Stato di flow: cos’è e come raggiungerlo

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Dici “Stato di Flow” e pensi subito a una roba new age.

Niente di più lontano.

In realtà lo stato di flow è un punto all’interno di un grafico dove nelle ascisse abbiamo le nostre abilità e nelle ordinate le sfide che ci poniamo.

Forse ho smontato l’aspetto mistico-romantico che avevi in mente dello stato di flow ma, credimi, in questo modo, è più semplice comprendere cos’è e come si può ricreare.

Cos’è lo stato di flow?

Partiamo dalla teoria.

La prima volta che qualcuno parlò di stato di flow era il 1975 e a darne notizia fu lo psicologo ungherese Mihaly Csikszentmihalyi.

Csikszentmihalyi spiegò che nello stato di flow (o stato di flusso) “corpo e mente sono in simbiosi”, non ti accorgi del passare del tempo, sei completamente concentrata/o in ciò che stai facendo e ne godi pienamente.

Dì la verità, ti è mai capitato?

Sono certa che almeno una volta nella vita ti sia successo: nello sport, nel lavoro, in una relazione. Oppure creando qualcosa di nuovo: una poesia, un quadro, una musica.

E sono altrettanto certa che ti è piaciuto così tanto che vorresti capitasse più spesso.

Perché è importante il flow?

Quando si innesca lo stato di flow nel nostro cervello l’attività della corteccia prefrontale viene parzialmente “spenta”. Diciamo che la parte che vuole controllare sempre tutto viene messa a nanna temporaneamente e giù con l’adrenalina, l’endorfina, la serotonina come se non ci fosse un domani.

Ora, io lo so che la faccio facile perché mi piace spiegare le cose con parole semplici e senza termini da guru, ma il succo della storia è che nello stato di flow stiamo alla grande. Sembra che qualcuno o qualcosa ci spinga facilmente, senza alcuno sforzo, nel fare ciò che stiamo facendo in quel momento.

Csikszentmihalyi lo chiamò stato di flusso proprio perché i suoi pazienti parlavano di una sorta di corrente che li trasportava facilmente.

In quello stato la creatività va a mille, siamo iper-concentrate/i, il tempo vola, riusciamo a fare collegamenti veloci e nuovi.

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Diagramma di Csiksgentmihalyi

Come raggiungere lo stato di flusso?

Prima di pensare che per ricreare lo stato di flow ci voglia qualche strana sostanza o dobbiamo meditare a lungo, ritorniamo al grafico che è più pratico e ci aiuta a capire come raggiungere lo stato di flow.

Abbiamo detto che nelle ascisse ci sono le abilità e nelle ordinate le sfide. Questo ci dice subito che per ricreare lo stato di flow ci vogliono entrambi questi elementi.

Da un lato le nostre capacità, competenze e talenti (Csikszentmihalyi parla di avere almeno dieci anni di esperienza in quel campo), dall’altro il livello di sfida. Più la sfida diventa eccitante, fuori dal contesto a cui siamo abituate/i, più lo stato di flow è vicino.

Al contrario il risultato potrebbe essere la noia o lo stress.

Quindi se in un una situazione personale o lavorativa, senti che ti stai annoiando o che la cosa ti pesa, beh, questo potrebbe essere un campanello d’allarme che ti dice di sterzare subito la rotta.

Parti dai tuoi obiettivi.

Scrivi nero su bianco obiettivi chiari, raggiungibili e sfidanti.

Quando alzi l’asticella della sfida, accade qualcosa di straordinario: ti fidi di te, spegni il cervello e vai, senza volerti più fermare finché non raggiungi la meta.

E te ne accorgi perché nello stato di flow il corpo e la mente non sentono stanchezza, la tua concentrazione è alle stelle, nulla ti distrae, nemmeno le preoccupazioni quotidiane, sparisce la paura di fallire e, soprattutto, ti senti felice.

Stato di flow e felicità

Csikszentmihalyi, per l’appunto, collega lo stato di flow alla felicità, perché quella condizione ci fa sentire totalmente vive/i, in piena estasi.

Un po’ perché, come abbiamo detto prima, il cervello sviluppa quelle fantastiche sostanze che ci fanno stare meglio. Un po’ perché noi stesse/i siamo spinte/i a migliorarci.

Nello stato di flow ci viene naturale ampliare le nostre conoscenze, le nostre competenze, e lo facciamo volontariamente, con piacere.

Non è magia, anzi, è una forte motivazione a spingerci oltre, a scoprire ciò che non sapevamo di fare, ad aumentare il nostro livello di esperienza, a farlo con consapevolezza.

Nel video che ti lascio qui di seguito, Csiksgentmihalyi parla di alcune condizioni perché ci sia lo stato di flow:

Concentrazione, senso di estasi, chiarezza, si sa esattamente cosa si vuole fare ad ogni determinato momento e si ottiene una risposta immediata. Si sa ciò che si deve fare, è realizzabile sebbene difficile, si perde il senso del tempo, ci si dimentica di sé e ci si sente parte di qualcosa di più grande”.


A me è accaduto diverse volte: quando ho scritto Safari, il mio libro, quando lavoro agli articoli per questo blog, quando accompagno un/a cliente nella sua crescita personale o a far Luce nel suo business.

Non sento fame, non guardo l’orologio, la mia attenzione è tutta sulla tastiera, sulle parole che sto scrivendo, su quelle che la persona davanti a me mi sta rivolgendo e su quelle che io le rivolgerò, sulla cosa di cui in quel momento mi sto occupando e non conta più nient’altro.

Credo che questo accada quando hai una visione chiara e una missione forte.

A quel punto tutto, la tua competenza, la tua personalità, i tuoi talenti si mettono al servizio di questa missione. E succede che crei qualcosa di nuovo, che non esisteva prima.

Tu che ne pensi?

Assertività: cos’è e come essere assertivi

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L’argomento “assertività” è leggermente inflazionato in questo periodo.

Sui social è tutto un consigli su come essere assertivi, sulla comunicazione assertiva, su come si fa ad essere assertivi e chi più ne ha, più ne metta.

E allora, come cerco spesso di fare, vorrei vederci chiaro insieme a te. Ti va?

Assertività: di che si tratta?

È ovvio che tutti noi vogliamo poter comunicare in maniera efficace.

Quante volte ci è capitato che un nostro discorso fosse completamente distorto o incompreso e che le nostre intenzioni venissero travisate?

Probabilmente ci siamo anche rimaste/i male, vero?

Del resto non si tratta solo di diventare grandi comunicatori per essere ospiti a un TED (ma magari, chissà, prima o poi ci capita).

Comunicare in modo ottimale è utile soprattutto nella vita quotidiana, nelle nostre relazioni, sia che si tratti di relazioni lavorative, sia che si tratti di relazioni sentimentali o d’amicizia.

Partiamo quindi dal conoscere la parola stessa “assertività” e il suo significato.

Assertività deriva dal latino “asserere” (=asserire) e indica un comportamento specifico con vari livelli.

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*

Chi è la persona assertiva?

La persona assertiva è colei o colui che:

  • Sa esprimere in modo diretto e chiaro le sue emozioni
  • Intesse una comunicazione senza giudizio
  • È in grado di ascoltare con attenzione la persona con cui sta comunicando
  • Afferma pienamente se stesso/a e i propri diritti senza ledere quelli dell’altra persona
  • Lascia andare ogni pregiudizio
  • Fa sentire la propria voce con gentilezza e rispetto reciproco
  • Sa valorizzare le proprie capacità
  • Ha a cuore il proprio benessere, fisico e psicologico, e quello altrui

Queste cose implicano che essere assertivi vuol dire innanzitutto avere stima di sé.

Del resto se per primi/e non siamo convinti/e noi del nostro valore e delle nostre capacità, come potremmo pretendere di comunicarli in modo chiaro ed efficace agli altri?

Tra la collera e il silenzio c’è di mezzo l’assertività

La comunicazione assertiva si trova esattamente a metà tra due comunicazioni disfunzionali. Quella aggressiva e quella passiva.

Ora, queste due comunicazioni, aggressiva e passiva, hanno in comune un’emozione, la stessa.

Sto parlando della rabbia.

Che ci si esprima attaccando o tenendo tutto dentro facendosi il fegato marcio, sempre di rabbia si tratta.

È una rabbia di tipo distruttivo, una rabbia che probabilmente ha radici antiche, legate a bisogni non soddisfatti in età infantile e rimane lì, latente, dentro di noi finché alla prima occasione di stress viene fuori nel peggiore dei modi.

E tra l’altro non porta ad alcuna soluzione, anzi nella maggior parte dei casi aggrava la situazione ancora di più. 

Ci tengo a dire che la rabbia non è sempre negativa e anche nella comunicazione assertiva si può utilizzare in modo positivo, per esempio quando ci esprimiamo per difendere qualcuno in una situazione di difficoltà.

Dell’aspetto positivo della rabbia ho parlato nell’articolo: Rabbia sì, rabbia no.

Cosa significa stile assertivo?

Un ruolo fondamentale nello stile assertivo lo gioca senz’altro la comunicazione non verbale.

Ho già parlato del potere delle parole. Qui mi concentrerò sull’importanza della comunicazione paraverbale e non verbale per una comunicazione efficace.

Probabilmente avrai sentito parlare di “ascolto attivo”.

Sicuramente porsi nell’atteggiamento di ascoltare attivamente la persona di fronte a noi è il primo passo da fare per una comunicazione assertiva.

È fondamentale non interromperla, guardarla negli occhi, avere una postura con le spalle aperte, senza incrociare le braccia e possibilmente anche le gambe.

Stare in silenzio ma anche annuire, supportare con degli intercalari e respirare profondamente.

Mettere a tuo agio la persona che hai di fronte permetterà a entrambe/i di dialogare al meglio.

Vantaggi di una comunicazione assertiva

Alla base ci deve essere il rispetto reciproco, il desiderare che entrambe le parti siano vincitrici.

A volte basta poco per farci chiudere in noi stesse/i, un’idea diversa rispetto ai nostri valori (religiosi, etici, politici), una strana sensazione, uno sguardo che non ci è piaciuto.

In questi casi cerca di andare oltre senza giudicare. Prova a ricordare cosa hai provato tu quando ti sei sentita/o giudicata/o e quando invece ti sei sentita/o ascoltata/o davvero, prova a chiederti come si sente l’altro/a.

Evita di dare consigli se non sono richiesti.

E quando verrà il tuo turno, esprimiti usando il pronome personale “Io”. Dì come ti senti o ti sei sentita/o in modo diretto e sincero. Comunica i tuoi sentimenti, le emozioni provate, i valori in cui credi.

Schemi cognitivi disfunzionali

È molto importante prima di comunicare con gli altri, cercare di capire se la comunicazione con noi stessi è “pulita”, perché se ci sono di mezzo problemi di disistima o pregiudizi verso noi stessi/e, sarà difficile comunicare assertivamente con gli altri.

È fondamentale cercare di vagliare se dentro di noi abbiamo acquisito convinzioni limitanti derivate da pensieri e comportamenti disfunzionali.

Ti faccio alcuni esempi di pensieri disfunzionali:

  • Tutti mi devono amare.
  • Devo essere totalmente competente in questa cosa.
  • Gli altri stanno sempre bene.
  • Le persone spregevoli devono essere punite.
  • Devo assolutamente preoccuparmi di quella cosa e pensarci sempre perché é pericolosa.
  • Il mio passato mi perseguiterà per sempre.
  • Devo trovare una soluzione altrimenti sarà tutto un disastro.

È semplice comprendere che questo tipo di pensieri non porta a nulla di buono. Ma a volte sono così radicati nella nostra mente che diventano automatici, quasi in maniera inconscia.

Potremmo dire: “Vabbè, ovvio, se penso così, ci credo che le cose andranno male”, ma se osservi anche solo la sintassi di questa frase, ti balzerà subito all’occhio che essa stessa è disfunzionale.

Prova a stilare una lista di possibili tue convinzioni limitanti. Non giudicarti mentre lo fai. Non devi mostrare questa lista a qualcuno. È una cosa che fai per te.

E dopo averla fatta, chiediti: questo pensiero è basato su qualcosa di logico? Le mie paure sono davvero così devastanti? Non è che forse riesco a fare quella cosa che mi fa paura e magari mi riesce anche bene?

Insomma fai un piccolo test con te stesso/a e prima di tutto, sii assertivo/a con te.

Ricordati che sbagliare è assolutamente umano e molto utile al proprio miglioramento personale.

Idem per quella cosina del cambiare opinione. Noi cambiamo continuamente, ci evolviamo, studiamo impariamo, viviamo. Perciò è nella natura delle cose cambiare idea su qualcosa o qualcuno.

Non c’è niente di male in questo, anzi fa parte dell’accrescere la conoscenza di noi. Di affermare, prima con noi stessi/e e poi con gli altri, i nostri bisogni e valori.

Smetti di chiedere scusa

Non ti sto dicendo che non devi scusarti se hai sbagliato qualcosa o se hai ferito qualcuno, ma a volte abbiamo la tendenza a scusarci anche se respiriamo.

Hai presente quando dici: “Scusa se ti disturbo..”, o “Scusa se ti invio un’altra email..”, o “Forse ti sembrerà una cosa stupida ma…”.

Secondo te, cosa comunichi in questo modo?

Valorizzarti è fondamentale. Chiedere consiglio e confrontarsi lo è altrettanto. Ma poi bisogna avere fiducia nelle proprie idee.

Invece di dire: “Scusa se ti ho fatto una testa tanta con questa storia”, dì: “Grazie per avermi ascoltato/a”.

Invece di dire: “Scusa se ti rispondo solo adesso”, dì: “Grazie per la tua pazienza. Lo apprezzo molto”.

E per favore, non avere paura di dire no. Dire no spesso e volentieri significa dire sì a se stessi/e.

Se vuoi approfondire anche questo aspetto, puoi cliccare su: L’importanza di dire no.

Assertività: conclusioni

So che dietro l’incapacità di essere assertive/i spesso si cela la paura di essere giudicati/e negativamente ma, credimi, essere assertivi/e non vuol dire essere egoisti/e.

Vuol dire principalmente rispettarsi.

E sappi che solo se ti rispetti, se ti valorizzi, se hai piena coscienza di chi sei, di quali sono i tuoi talenti, allora sarai utile anche a chi e cosa sta fuori di te: le relazioni, il lavoro, le passioni.

Quando pensi di non farcela, prova a ricordarti quella volta in cui hai superato una situazione che sembrava impossibile da risolvere e tu, proprio tu, ci sei riuscita/o.

Buona vita, anima al contrario!

*foto di NEOSiAM by Pexels

Il potere delle parole per una comunicazione efficace

comunicazione efficace potere delle parole

Forse leggendo il titolo hai pensato: “questo articolo parlerà di comunicazione efficace nelle vendite e nel marketing“.

Sì, certo se vuoi fare business la comunicazione deve essere efficace ma, se c’è una cosa che ho imparato nella mia vita e nei miei studi, è che prima di tutto è fondamentale comunicare efficacemente con se stesse/i.

Probabilmente ti sembrerà una cosa strana e invece, credimi, solo quando avrai una comunicazione efficace con te potrai poi sperimentarla anche con il resto del mondo.

Il potere del linguaggio per una comunicazione efficace

Innanzitutto sappi che il primo assunto della comunicazione è:

“Non si può non comunicare”.

Anche quando stai in silenzio e pensi di non comunicare nulla, in verità stai comunicando.

Infatti la comunicazione non è solo verbale, anzi è la comunicazione non verbale a farla da padrona, ma in questo articolo mi concentrerò sull’importanza delle parole e su come le parole influenzano il nostro cervello.

E sai perché?

Perché come per tutti i percorsi ancora non intrapresi, da qualche parte bisogna pur partire. E senza dubbio le parole sono quelle su cui noi possiamo, bada bene “possiamo”, avere più controllo rispetto ai gesti e alle micro-espressioni facciali.

Quanto sono importanti le parole nella nostra vita?

Ho ribadito quel “possiamo” perché, spesso in maniera inconsapevole, usiamo parole che hanno un significato potente nelle nostre vite.

Da quando siamo nate/i abbiamo avuto a che fare con persone, ambienti, gruppi, istituzioni, etc., da cui abbiamo appreso più o meno inconsapevolmente uno specifico linguaggio verbale.

Ti faccio un esempio: ti è mai capitato di far parte di un’associazione, gruppo sportivo, scuola di pensiero e accorgerti che, dopo un po’, ti ritrovi a usare termini usati solo in quel gruppo/associazione/scuola/famiglia?

Sappi che è assolutamente normale. Noi del resto impariamo anche per imitazione.

Eppure ti sarà anche capitato di usare quelle parole all’esterno da quel contesto e accorgerti che “suonavano strano”.

Beh, a me è capitato e il fatto di farci caso mi ha spinto a documentarmi di più, perché oltre ad occuparmi di crescita personale, sono tanto, ma tanto curiosa.

Quanto potere hanno le parole?

Le parole hanno un potere incredibile sul nostro cervello e nel cervello di chi interloquisce con noi.

Ti faccio un altro esempio: tu parli con X di una cosa, ti sembra di parlare in maniera semplice, chiara, insomma facile da capire, eppure alla fine della conversazione X ha capito tutt’altro.

Sento dall’altra parte dello schermo sospirare uomini e donne che pensano al loro rapporto di coppia, eh, eh!

Ora ti dirò una cosa scomoda: nella comunicazione se non ti sei fatta/o capire, la maggior parte della responsabilità è tua, non dell’interlocutore.

Certo, ci sono le capacità intellettive, il contesto culturale, il background di entrambe le persone, ma alla fine la conclusione è che X non ti ha capito.

Perciò niente comunicazione efficace. Insomma bisogna partire sempre da sé.

Come funziona il nostro cervello

Senza entrare nei dettagli da testo scientifico, perché non sarebbe questa la sede giusta, sappi che il nostro cervello ha a sua disposizione miliardi di neuroni che inviano segnali al resto del corpo.

Nel cervello amigdala e ippocampo sono responsabili della memoria, a breve e lungo termine, e la corteccia cerebrale è come una cabina di comando dove vengono rielaborate le informazioni ed è responsabile delle nostre capacità cognitive.

Ora il nostro cervello ha la grande missione di farci sopravvivere, perciò conserva tutte le informazioni che, secondo quanto abbiamo imparato da i nostri 0 anni ad oggi, ci permettono di farlo.

Ecco quindi, raccontato in modo semplice (mi perdoneranno gli scienziati) che nascono anche le famose convinzioni limitanti, quelle che quando stai uscendo dalla benedetta zona comfort, ci dicono: “Ehi, ma dove vai che qui si sta tanto bene. Qui lo conosciamo, lì che ne sappiamo a cosa andremo incontro? E poi tu sei così, così e pure così…naaa, lascia stare”.

Le negazioni nella comunicazione efficace

Un’altra cosa importante da sapere del nostro cervello è che non riconosce le negazioni.

Altro esempio facile, facile. Se io ti dico: “Non pensare al rosso”, qual è la prima cosa a cui penserai?

Eh già, al colore rosso.

È lo stesso motivo per cui dire a un bambino: “Non fare quello, non fare quell’altro”, non funziona granché.

Vabbè, dai, ammettiamolo, funziona così anche per noi adulti.

Per cui se dirai a una persona: “Non demoralizzarti”, il suo cervello leggerà solo la parola “Demoralizzati”.

Come comunicare in maniera efficace?

Ma, c’è un ma positivo, e cioè: noi possiamo trasformare questa cosa a nostro vantaggio.

Ti parlerò tra pochissimo delle parole ALF e BOC. Nel frattempo ti faccio un esempio veloce su come usare le negazioni per una comunicazione efficace.

Invece di dire: “Oggi sto male”, potresti dire: “Oggi non mi sento benissimo”. La parola registrata sarà benissimo e non male.

Oppure sostituire “Mi sento giù” con “Non mi sento in forma”.

Quali sono i poteri delle parole?

Ti renderai facilmente conto che ripetere e ascoltare spesso parole negative, come siamo abituate/i a fare a causa della nostra educazione o dei media che ci tempestano di “disastri”, “terrore”, etc., influenzi notevolmente la nostra vita personale e lavorativa.

E il potere meraviglioso del nostro cervello se ne va a farsi benedire.

Cosa accadrebbe invece se usassimo positivamente questo immenso potere a cui possiamo attingere gratis e tutte le volte che lo desideriamo?

Potremmo creare nuovi schemi cognitivi che ci porteranno a pensare cose nuove di noi.

Potremmo creare nuove convinzioni, nuove relazioni.

Potremmo letteralmente cambiare le nostre vite, il modo in cui prendiamo decisioni, la modalità in cui trattiamo noi e gli altri.

E sia chiaro, qui non c’entra nulla il pensiero positivo. Si tratta di scienza, nient’altro che di scienza.

Certo, non è cosa semplice perché ci abbiamo messo anni ad essere così, e nel nostro cervello quelle credenze e convinzioni limitanti si sono scolpite nella pietra, anzi nella materia cerebrale.

Ma si può fare e si può fare cominciando a creare nuovi pensieri, a fare nuove azioni, a rendere queste parole e azioni virtuose abitudini.

Insomma si tratta di un vero e proprio allenamento. Ogni giorno, esattamente come vai in palestra per allenare i muscoli, si può allenare la mente verso nuovi schemi cognitivi.

potere del linguaggio comunicazione efficace

Parole ALF e BOC

E adesso prendiamo gli attrezzi!

Come ti accennavo all’inizio dell’articolo, la prima cosa da fare è avere una comunicazione efficace con se stesse/i.

Perché se io continuo a dirmi: “Che stupida/o sono stata/o oggi”, “Ecco, un altro fallimento”, il nostro cervello registrerà queste informazioni e, come in un circolo vizioso, staremo ulteriormente male, le emozioni negative si ingrandiranno, e noi ci sentiremo sempre più stupide/i e fallite/i confermando ciò che pensiamo di noi.

Nella comunicazione efficace si parla di parole ALF (=alte, luminose, fluide) e parole BOC (=basse, oscure, contratte).

Riuscire a sostituire le parole BOC con parole ALF ci permette di insegnare nuove credenze al nostro cervello modificando anche le emozioni e ciò che pensiamo di noi.

Alcuni esempi di parole ALF: luminoso, luce, leggero, alto, fluido, sollevato, salire, 

Esempi di parole BOC: difficile, impegnativo, problematico, muro, insormontabile.

Sembra complicato ma, con un po’ di allenamento, diventa sempre più semplice.

E poi provare non costa nulla, è gratis!

La comunicazione efficace nelle vendite

Un ultimo paragrafo lo dedico alla comunicazione nelle vendite.

È molto importante per me, prima di parlare del linguaggio per ottenere risultati nel business, affermare che alla base di tutto ci sia l’etica. 

Vendere non è il male assoluto (ho usato volutamente delle parole BOC).

Il punto è:

  • cosa vendo?
  • perché vendo?
  • quali sono i benefici di chi acquista il mio prodotto o servizio?
  • quale trasformazione avrà nella sua vita?
  • la mia comunicazione è trasparente?

Lo so che probabilmente avrai avuto a che fare con persone che vendevano qualunque cosa e anche tanta fuffa.

Al contempo ti assicuro che ci sono tante/i professioniste/i e aziende che hanno valori molto alti e che fanno il loro lavoro con il grande desiderio di portare cambiamenti positivi nel mondo.

Sono certa che, a un occhio attento, saprai riconoscere a chi affidarti.

Fidati della tua pancia, se non hai altre informazioni. Leggi le recensioni, segui quella persona/azienda sui social, cerca di capire se ti trasmette fiducia o non ti torna qualcosa. Insomma fidati davvero del tuo giudizio!

E se sei tu il venditore o la venditrice, sappi che nella vendita è fondamentale costruire un buon rapporto con la/cliente, che sia fisico o virtuale.

È importante mostrarti per quello che sei, per quello che sai fare.

Ricordati che se non ti conoscono, nessuno sa cosa fai e se non glielo dici tu, chi dovrebbe farlo?

Mostra come puoi esserle/gli utile, cosa puoi fare per lei/lui e come puoi farlo.

Ascoltala/o quando ti pone domande, ti scrive un’email o un messaggio sui social.

E rispondile/gli appena possibile.

Insomma dai a lei/lui la massima attenzione perché è così che conquisterai la sua fiducia


Il mio articolo sul potere delle parole sulla nostra mente finisce qui. Mi auguro ti sia stato utile.

Se vuoi raccontarmi il tuo punto di vista o la tua esperienza, puoi farlo scrivendomi un commento qui sotto.

Grazie!

Infodemia: come non farsi travolgere dalle news

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Sai cosa si intende per Infodemia?

È una di quelle parole nuove coniate in seguito alla proliferante diffusione di contenuti sul web e sui social negli ultimi anni.

Stando ai numeri, infatti, ogni minuto vengono realizzati milioni di contenuti tra video, foto, testi su app e siti online. Numeri esorbitanti, non trovi?

Questo da un lato ci dice quanta splendida creatività esista ancora nel nostro mondo e quanta informazione, per fortuna, abbiamo a nostra disposizione per imparare, per divertirci, per conoscere. Sicuramente una gran bella cosa!

Dall’altro lato tutto questo flusso di informazioni può portare la nostra mente a disorientarsi, a perdersi.

Ma allora come fare ad orientarsi tra le news senza farsene travolgere?

Infodemia e fake news

Il problema, infatti, che è anche la causa della nascita del termine “Infodemia”, sta nel fatto che molte di queste informazioni sono false, quelle che conosciamo come fake news.

La donnaalcontrario che è in me ha bisogno di dire che le fake news sono una vera piaga perché rovinano il lavoro di chi studia, si impegna, ha esperienza e cerca di informare nel modo più corretto possibile con il desiderio di poter essere d’aiuto.

Ma al di là della mia anima al contrario che non si tiene un cecio in bocca , non c’è dubbio che questa immensa quantità di news continue, fake o vere che siano, renda davvero difficile trovare il bandolo della matassa e capire quale fonte sia veramente affidabile e quale non lo è.

Pensiamo al fatto che oggi molte informazioni legate alla salute, oltre che a tutto il resto, ce le andiamo a cercare sui social media o sui motori di ricerca.

Un tempo avevamo l’enciclopedia e il nostro amato medico di famiglia che, se posso dire una cosa, è ancora la persona più valida a cui chiedere informazioni sul nostro stato di salute.

Infodemia

Imparare ad orientarsi tra le notizie

L’Infodemia, o come dicono altri l’information overload, può diventare in questo senso un vero pericolo per il nostro equilibrio psico-fisico.

E questo perché quando ci sentiamo disorientate/i, rischiamo di perdere la fiducia sulla nostra capacità di giudizio.

Ecco perché spesso ripeto sui miei social quanto è importante diventare utenti consapevoli, quanto è importante non essere tuttologi o tuttologhe ma parlare esclusivamente di ciò che si conosce bene.

E al massimo, se proprio desideriamo parlare di qualcosa di cui non abbiamo competenza, e magari ci sta particolarmente a cuore, informiamoci bene, nel dettaglio. Ma non al primo risultato sul web. Approfondendo, osservando da dove viene quella fonte, chi è l’interlocutore/trice, etc.

Come proteggersi dall’Infodemia

Da utente, perché oltre a produrre io stessa contenuti per i social e per il web, sono per prima io un’utente, ho messo a punto un kit di emergenza per non farmi travolgere da tutte queste informazioni.

Te lo lascio qui di seguito punto per punto perché magari può essere utile anche a te:

  • scegli di seguire sui social solo chi è in linea con i tuoi valori e chi ti dà davvero qualcosa in termini di energia positiva, di allegria, e perché no, di conoscenza.
  • smetti al contrario di seguire chi fa tante polemiche. Credimi, lo fa solo per far crescere l’engagement. Idem per chi si lamenta dalla mattina alla sera. Ogni tanto lamentarsi, soprattutto per sfogarsi un attimo, fa bene, ma quando diventa troppo è un supplizio per la nostra energia mentale e fisica.
  • disattiva le notifiche delle varie app che hai sullo smartphone. Ti assicuro che questo è un ottimo metodo per stare alla larga dai rumori di fondo che ci distraggono. Decidi a che ora guardare le notifiche, datti un tempo limite e, vedrai, sarà tutta un’altra vita.

Insomma Infodemia o no, la scelta rimane sempre nelle nostre mani.

Possiamo decidere di essere vittime di questo flusso di informazioni senza fine oppure riprenderci il pieno potere della nostra vita e usarle a nostro vantaggio.

Facendo queste tre azioni che ti ho suggerito qualche riga fa, avrai il grande risultato di restare centrata/io su te stessa/o, sui tuoi desideri e sulla direzione che vuoi dare alla tua vita.

Cosa ne pensi?

Tu riesci a trovare un equilibrio tra tutte queste informazioni o, a volte, anche tu hai la sensazione di esserne travolta/o?

Il confronto tra noi è l’anima di questo blog al contrario. Perciò ti aspetto nei commenti per parlarne insieme. Grazie!

Target Panic: la paura di fare centro nella vita

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Il Target Panic, o paura del bersaglio, è un termine molto conosciuto nel tiro con l’Arco.

È letteralmente un blocco emotivo che può diventare un blocco fisico e che porta l’arciere a sbagliare il tiro nonostante nella mente magari stia pensando: “Adesso faccio centro”.

Il Target Panic nella Crescita Personale

È proprio questa dualità che mi ha affascinato quando ho sentito parlare per la prima volta di Target Panic.

È come se in sé contenesse sia la paura di fallire sia quella di avere successo.

In fondo non accade solo nel tiro con l’arco, vero?

Ti sarà capitato di essere vicina/o alla realizzazione di un obiettivo per cui avevi lavorato tanto, fatto tutto per bene, studiato i dettagli, per cui ti sentivi sicura/o e poi… hai fatto uno sbaglio che ha annullato tutto.

Niente ti impediva di fare centro in quella cosa, nulla al di fuori di te lo impediva, eppure qualcosa dentro di te c’è riuscito, te l’ha impedito.

Accade nella vita personale come nel lavoro.

Target Panic Paura di fare centro
Target Panic soluzioni. Foto by Pixabay*

Come sconfiggere il Target Panic

Per esperienza sono convinta che porsi nella condizione di “sconfiggere” un nostro aspetto-ombra non è mai la soluzione efficace.

Così anche per il Target Panic mi piace pensare che una delle prime azioni da fare è osservarci, metterci onestamente davanti a quelle paure e chiederci:

  • Perché ho paura di fallire?
  • E perché ho anche paura di farcela?
  • Cosa accadrebbe se ci riuscissi?
  • E cosa accadrebbe se invece sbagliassi e rimanessi in questa situazione?

Ricordati che la nostra mente è un pullulare di convinzioni limitanti. E se le tiene ben strette. In fondo ci ha messo una vita a crearle.

E come dico alle Crisalidi di Da Crisalide a Farfalla, il mio percorso di Crescita Personale, la mente è impostata principalmente sul farci sopravvivere e tutto ciò che è nuovo le fa paura.

Ci dice: “Ma perché dobbiamo fare quella cosa lì che non sappiamo a cosa ci porta? Si sta tanto bene qui con le cose che conosciamo. Sì, magari quella cosa lì ci fa soffrire ma la sappiamo gestire ormai”.

E così rimandiamo i cambiamenti.

Oppure partiamo con buone intenzioni e poi, quelle convinzioni lavorano inconsciamente e ci auto-sabotiamo.

Figuriamoci se siamo in una situazione di competizione come l’arciere in gara o un’interrogazione a scuola o una promozione al lavoro!

Ci hanno inculcato nella mente che “Possiamo fare di più”, che è tutto dovuto, che “dobbiamo” avere successo… mannaggia a quel maledetto senso del dovere!

Ma contemporaneamente, ed ecco qui la dualità, ci hanno detto anche di… “Volare basso”, “Di essere umili”, che… “migliori di te ce ne sono mille là fuori”, e così via.

Molti arcieri abbandonano il loro amato sport a causa del Target Panic.

Magari a te sarà capitato di rinunciare a un tuo desiderio pensando: “Vabbè, si vede che non faceva per me”.


Cure e soluzioni per il Target Panic

Come sempre, io credo si tratti di scelte.

La scelta tra “Voglio rinunciare oppure questa cosa può aiutarmi a crescere?”.

E la risposta a questa domanda determina tutto.

Perché quello che ho osservato in me e nelle persone con cui lavoro è che le situazioni ci ricapitano, costantemente, a volte sotto altre vesti, ma il succo di fondo è sempre lo stesso.

E quindi qui arriva un’altra domanda: “Voglio uscire una volta per tutte da questo circolo vizioso o voglio che nella mia vita continuino ad arrivare le stesse situazioni, le stesse relazioni, le stesse difficoltà?”.

Mi ricordo una volta in cui mi dissi: “Talmente sono stufa di questa difficoltà che non vedo l’ora di togliermela di dosso per affrontarne una nuova”.

Questa era ancora la fase masochista, eh, eh!

Ma è stata necessaria per buttare giù quella prigione in cui mi ero infilata, per un unico, misero problema, e andare verso altro. 

Suggerimenti per superare la paura di fare centro

In questo caso è importante considerare alcuni aspetti:

  • Così come ci abbiamo messo tanto a infilarci nel cervello quelle convinzioni limitanti, ci serve tempo per crearne di nuove, più sane e l’unico modo al mondo per riscrivere le nostre convinzioni limitanti è la ripetizione costante di pensieri, atteggiamenti, parole nuove.
  • È fondamentale porsi dei piccoli obiettivi, semplici da verificare, che ci mostrino che siamo in grado di progredire pian, piano e quindi alla lunga arrivare anche ad obiettivi medi e poi più grandi.
  • Nel percorso è fondamentale festeggiare i risultati raggiunti. Anche se sembrano piccoli, in realtà non lo sono, perché sono pezzi di qualcosa di più grande. E credimi, questa del festeggiarsi è una delle cose più difficili da fare per ognuna/o di noi, nessuna/o esente!
  • Ricordiamoci che quel nostro desiderio, quel nostro obiettivo è nato da una passione, da qualcosa che ci infondeva gioia, e allora poniamo più attenzione proprio sulla giocosità, sulla parte felice che ci ha portato a desiderare quella cosa, quella relazione, quel progetto.
  • Se da sole/i non ce la la facciamo, sappi che chiedere aiuto non è sintomo di debolezza, anzi è sintomo di intelligenza.

Ripercorrendo la tua vita, ti sembra di aver vissuto qualche volta il Target Panic? Se ti va, raccontamelo in un commento.


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