una mia amica fedele e così mi sono andata a cercare di cosa si trattasse.

E ho scoperto che di queste piastrine d’ottone, chiamate pietre d’inciampo, a Roma ce ne sono ben 237.

memoria pietre d'inciampo

Stolpersteine, le pietre d’inciampo

Il loro nome è Stolpersteine, o Pietre d’Inciampo, e sono un’idea dell’artista tedesco Gunter Demnig che, dal 1997, installa in tutta Europa queste targhe per ricordare le vittime del nazi-fascismo.

In ognuna di queste piastrine c’è il nome della persona, data e luogo di deportazione.

Nel curiosare ho scoperto che non tutti i condomini dei civici coinvolti avevano gradito le pietre d’inciampo, perché costretti ogni giorno a ricordare le atrocità del periodo nazi-fascista.

Devo dire, e so che dirò una cosa impopolare, che una parte di me è solidale con queste persone.

Io sono una di quelle che non ama vedere i film sulla “memoria”, perché di solito li danno la sera, quasi tutti nello stesso periodo, e il risultato è che vado a letto con una gastrite pazzesca.

Sì, sono una di quelle che somatizza.

Attenzione! Non sto dicendo che non si debba ricordare, che non si debba parlare di antisemitismo, che non si debba tenere bene a mente quello che è accaduto perché ci serva da monito per il futuro.

È che qualche volta ho dei dubbi sul modo in cui è meglio ricordare.

E non sono convinta che questa modalità sia servita a non ripetere certe atrocità.

Se guardo anche solo una volta i telegiornali, mi rendo conto che il mondo non ha imparato la lezione.

Ricordare sempre?

Ti faccio un altro esempio.

Sono mamma di una ragazza dal colore “marroncino scuro”, come dice lei.

E lei è stata una bambina libera.

Una bambina che scoppiava di vita, dal primo riccio sui capelli all’ultimo mignolo del piede.

Una bambina che sapeva di avere tutte le possibilità. Che sapeva di essere fisicamente più forte delle bambine ma anche dei bambini della sua età.

E fino all’adolescenza non ha visto né letto nulla che riguardasse la schiavitù degli afro-americani. Non ho premeditato questa cosa, è accaduta e basta.

Così come è accaduto che, a un certo punto, ne ha letto e visto. Perché semplicemente vive in questo mondo e non poteva fare a meno di scoprirlo. E io mi sono messa al suo fianco e ho provato ad aiutarla a comprendere cosa è accaduto in quegli anni tanto bui per i neri d’America.

Però ho lasciato che la sua infanzia fosse libera dai pregiudizi, dai limiti che la storia le ha appiccicato addosso, dalle catene ai piedi, le frustate, le impiccagioni, solo perché la sua etnia era differente.

Così come quella degli ebrei.

Un video che emoziona

Un giorno abbiamo visto un video meraviglioso. Io e lei. E ci siamo emozionate insieme.

Un video in cui hanno raccolto 67 persone provenienti da tutto il mondo, di tutte le etnie al mondo. 67 persone a cui è stato chiesto se erano disponibili a fare il test del DNA per vedere se avevano delle cose in comune.

È un video incredibile perché mostra che noi siamo un miscuglio di etnie diverse. Che pensare di essere solo palestinese, o solo africana, o solo nordeuropea è solo un limite della nostra testa.

È solo quello che ci hanno inculcato.

Solo quello che conviene che noi sappiamo. A chi? A chi ha e vuole mantenere il potere. A chi decide le leggi. A chi vuole condizionarci.

Purtroppo il video non è più disponibile su Youtube e questo mi dispiace molto.

Siamo tutti esseri umani

Noi siamo tutti esseri umani, di questa terra che è piccola, piccolissima rispetto all’intero universo e sembra che facciamo a gara per dividerci, per separarci.

Ma da che? Da chi? Mi chiedo io.

Uno degli aspetti che amo di più del viaggiare non è solo vedere i paesaggi incredibilmente belli che questa terra ci regala.

È soprattutto conoscere.

Conoscere gli altri, il loro modo di pensare, di affrontare la vita, le piccole e le grandi cose, conoscere i loro cibi, le loro case, le loro credenze.

E in questo modo ampliare le mie di credenze, superare i miei limiti, raggiungere un grado di consapevolezza maggiore di quello chiuso nella mia cultura, solo nella mia cultura.

Sia chiaro, non rinnego nulla, tengo dentro tutto E il mio “Io” si allarga, invece di chiudersi.

Ecco, io per me, per mia figlia ma in verità per tutti noi esseri umani, voglio un mondo così, più largo. Con i confini aperti, senza muri, e soprattutto con una sconfinata, consapevole fiducia gli uni verso gli altri.

Dici che è troppo? Io non credo.

E tu desideri?

Mi fa sempre piacere portarti con me a esplorare mondi nuovi.

Ecco perché oggi ti parlo di desideri e di un libro che mi auguro tu possa leggere perché lo ritengo davvero prezioso.

Il Mondo dei Desideri

Avevamo già fatto la conoscenza di Igor Sibaldi parlando di un certo Pinocchio.

Personalmente credo che il pensiero di Eckart Tolle, di Sibaldi e quello che conosco del Buddismo siano tutti collegati, raccontati magari con sfaccettature diverse.

Ma è proprio questo che mi interessa. Arrivare allo stesso concetto provenendo da esperienze differenti.

Perché in fondo è quello che siamo: diverse, uniche eppur collegate, le une con le altre, tutte anime di questo universo.

E forse a me arriva di più spiegato con le parole di Sibaldi, a te con quelle di Tolle, e così via. Per questo credo sia importante approfondire più modalità differenti purché portino a bei risultati per le nostre vite.

De-siderare è chiedere innanzitutto a se stessi” scrive Igor Sibaldi.

Quello che Igor approfondisce in questo libro è:

  • cosa significa de-siderare,
  • perché finora non abbiamo veramente de-siderato,
  • come formulare bene i nostri de-sideri profondi.

Tutto questo sotto forma di dialogo con un diavolo dal carattere ironico (ma del resto se sei tra queste pagine anche a te sta simpatico il diavolo. Vero?).

Trovare l’io che sta al di là dei nostri limiti

“Quando arrivi a un confine di Stato, come fai a sapere che lì uno Stato finisce e ne comincia un altro? Perché vedi che al di là di una linea ci sono cartelli in un’altra lingua. Così è anche con i nostri limiti interiori: scorgerli significa essersi già accorti che c’è qualcos’altro in noi: che siamo di più di ciò che siamo al di qua del limite”. *

Ecco da dove si parte.

Sì, perché quello che noi conosciamo è l’io che ha vissuto 20/30/40 anni in questo mondo e che pensa sia l’unico io possibile, l’unico mondo possibile.

Noi invece siamo molto di più. Il Buddismo parla di 3000 possibilità in un istante di vita.

E invece siamo abituate/i a sceglierne 1, al massimo 3 o 4. Ma ce ne sono altre 2996 di possibilità. Sta solo a noi esplorarle.

“[…] perché doversi adattare a un mondo del genere, invece di capire cosa ci impedisca di lasciarselo indietro”?*

Igor ci parla di 4 categorie di limiti che ci impediscono di de-siderare.

Desideri Magnolia

Celo/Manca

Ti va di fare insieme a me il gioco del CELO/MANCA?

Vediamo un po’…

  • Rabbia repressa, contro chi ti ha frustrato e contro te stesso per esserti lasciato frustrare.
  • Rimpianto […] per ciò che sarebbe potuto accadere se le frustrazioni non ti avessero piegato, e che non è accaduto.
  • Rimorso di non aver reagito, quando avresti dovuto e potuto [… ] E, probabilmente, se avessi reagito avresti fatto un gran bene a quelli che ti frustravano […] Li hai amati poco, rinunciando a reagire. E di questo hai rimorso.
  • Rancore […] che risulta dall’aver covato a lungo rabbia, rimorso e rimpianto, tanto da lasciarli irrancidire, e da far diventare irrespirabile l’atmosfera in certe profondità del tuo animo […] .” *

Confesso. Io “celo” tutte!

Desiderare

“De-siderare”, detto con le parole di Igor, “viene dalla parola Sidera, Stelle, e significa: accorgersi che nel tuo cuore c’è qualcosa di più di quel che, per ora, le stelle stanno concedendo all’umanità.” *

De-siderare è scoprire, scoprirci, conoscere quello che ancora non sappiamo di noi. Ma non si tratta di bisogni. Aver bisogno è già uno sforzo di volontà e spesso si cela nella nostra incapacità di ricevere.

Desiderare è senza sforzo.

De-siderare è semplice. Solo che non ci hanno insegnato la semplicità. Ci hanno insegnato che per ottenere le cose nella vita bisogna sforzarsi, bisogna affrontare grandi ostacoli. Scalare ardue montagne.

‘Na fatica, vero?

E invece de-siderare è semplice.

Basta lasciarsi andare, come quando dormi, come quando sei tu ma non sei più tu.

Sei tu perché respiri, il tuo cuore batte, il sangue fluisce ma non sei tu perché hai messo a riposo la mente.

E con mente intendo quella razionale, perché per fortuna la nostra mente, anche lei, è di più. Ha più possibilità.

L’unica domanda da farsi

L’unica regola nella formulazione dei 101 desideri è rispondere a questa domanda:

“Mi dà gioia questo mio de-siderio? Mi suscita un sorriso che non riesco a trattenere? Mi fa battere il cuore in un modo diverso dal solito?” *

Io ci sto provando. Ho un bel taccuino con i miei 101 progetti di libertà (a dire il vero a 101 non ci sono ancora arrivata ma ce la farò). Qualche volta cancello, qualche volta riscrivo.

Ma la cosa che più mi entusiasma è scorgere quella bambina di tre/quattro anni che era rimasta lì, dentro di me, e con lei i suoi desideri. E quello che sta accadendo è che mi sto permettendo di desiderarli ancora quei desideri, proprio qui, proprio adesso.

“… formulare de-sideri è riformulare la vita”. Igor Sibaldi 

Sì, credo sia proprio così.

In fondo ogni volta che andiamo verso un nuovo desiderio, ricambiamo tutte le carte in tavola. Tutte le nostre esperienze passate non valgono più perché andiamo verso qualcosa di nuovo, e nel nuovo sperimentiamo nuove capacità, nuove emozioni e nuove esperienze.

La vita è divertente“, dice Daisaku Ikeda ed è proprio con questo spirito che i nostri desideri più grandi si realizzano, quelli importanti per te indipendentemente da tutto e da tutti.

Che ne dici? Ci proviamo insieme? In fondo non abbiamo nulla da perdere.

*  tutte le citazioni sono di Igor Sibaldi, tratte dal libro “Il mondo dei desideri” – 101 progetti di libertà – Ed. Tlon

Acido ialuronico: cos’è e quali sono le sue proprietà

Continua il nostro viaggio nel mondo degli ingredienti cosmetici “sani”.

Dopo il Tea tree oil, oggi ti parlo di uno dei più famosi: l’acido ialuronico.

Ne avevi sentito parlare, vero? Come dici? “Pure troppo”?

Sì, mi rendo conto che, qualche volta il marketing e le pubblicità ci danno dentro riempiendoci di messaggi subliminali e sfinenti.

Ma a me interessa mostrarti quello che ho imparato con la mia esperienza di spignatto, nulla di più.

Innanzitutto ti svelo un segreto.

L’acido ialuronico è dentro di noi.

A cosa serve l’acido ialuronico

Il vero acido ialuronico ce l’abbiamo già.

Ebbene sì! Sta proprio dentro di noi, è prodotto direttamente dal corpo umano. C’è praticamente ovunque: nella cartilagine, negli occhi, nel liquido sinoviale, nei tendini, ce n’è parecchio anche nel cordone ombelicale.

Ed è grazie a questa sostanza (che il nostro corpo ci regala in modo assolutamente naturale) che la nostra pelle è elastica, idratata e protetta.

Grandioso, vero?

Sì, lo è. Peccato che con il passare del tempo, con l’età, ahimè quella che passa compleanno dopo compleanno, la produzione di acido ialuronico del nostro corpo diminuisce.

Ecco perché è così importante introdurlo con integratori e utilizzarlo nella nostra skin care routine quotidiana.*

Considera che l’acido ialuronico non solo aiuta a produrre collagene, ma aumenta la plasticità dei tessuti ed è uno dei maggiori responsabili per l’idratazione della pelle.

Come fare l’Acido ialuronico fai da te

E visto che i prodotti a base di acido ialuronico costano parecchio, oggi ti dò una ricettina facile, facile per poterti creare a casa il tuo gel di acido ialuronico.

Devi sapere che quello che viene definito acido ialuronico puro è in verità il gel di sodio ialuronato.

Ed è con 1 solo grammo di questa polverina che anche in casa possiamo realizzare il nostro gel.

Questa è la ricetta che seguo io:

  • 1 g di sodio ialuronato
  • 0,6 g di Cosgard (conservante)
  • 99 g di acqua depurata

Basterà fare idratare la polverina nell’acqua per una notte, il giorno dopo aggiungere il conservante e sciogliere bene i grumi. E voilà, avrai il vostro acido ialuronico da aggiungere alle tue creme oppure usare da solo in estate quando fa troppo caldo per la crema.

bselfie cerotto all acido ialuronico
Bselfie cerotto all’acido ialuronico

BSelfie

*Prodotto offerto

In questi giorni ho avuto l’opportunità di provare un prodotto innovativo a base proprio di questo ingrediente super idratante. Si chiama Bselfie. Si tratta di un cerotto che rilascia acido ialuronico in profondità e crea l’effetto immediato di riempimento delle rughe.

Insomma un vero e proprio Sos rughe a domicilio.

Puoi metterlo su per un paio d’ore se vi serve un restyling urgente, se devi andare a una cena o a un evento importante. Oppure applicarlo la sera dopo esserti struccata e toglierlo la mattina dopo. Tra l’altro è molto semplice da usare. Lo si posiziona sotto gli occhi con una leggera pressione per attivare il trattamento.

Il risultato è molto soddisfacente. Soprattutto per una come me che non ama la chirurgia plastica e che non ha più 20 anni.

E credimi sulla pelle gli ‘anta si vedono.

Io mi sono ritrovata con meno occhiaie del solito e una pelle più distesa. Il che non è affatto poco. Ecco perché ho deciso di parlartene perché come sostengo da sempre, materia e spirito non sono separati. E il nostro corpo è il nostro alleato più importante per vivere al meglio questa vita, anche quella spirituale.

Non conviene quindi volergli bene e trattarlo di conseguenza?

Io dico di sì!

*Chiedi sempre consiglio al tuo dermatologo di fiducia prima di cominciare qualunque trattamento.

Rita Cioce: una letterata alla riscossa

Sono sempre stata convinta che sia il cambiamento delle persone comuni a determinare le vere rivoluzioni.

Mi trovo in questo d’accordo con il saggio Gandalf: “Saruman ritiene che soltanto un grande potere riesca a tenere il male sotto scacco. Ma non è ciò che ho scoperto io. Ho scoperto che sono le piccole cose… le azioni quotidiane della gente comune che tengono a bada l’oscurità. Semplici atti di gentilezza e amore.” (da “Lo Hobbit – un viaggio inaspettato”). 

E oggi, nel giorno della festa della donna, il mio riflettore è puntato su una donna, per l’appunto, Rita Cioce.

Lunghi capelli neri, sguardo fiero. Una di quelle persone che, quando le incontri, lo capisci subito che ha una storia interessante alle spalle.

Una di quelle persone che, ad un certo punto della sua vita, ha deciso di ingranare la marcia del cambiamento, lasciando un lavoro “sicuro” in un’università prestigiosa, traslocando da una casa in città che le stava stretta, e puntando tutto sulla sua felicità.

Perciò siediti comoda/o e lasciati ispirare dall’intervista a questa donna meravigliosa: Rita Cioce.

Rita Cioce ritratto
Rita Cioce

Rita Cioce

 N.  Ciao, Rita e grazie per questa occasione. Come scrivevo prima, la mia attenzione va innanzitutto alla persona. Ecco perché ti chiedo: chi è Rita?

R. Una persona in cammino che cerca Dio e che detesta gli organigrammi aziendali. Una donna che aveva un sogno e lo ha realizzato, che ha scommesso su se stessa e ha vinto!

N.  C’è stato un evento nella tua vita che ti ha fatto dire: “No, adesso basta! Adesso cambio”? 

R. C’è una frase nel film “L’attimo fuggente” a me molto cara: “È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.”
Ed è quello che ho fatto, il risultato è stato sorprendente: tutto quello che avevo inseguito e che pensavo di volere con tutte le mie forze d’un tratto è diventato “fuffa”!

Ecco come è andata: estate 2014, e non avevo mai sentito parlare così tanto di felicità come in quell’ultimo anno. Mi chiedevo: sono solo più sensibile all’argomento o qualcosa sta davvero cambiando? La gente che prima correva, adesso si fermava a pensare? Finalmente stavano mettendo in discussione i vecchi sistemi ai quali ci eravamo abituati tutti. A tanta gente lavorare otto ore al giorno non sembrava più tanto normale e il dubbio iniziava ad invadere anche le bacheche virtuali. Di ritorno da una domenica passata al mare con le mie amiche, Didi e Marianna, quest’ultima mi sorprese con una domanda: “ragazze abbiamo sbagliato qualcosa, ci siamo organizzate male, cosa abbiamo sbagliato?” 

La questione era nata spontanea al pensiero del lunedì lavorativo che ci attendeva. Quel malumore ci accompagnava ogni volta che la domenica volgeva al termine. Il motivo sempre lo stesso: il lavoro o meglio tutto il tempo della nostra vita usato per lavorare. Possibile che non ci fosse un modo per sostenersi economicamente senza ingabbiarsi otto ore al giorno? La riflessione a voce alta di Marianna restò sospesa nell’abitacolo del veicolo, ma continuò a ronzarmi in testa senza mai uscirne. Quello era un interrogativo potente a cui sentivo di dover dare una risposta. Il dubbio che la società si fosse organizzata male diventava ogni giorno di più una certezza. Preso atto di questo urgeva una risposta. Ma chi ce l’aveva? Navigando in rete scoprii di non essere sola, migliaia di persone si facevano quella domanda. Un punto interrogativo enorme che metteva in discussione tutto quello su cui avevo costruito la mia vita. Alla fine tutti lavoriamo per poter pagare i conti e concederci magari qualche agio. Ogni volta che strafacevo negli acquisti mi giustificavo dicendo a me stessa e agli altri: “lavoro come una pazza me lo merito uno sfizio ogni tanto”. Ma nella mia testa quel ragionamento non funzionava più, non tacitava i mille dubbi che avevo. Si era spontaneamente invertito: volevo lavorare ma solo per procurarmi il necessario per vivere. Svegliarmi e poter bere il mio caffè con tutta calma, e concedermi una bella passeggiata in tranquillità erano diventate le mie uniche priorità. Ero stanca di correre…
E poi è arrivato Francesco Grandis, ma questa è un’altra storia…

Parliamo di fede

N.  Quanta importanza ha avuto la tua fede cristiana in questo cambiamento?

R. All’apparenza nessuna, ma in realtà tutto! Perché ho capito dopo che quello che mi è successo faceva parte di un disegno divino.  Sognavo di diventare una nomad worker, rivolevo la mia libertà, pensavo e penso che sia ancora il più bel modo di riappropriarsi di se stessi.  Come ho scritto in un articolo per i nomadi digitali, “il nomadismo digitale è un nuovo modo di guardare alla propria vita”, è rompere un cerchio, quello che da tanti anni circoscrive le nostre vite, un cerchio invisibile che pensavo fosse la mia rivincita sul mondo e che, invece, si era trasformato solo in una gabbia.

Bene, in questi ritmi umani recuperati e finalmente con molti momenti di silenzio di cui godere, ho sentito anche la voce di Dio. È arrivata in un pomeriggio qualunque mentre fumavo una sigaretta e ammiravo i gabbiani. Le domande che mi sono arrivate all’improvviso erano due: dov’è finita la tua dimensione spirituale? E dov’è Dio nella tua vita?
Questi interrogativi arrivavano, tra l’altro, dopo tre giorni di vuoto, in cui ancora una volta stavo mettendo tutto in discussione.

Avevo realizzato tutto quello che volevo, ma mi mancava un tassello, quello più grande: il senso della vita stessa! Senso che ho trovato nel vangelo, in particolare nel discorso della montagna di Gesù, consiglio a tutti di leggerlo, vi darà una pace immensa.
Questo nuovo cammino mi ha donato persone ed esperienze meravigliose. Faccio parte, infatti, della Comunità di Sant’Egidio ed insegno italiano digitale in un Istituto Salesiano; credo sia il segno che anche a Dio piace la libertà! L’incarico arrivato davvero grazie alla Provvidenza è per me soprattutto una sfida personale ed una delle esperienze umane più belle, e mi regala l’immenso privilegio di collaborare al progetto di Dio.

Vista da casa di Rita Cioce
La vista dalla nuova casa di Rita

Progetti futuri

N.  Raccontaci com’è nato ioscrivoitaliano.it e quali sono i tuoi obiettivi per il prossimo futuro.

R. Il mio progetto è nato da una nuova consapevolezza: non bisogna guardare a se stessi sempre per difetto. Mi spiego meglio: mi ero sempre crucciata per non essere brava in inglese, trascurando per anni che nella mia lingua, invece, ero più che brava! Con l’avvento dei social network mi sono resa conto che conoscere la lingua italiana è un valore aggiunto, e pare che ultimamente se ne stiano accorgendo anche nelle alte sfere. Occorreva però rendere questa conoscenza spendibile nel mondo del lavoro; da queste due consapevolezze è nato l’italiano digitale dei letterati alla riscossa. Su Ioscrivoitaliano.it condivido le mie conoscenze di blogger e community manager utili a chiunque voglia sfruttare al massimo le potenziali della rete per farsi conoscere.

Da qualche tempo ho creato un corso di self marketing proprio per aiutare chi è stanco del proprio lavoro fra quattro mura, e ha deciso di trasformare la propria passione in un lavoro.
Ho racchiuso in questo corso quello che ho fatto io, basandomi sulla mia esperienza. Non parlo per sentito dire, ma perché ho vissuto e messo in atto una vera strategia di personal branding.

A tutti sento di dire questo: ognuno di noi ha ricevuto un dono e può farlo conoscere al mondo, bisogna studiare e lavorare sodo, ma la ricompensa è altissima.

Il lavoro non può essere una trincea, dove la tensione si taglia con il coltello, e la tristezza fa banchetto con te tutti i giorni.

Prima del salto indossavo sempre un’armatura, ora il mio outfit prevede solo un sorriso.

Ecco, ti lascio con questo augurio di Rita Cioce… che i nostri outfit prevedano, prima di ogni altra cosa, un sorriso.