Adolescenza. Kit di salvataggio per genitori 2.0

Articolo adolescenza unadonnaalcontrario

Se la preadolescenza ci sembrava una montagna, con l’adolescenza sembra di essere davanti a un muro la cui cima scompare nel cielo, avvolta da nuvole tempestose.

Scenario apocalittico?

Se tu che mi leggi sei un genitore, sai benissimo che questa descrizione è pure poco apocalittica.

Perciò mia cara o mio caro, mettiti comoda/o e parliamone insieme, ché magari ne esce fuori qualcosa di carino.

Adolescenza = crescere

Quella roba strana e incomprensibile che chiamiamo adolescenza in verità è un momento assolutamente normale della crescita di qualunque individuo sano.

Ricordati che ci sei passata/o anche tu e, se ricordi bene, non è stata esattamente una passeggiata.

Il corpo scoppietta di qua e di là, la testa si riempie di menate (sì, ok, quelle le abbiamo ancora oggi).

Da che c’era una bambina o bambino che ti abbracciava a tutte le ore stile cozza a che ti ritrovi un essere con il broncio full time a cui chiedi “Ma tu mi vuoi bene?”, ricevendo in cambio un gelido “”, sempre se quello strano essere decide di emettere un suono.

Adolescenza in casa al contrario

Adolescenza: quando inizia e quando finisce

Gli esperti dicono che il range dell’adolescenza è compreso tra i 10 e i 18 anni, con qualche strano caso che arriva ai 25 anni.

25 anni??? Cosaaaaaaaaaa?

Intanto puntiamo alla maggiore età e respiriamo lentamente. Inspira ed espira. Inspira ed espira.

Con calma pensiamo che quel 25 riguarda anche lo stato di crescita fisica che soprattutto nel ragazzo non finisce a 18 anni.

Adolescenza e cervello

Gli stessi esperti ci dicono che in quel momento la/il nostra/o ex-baby ha un bel casino nel cervello.

Ok, non dicono “casino” ma ci siamo capite/i.

Quello che intendo è che non si tratta solo di ormoni ma anche di processi neurologici a cui, se aggiungiamo la sua situazione sociale, capirai bene che la fase di vita che l’essere strano sta attraversando è appunto un bel casino.

Voglio essere IO

In tutta questa turbolenza, l’adolescente cerca di trovare una dimensione sua, che a volte può essere molto lontana dalla nostra.

Cerca una sua definizione, in qualche modo inizia quella ricerca di sé che poi caratterizza il viaggio della vita. Con il risultato che ci sembra voglia allontanarsi da noi, rifiutarci e spesso contrastarci.

Ho detto “sembra”, nota bene.

Adolescenza e sessualità

Poi c’è quel piccolo dettaglio del “discorsetto”, che tu non sai mai a che età farlo ma quel che è sicuro è che quel giorno loro ti guarderanno e ti diranno: “Mamma, ti prego, lo sapevo già. I miei compagni maschi mi hanno fatto vedere i video”.

E lì pensi di aver completamente fallito come genitore.

Continua a respirare. Inspira. Espira.

Rapporto genitori figli nell’adolescenza

In verità il mestiere di genitore è davvero complicato in quella fase della vita. Lo è sempre, ma durante l’adolescenza, si salvi chi può.

Non credo che dovremmo darci addosso perché, vuoi sapere una cosa, è tutto assolutamente nella norma.

L’abbiamo fatto anche noi e, se i nostri figli e le nostre figlie si impuntano, ci disconoscono, passano da un umore all’altro nel giro di 2 secondi netti, è normale.

Ripeti con me: è n-o-r-m-a-l-e.

Mi ricordo che alla sua età facevo dei gran pasticci sul mio corpo per avere l’attenzione dei miei.

Non è che ne fossi consapevole in quel momento, ma poi col tempo mi è stato abbastanza chiaro.

Per questo nonostante non sarò insignita del premio “madre perfetta”, con tutti i difetti che ho, sento che la cosa più importante è farle sentire che io ci sono nonostante tutto.

Che le sue paturnie sono normali e non intendo in alcun modo sminuirle perché ricordo quanto erano grandi e dolorose per me.

Che io non ho nessuna intenzione di abbandonarla, né ora né mai.

Vabbè, dopo i 25 anni posso anche dirle che se po’ fa’.

Come comportarsi con i figli adolescenti

Personalmente io reputo a oggi mia figlia la persona più saggia che conosco su questa terra, nonostante gli sbalzi di umore e le tette nuove di zecca (le tette non c’entrano ma era per ricordarmi che non è più una bambina).

E spesso mi capita di chiederle: “In questa cosa secondo te come mi sto comportando? Vorrei sentire il tuo parere”. Perché lei con una lucidità che super psicologo della terra scansate, mi dice delle cose che arrivano dritte al punto, senza girarci intorno. E questo mentre ascolta a mille mila Hz una canzone del cantante che tu non sai neanche chi è e ti fa pure schifo la sua musica ma dici che è una figata (e già questo termine capisci bene che è agé).

Con questo non dico ovviamente che dobbiamo a tutti i costi provare ad essere amiche o amici.

Il genitore è genitore e quelle regole, quei limiti che noi mettiamo fin da quando sono piccole/i, sono necessari alla loro crescita.

Li salvano nel vero senso della parola. Altrimenti non imparerebbero i confini che poi da adulte/i per impararli serve il lettino del super psicologo di prima.

Dico solo che invece di fare gli allenatori di calcio o sostituirsi agli insegnati di scuola, e soprattutto invece di alzare la voce (ché le urla nella vita non servono a nulla se non ad insegnare loro che urlare è giusto e nel futuro lo faranno anche loro), si può comunicare in altro modo.

Si può dire loro “Io ci sono pure che hai il muso lungo”, “Ci sono anche se non capisco come fa a piacerti quella musica lì”, “Ci sono anche se ti sembro un’aliena”.

Dare fiducia ai figli adolescenti

Più che cercare di capire come affrontare l’adolescenza di una figlia o di un figlio, forse dovremmo credere più in loro, dare loro fiducia e cercare di cogliere quando hanno bisogno di un momento con noi anche se la testa gli dice “vade retro, esemplare strano di adulto”.

Per lo meno è quello che sto imparando io. Non so tu che ne pensi.

Preadolescenza, si salvi chi può!

Hai mai sentito il termine “preadolescenza” quando tu eri pischelletta/o?

A parte il fatto che questa domanda possa farci sentire tutte/i un attimo agé, come quando sentivamo i nostri genitori dire “ai nostri tempi…” e, diciamolo, sembravano vecchi bacucchi nel pronunciare queste fatidiche parole.

In verità “ai nostri tempi” c’era benissimo la preadolescenza, solo che non se ne parlava.

Esisteva l’infanzia, l’adolescenza e poi l’età adulta.

Allora facciamo un attimo chiarezza.

In che età è la Preadolescenza?

Cos’è la Preadolescenza e a quale età inizia?

Il vocabolario ci dice che la preadolescenza è:

Nel linguaggio psicologico e pedagogico, la fase che precede lo sviluppo puberale (compresa fra i 10 e i 14 anni), caratterizzata da un rapido accrescimento somatico e da un incremento delle pulsioni sessuali.

Fisicamente è il primo momento di maggior cambiamento dalla nascita.

Le/i nostre/i figlie/i cominciano ad avere l’aspetto di piccole donnine e piccoli uomini e, fisicamente e psicologicamente, vivono i primi grandi stravolgimenti.

Cosa succede durante la preadolescenza?

Quali sono i principali cambiamenti nella preadolescenza?

E cosa significa questo tradotto nella nostra realtà quotidiana?

Cambi di umore che Shining a confronto è una sorta di passeggiata su un prato fiorito.

Voglia di indipendenza non supportata da spirito organizzativo che vuol dire: “Mamma, noi oggi pomeriggio usciamo” = non si sa chi è “noi”, non si sa “a che ora”, non si sa “dove”, l’appuntamento è una parola sconosciuta e il cellulare è utile per fare video (su cui non emetto giudizi), non per rispondere alle telefonate di noi mamme (perché naturalmente “avevo dimenticato la suoneria bassa”).

Noi genitori moderni che NON siamo attaccati come cozze alla nostra progenie e decidiamo che, sì, dai, è il momento di lasciarli andare, che forse il concetto della responsabilità gli è entrato in testa.

Noi orgogliosi di distaccarci da quei genitori con la mania del controllo, di quelli che abbiamo letto i libri, che abbiamo parlato con psicologi illuminati… niente da fare! Sbagliamo anche noi.

Noemi, torna seria.

Come sopravvivere a un figlio preadolescente

Detto che il mestiere di genitore non ha formazione esaustiva, che bisogna necessariamente evolversi insieme alla/al bambina/o, che il più delle volte facciamo errori (mettiamoci il cuore in pace), abbiamo bisogno della buona, vecchia e saggia “via di mezzo”.

Tra gli 11 e i 14 anni abbiamo a che fare con esseri umani dal corpo da mini-adulte/i e testa da bambine/i. Insomma il rischio è quello di considerarli “grandi” prima del tempo, di lasciarli andare verso l’adolescenza senza paracadute.

C. immersa nello studio preadolescenza

Fai un patto!

Io trovo molto utile la tecnica dei patti di Monty Roberts, per chi non lo conoscesse, un uomo che ha rivoluzionato il mondo dei cavalli e, per quanto mi riguarda, il mondo in generale.

Naturalmente non ti sto dicendo di considerare le/i tue/oi figlie/i come cavalli, ma di sperimentare una modalità d’approccio che personalmente a me ha dato parecchi buoni risultati.

Patto vuol dire “Io mi fido di te”.

Non è una punizione che, per quanto mi riguarda, non ha portato mai a nulla.

Questo metodo è basato sulla possibilità di scegliere gli effetti, sia sulle azioni positive sia su quelle negative.

Patto vuol dire guardare mia figlia negli occhi, stringere la sua mano e dirle: “Credo in te e se, però, hai bisogno di me, sono qui”.

Dice Monty Roberts:

“… c’era un tempo in cui stringere la mano ad un uomo e guardarlo dritto negli occhi era considerato più vincolante dei contratti legali…. Sarebbe meraviglioso se fosse lo stesso anche oggi… i vostri figli potrebbero essere considerati dei veri eroi se la gente sapesse che si può contare sulla loro parola”.*

Chiaramente nemmeno noi genitori abbiamo scuse nel rispettare i patti!

Se mia figlia mi chiede un pomeriggio di gioco insieme senza distrazioni, io mi impegnerò a rispettare questo nostro momento insieme senza cellulare o altro che mi distragga.

I genitori non devono intervenire, né per incoraggiare un’azione positiva, né per scoraggiarne una negativa. Si devono invece ricordare che l’importante è la decisione del bambino”.*

Questo ci permette di vivere anche un comportamento negativo con un minimo di distacco, lasciando che la/il bambina/o possa comprendere che quell’azione non è buona per lei/lui e non perché mamma e papà dicono che non va bene.

È un impegno, certamente, ma è un impegno che, sento, crea un valore e che porta a risultati concreti. E soprattutto non viene vissuto con pesantezza, anzi a volte si trasforma in una bella sfida con se stesse/i che dà parecchia gioia.

Almeno nel mio caso è stato così.

Conclusioni aperte

Non ci sono regole preconfezionate per affrontare i momenti di cambiamento.

Pensare però che, prima o poi, passi, non è sempre una buona idea.

A volte è così, passa e si va avanti, altre volte alcuni avvenimenti che per noi adulte/i potrebbero sembrare di poco conto, per loro possono diventare grandi traumi che si sedimentano nella loro mente, nel loro cuore.

Forse potremmo tornare indietro nel tempo e ricordarci di quando una compagna di classe mi prendeva in giro per i miei vestiti non griffati, di quando mi iniziava a battere il cuore per X, di quando mi vergognavo per le mie tette ingombranti e scomode per lo sport e ancora non sapevo che fossero ambite da molte donne ben cresciute.

Forse dovremo ricordare di più e dedicare a questi esserini, ormai alte/i come noi, l’attenzione che meritano senza fare l’errore di considerare i loro problemi poco importanti e/o da niente.

Per lo meno io voglio impegnarmi a farlo.

*Join-up. La saggezza del cavallo per l’uomo – Monty Roberts

Il salto quantico della scuola media

Cosaaaa??? Scuola media?

Ma quando è successo?

Dove sono le mattine, mano nella mano, a saltare la cacca dei marciapiedi romani andando a scuola?

Dove sono le nottate trascorse con lei, occhi spalancati, e io distesa a terra con le palpebre cascanti a cantare tutto il repertorio di ninne nanne conosciuto?

E dove gli unicorni, i my little pony, le barbie con cui inventavamo giochi che neanche il miglior libro di fantasia?

Possibile che bastino tre mesi di vacanze e l’ingresso alla scuola media per sentirsi dire: “Mamma, da domani vado a scuola con le mie amiche”- “Ti chiamo appena esco da scuola”-?

È successo davvero così? Non me ne sono accorta ed è cresciuta tutto ad un tratto?

O forse non proprio.

Lontana dalla scuola a Sydney
Un momento di gioco a Sydney

Ritorno all’ovile

Perché poi è bastato l’arrivo del primo raffreddore, con asma allergica inclusa, per aver nuovamente bisogno di coccole e, a grande richiesta, della ninna nanna.

È bastato scontrarsi con le difficoltà del grande cambiamento per ritrovarsi con i lacrimoni abbracciata come una cozza al mio torace.

Il fatto è che questa scuola media è stata davvero un salto quantico, o forse triplo carpiato da 20 mt.

E mica solo per lei…

Quando mi sono ritrovata davanti ai banchi, nella sua classe, nella mente mi è balenata la frase, qui lo dico e lo confesso: “Non la invidio affatto”.

Ahimè, sì, l’ho pensato ma non per via delle professoresse che mi sono sembrate davvero in gamba e alle quali andrebbe steso un bel tappeto rosso per la grande missione che svolgono ogni giorno e per l’oneroso compito educativo che hanno nei confronti dei nostri figli.

L'idea di scuola alle Isole Cook
Giochi sulla spiaggia a Rarotonga

Una scuola media a misura di mondo

È solo perché, a 42 anni suonati, l’idea di scuola chiusa dentro le mura di un edificio asettico mi sta davvero stretta.

Come posso non ricordare che l’anno scorso, proprio in questo periodo, la nostra scuola erano…

… canguri e koala, scogliere a picco sul mare, lagune dalle mille sfumature, bambini la cui lezione di biologia era in spiaggia, alberi da cocco dalle infinite proprietà?

… profumi e sapori di luoghi lontani dai nostri, prima d’allora letti solo sui libri?

… lingue diverse eppure perfettamente comprensibili?

… popoli la cui storia è più recente della nostra (che poi non è neanche vero) eppure così incredibilmente più civili e, mettiamocelo dentro, sorridenti e rilassati?

Ma è qui che viviamo ed è qui che ci sforziamo ogni giorno di migliorarci come esseri umani.

È qui che lei ha le sue amiche del cuore, una lingua di cui è diventata velocemente padrona, un cuore da vera fimmina del sud.

È in questa scuola media a due passi da casa che ha incontrato le prime bullette, le prime tensioni emotive, difficoltà interiori che non sapeva neanche d’avere.

E io?

Mi sento piccola, io, perché vorrei proteggerla ma so che è arrivato il momento di lasciarle fare il suo percorso, di permettere alla sua identità di rafforzarsi e formarsi per la donna che andrà a diventare.

Questo è il momento che io le stia dietro, non più a fianco, perché sappia che ci sarò sempre se si girerà e avrà bisogno di me… ma soltanto se sarà lei a farne richiesta.

La crescita continua… la mia come la sua.

E come dice Vasco: “E intanto i giorni passano, e i ricordi sbiadiscono e le abitudini cambiano…“.

E in questi anni, non giorni, che passano, di abitudini gliene ho viste cambiare parecchie, in meglio e in peggio (non sta a me giudicare) finché non è arrivata l’adolescenza che è tutta un’altra storia.

To be continued…

Noi due stiamo insieme: storia di madre e figlia

Noi stiamo insieme.

Sì, noi due stiamo insieme.

Stiamo insieme da quasi 5 anni, madre e figlia.

Ma no, non è uno di quegli amori tra fidanzati che alla sua età è ancora tutto “Bleah” (ne riparliamo fra qualche anno).

Madre e figlia in un modo tutto nostro

Sì, certo, si tratta d’amore, un amore che per anni ho disdegnato, non lo volevo proprio. Mi sembrava quasi una palla al piede.

Avere cura di qualcun altro, io che non mi sentivo in grado nemmeno di prendermi cura di me. Ma la verità è che questo non c’entrava niente.

Sì, perché, l’amore mica si programma, mica lo decidi che ti vuoi innamorare di un uomo.

Uh, magari fosse così, eviteresti tanti pugni allo stomaco, tante scelte sbagliate.

Ti immagini? Lo vorrei così, così e anche così… modellato su di me.

Ma no, non funziona così.

Ancor di più se si tratta di un amore diverso, di quelli che una volta provato, non puoi più farne a meno.

Un amore, quello tra mamma e figlia, che non sapevo di che natura fosse, non ne conoscevo il sapore.

madre e figlia insieme

Mi fido di lei

Ieri guardavamo un film, Lui ronfava sul divano (per fortuna che c’è lei sennò vedrei sempre i film in solitaria), beh, guardavamo un film davvero emozionante, “La grande vasca” (ti consiglio assolutamente di vederlo!).

In questo film il papà della bimba protagonista è malato e non vuole assolutamente farsi curare.

Intristita per questa storia, ho detto ad alta voce: “Chissà perché non si fa aiutare. Così vivrebbe e starebbe con sua figlia”.

E tutta tranquilla, libera e bella, dal mio fianco sinistro sento una vocina:

-“Perché lui accetta la vita così com’è“-.

Io mi sono fermata. L’ho guardata. Sono rimasta in silenzio per qualche secondo, di quei silenzi che ne percepisci il suono.

E poi ho pensato: ma da dove le è venuta una risposta così?

Io ho passato questi quarant’anni a tentare di accettare la vita che ho vissuto.

Ancora oggi ci provo.

Vorrei, con tutta me stessa accettare la vita così come è.

E invece mi sento ancora una banderuola, in lotta con qualcuno o con qualcosa.

A volte ancora in guerra con la vita. Altro che accettarla così come è.

E lei se ne esce così, a 10 anni.

Una saggezza che non so se io avrò mai. Qualche volta mi chiedo se sono io la bambina tra noi.

Certo, non faceva una piega.

Lui ha accettato la vita così come è, e in qualche modo la sua bambina ha imparato qualcosa di profondo da tutto questo.

E io come al solito, imparo da lei. La guardo e mi dico: ti devi fidare di lei.

Voglio proteggerla a tutti i costi, mi preoccupo per lei e poi è lei quella che mi indica la strada.

Anche nell’avventura al femminile che ti svelerò la prossima settimana, saremo insieme. Io e lei.

Madre e figlia. Due “piccole” donne.

E di una cosa sono assolutamente convinta: è della sua vita che devo fidarmi, è la sua vita che mi indicherà ancora una volta la direzione giusta.

Chissà se una volta tanto riuscirò a lasciare il controllo e farmi guidare da lei.

Lei cresce

Biglietto di mia figlia che cresce

Sì, lei cresce.

Cresce in un attimo.

Così veloce che il passaggio da Peppa Pig alle prime serie tv m’è sfuggito.

Eppure quando la guardo dormire, ha lo stesso broncio appiccicato sulla faccia di quando cinque anni fa è piombata su quel letto.

Anche quando si atteggia a “ragazzina” riesco a scorgere quello sguardo perso nel vuoto del “E adesso, che faccio?”.

Cresce, sì.

Lei cresce sulla spiaggia

Cresce in altezza che tra un po’ mi supera… ma per quello non ci vuole tanto.

Cresce in esuberanza… del resto con quel corpo lì, quei muscoli lì, quel colore che noi ce lo sogniamo… cresce.

10 anni è quell’età che vai verso l’adolescenza ma sei ancora una bambina che fa le trecce alle Barbie.

10 anni è quell’età che cominci a guardare i ragazzini ma i baci ti fanno ancora schifo… bleah!

10 anni è quell’età che vuoi esplorare i boschi col tuo nonnino ma anche startene un po’ per conto tuo ad ascoltare la musica che non piace a papà.

Cresce, sì.

Come cresce il nostro rapporto. Che a volte sembra meno forte di allora, meno “mammone”.

Del resto le è capitata proprio una mamma untraditional, tutta alcontrario.

Una madre che si scorda sempre di portare dietro la merenda e il succo di frutta.

Una madre che esce con la pochette e non con la maxi bag piena di giochi, pastelli e salviette umidificate.

Sono io, con poca maternità nel DNA, o forse non quella che ci si aspetta di solito.

Ma io e lei ci siamo, siamo una squadra.

Lo sappiamo spesso senza neanche dircelo.

Quando mi guarda e mi dice: “Uffa, non posso neanche farti una sorpresa perché mi scopri sempre”. Quando a quella domanda (“E adesso, che faccio?”) corrisponde uno sguardo dritto verso di me.

Quando per la festa della mamma mi arriva un biglietto che dice così:

Lettera di C.a unadonnaalcontrario

Non mi sono mai sentita “rara” in positivo, ero rara perché ero al contrario, perché ero la pecora nera, il bastian contrario. Eppure lei ha visto altro.

Lei vede quello che nessuno ha mai visto, o forse quello che nessuno ha provato a vedere.

Lei vede quello che non vedo nemmeno io.

Chissà magari ha visto la verità, o almeno così voglio immaginare. E non so chi è stata più fortunata tra noi a trovare l’altra ma ci siamo trovate.

Il destino? Un desiderio profondo? Finalmente una retribuzione positiva della vita dopo tante sofferenze reciproche? Questo non lo so.

So che però quando ti affidi alla vita, entra quello che meriti, entra quello che sei sempre stata, quello che ti corrisponde.

Così è per noi.

Questa è la nostra esperienza.

Nulla di più.

Ed è speciale non perché sia io a viverla ma perché è la vita stessa che è speciale se solo glielo permetti.